domenica 13 novembre 2016

Mitridate VI Nabautore - Il tempo sì che è tiranno!

Paraculamente schivando ogni possibile critica sulla nuova e prevedibile politica espansionista del nostro nuovo signore e padrone Rhesimedes con una sagace osservazione, ecco che ci immergiamo in una nuova fase dell'impero.
Come ho avuto modo di dire ad un amico a seguito del  sorprendente risultato elettorale americano, la volontà o speranza di aggrapparsi alla restaurazione di una gloria, presunta od effettiva, passata, mal si sposa con la corrente univoca che la storia segue.
Non si può tornare indietro.
Basti vedere i risultati che ha portato alla Bisanzio dell'Impero Romano d'Oriente, i cui signori ci hanno marciato per secoli sulla storia del recuperare il fasto imperiale passato.
Oggi si chiama Istanbul.
Una lezione di cui Seleucidi e Tolomei non sembrano far tesoro.

Una molto credibile scena di caccia al leone.

Gli assiri sono stati una delle popolazioni prominenti dell'area mesopotamica e di certo quella più bellicosa.
Negli anni passati tra il 2000 e il 612 a.C., con alterne fortune, si spartirono i territori circostanti venendo in conflitto con i Babilonesi, gli Ittiti, gli Egizi e sottomettendo avversari potenti come i Mitanni.
I loro re combattevano e conquistavano in nome dei loro dei ed il loro esercito era molto temuto, a ragione visto che arricchivano il loro potenziale bellico con tecniche di guerra psicologica.
Quando le loro armate muovevano sul territorio di uno stato avversario prendevano di mira una città di importanza secondaria, la conquistavano grazie alle loro superiori tecniche di assedio e uccidevano gran parte della popolazione, commettendo orrori come scuoiarne i difensori per appenderne le pelli sulle mura.
I pochi sopravvissuti venivano quindi lasciati andare a cercare rifugio nelle altre città, portando con loro i racconti agghiaccianti sul destino di chi osava sfidare gli Assiri.
In tal modo molte città cedevano senza nemmeno combattere.
Sebbene il loro fosse un impero non bisogna però credere che potessero gestire realisticamente tutte le loro annessioni, a conti fatti gran parte delle città nemiche non risultavano propriamente conquistate ma tenute a pagare un tributo alla capitale e in alcuni casi ad accogliere un piccolo nucleo di governanti assiri.
Per rendere la dominazione più longeva, intere popolazioni venivano deportate in altre zone dell'impero, con l'evidente scopo di cancellare l'identità nazionale e scoraggiare rivolte.
Così l'esercito non rimaneva in pianta stabile sui territori presi ma era libero di tornare in patria, pronto a ripartire ad ogni nuova necessità.
Come li usavano loro i carri, nessuno mai.

Recuperato il controllo dell'isola di Rodi e tutti i vantaggi commerciali che la cosa comporta, le casse del tesoro cominciano nuovamente a rimpinguarsi in vista delle prossime mosse che il nuovo re Rhesimedes ha in serbo per i nemici e per farsi trovare preparati davanti alla novità destabilizzante dell'arrivo dei macedoni alla frontiera con gli armeni.

Una catastrofe senza precedenti per i vicini,
una potenziale complicazione per il Ponto.

Non sottovalutate l'arrivo dei nostri alleati in quel d'Armenia perché, oltre ad evidenziare il fatto che sono un rullo compressore militarmente parlando, avendo soggiogato tutte le regioni incontrate sulla strada, i dati a mia disposizione li pongono a vette per me irraggiungibili di potenza, condivise solo con i Romani e i Germani.
In soldoni si tratta di una fazione di una lega ben superiore alla mia e di gran lunga più pericolosa di Tolomei e Seleucidi messi assieme.
La sola composizione e numero delle armate che sta riversando sui poveri armeni parlano da sole ed alleanza o meno, finito con loro, quale sarà il prossimo obiettivo?
Sperando che al momento la peste sul confine sia sufficiente a tenerli lontani, in attesa di un piano più concreto per pararmi le terga da tradimenti possibili, debbo considerare con attenzione i loro futuri movimenti.
Tra la regione di Antiochia e la traballante provincia di Amida è sito il possedimento più occidentale dei seleucidi che, se sottomesso, mi permetterebbe di avere un canale preferenziale dal quale mobilitare truppe veterane e ben equipaggiate sull'incerto confine.
Inoltre mi accaparrerei un buon punto dal quale spingermi ancora più a fondo nei territori mesopotamici e, sempre prospettando un'aderenza all'amicizia dei macedoni, evitare di vedermeli irrompere nella penisola arabica.
Una tale sicurezza potrebbe infine permettermi di annettere tutta l'area siriana in un tentativo di espansione ai danni degli egiziani, allontanando il fronte da città fondamentali quali Tarso ed Antiochia.



Una difesa arrangiata in tutta fretta.

Il vegliardo sopravvive allo scontro.


Ora, per permettere a Rhesimedes di muovere in direzione di Palmira, Spartikles, alla ragguardevole età di 74 anni, deve mettersi a cavallo e condurre tutti gli uomini rimastigli in città per fermare la minaccia tolemaica. Immaginate di cavalcare in armatura, nel deserto, a 74 anni suonati e dover non solo comandare ma pure combattere! Ha anche vinto!

Con le spalle tenute al sicuro dal più gagliardo anziano che mai ha sostato dinanzi a dei lavori pubblici, giacché troppo impegnato a dimostrare ai giovani del regno che la prostata è ampiamente sopravvalutata, il re Rhesimedes può agevolmente impegnare in battaglia l'esercito di un valente generale tolemaico che indugiava nei pressi di Palmira per ammorbidirne adeguatamente la resistenza.

I nemici saggiamente si arroccano in collina.

La nuova cavalleria pesante.

Approfittiamo della loro immobilità per debilitarli.

E poi, ad accerchiamento avvenuto, è il turno dei fanti.

Avendo dovuto rinunciare a parte degli uomini per non lasciare Spartikles a lamentarsi con la badante scita di quanto siano incapaci di arrangiarsi con poco i giovani d'oggi (221 a.C.) rispetto a quelli della sua generazione, con una mano sull'arma macchiata del sangue fresco dei nemici e l'altra intenta ad insidiare il gonnellino della paziente giovanotta, Rhesimedes il conquistatore, vedendo arroccati i nemici sull'unico rilievo disponibile, decide di annullare il vantaggio tattico delle unità di arcieri e lanciatori di giavellotto nemici aizzando loro contro la nuova unità di cavalleria pesante e impegnandosi lui stesso ad impensierire gli uomini più esposti nella formazione avversaria.
All'arrivo dei suoi fanti, in lenta ascesa per aumentarne l'effetto drammatico e con i cavalieri ora alle spalle della linea tolomea, è questione di poco per mandare allo sbando la compagine egiziana.
Assicuratosi di avere ora la città tutta per sé, la sua conquista è una pratica che si risolve praticamente da sola (leggi: risoluzione automatica del conflitto perché, ci crediate o meno, altri impegni urgevano la mia attenzione e pertanto non ci sono foto dell'assedio, immaginatevi però gente che corre, urla e la bandiera blu e rossa che svolazza al centro di una piazza ormai deserta).


Bonus: una manciata di ribelli palmireni soccombe al nuovo padrone della regione.

La conquista della moderatamente ricca Palmira, razziata a dovere come da regolamento, pone però un nuovo quesito di logistica.
Collegata all'impero da un vasto deserto incastonato tra la regione assira in mano ai seleucidi e la Siria tolemaica, brulicante di armate ostili, con la popolazione in aperta rivolta, rappresenta una concreta sfida per quanto riguarda l'approvvigionamento di truppe fresche.
Non potendo contare sull'arruolamento in loco sebbene la prima opera avviata sia una caserma di prim'ordine che comunque non vedrà la luce prima di tre anni, debbo sfruttare appieno la produzione di unità delle relativamente prossime Tarso e Antiochia, nella fattispecie devo far transitare gruppi di unità tra le tre città in modo continuo per evitare di lasciarne sguarnita anche una sola.


La vicinanza di grandi assembramenti nemici rende la cosa ancora più eccitante.


Frattanto, poco più a nord...

Oltre l'Assiria seleucidica il dramma della peste seguita a consumare il confine orientale e ad aggravare una questione già spinosa ci si mette l'erede di Seleuco che spinge i suoi uomini in territorio pontico.
Per quanto riguarda il costante diffondersi dell'epidemia la causa viene circoscritta al continuo spostamento, tra Trebisonda, Amida e Satala, di ben due spie fortemente contagiose, una maledetta untrice armena e un piagato seleucidico.
Sistemati con doverosa attenzione dai miei prodighi sicari, nell'attesa dello sgonfiarsi, finalmente, del male, Rhadesades può intervenire con quanti uomini abili gli restano e mostrare al nemico che non siamo stati fiaccati.


Dividi et impera. Preferibilmente correndo.

Non lesinate sugli attacchi alle spalle.

E concludete con un bell'accerchiamento.

Sebbene forte di tre unità in più, seppure nessuna al massimo degli effettivi e contro tre falangi di picchieri d'elite, i famosi scudi argentei, da non confondersi con i nostri scudi bronzei, solo nominalmente meno nobili, Rhadesades si vede costretto ad impegnare una parte di loro in un diversivo per concentrarsi sulle restanti e massimizzare l'effetto del numero dei suoi uomini per poter così avere un vantaggio schiacciante al ritorno dei sopravvissuti.
Il piano funziona ma a caro prezzo di vite umane e del fiato dei lancieri corazzati costretti ad una maratona improvvisata.
Nel pieno, però, della febbrile attività di consolidamento a Palmira, viene a mancare a noi tutti, all'età di 61 anni, il grande ed imbattuto Rhesimedes, solo tre anni dopo la scomparsa della sua consorte.
In quanto privo di discendenza, sulla cui realtà molti dibattono vista la lunga vita passata in giro per l'Asia e l'Anatolia, la corona passa al governatore di Alicarnasso Megabyzus e viene nominato suo successore il valoroso Ichthysades di Dia che, vista la pericolosità della vita del condottiero e il solo anno di età di differenza rispetto al nuovo re, potrebbe non avere realistiche possibilità di essere a sua volta incoronato.
Nonostante la triste notizia è bene sapere che la corona è al sicuro lontano dai nemici e che un giovane generale è già sulle orme del defunto conquistatore.
Da parte sua il nobile Rhadesades, i cui sogni di gloria sono solo stati temporaneamente disturbati dalla peste, torna alla difesa della città posta sotto il suo dominio, acquisita per diritto di conquista e scoraggia due ulteriori armate dal valicare il confine.

Spartikles sarebbe fiero di lui.

Arrangiarsi con quel poco di cui si dispone.

Fatto tesoro dei suggerimenti del vecchio Spartikles, settantanovenne ancora abbastanza arzillo da inviare piccioni in giro per l'impero a raddrizzare schiene giovanili piegate dalle responsabilità, o forse più prosaicamente costretto dalla ristrettezza dei mezzi, Rhadesades torna in campo aperto e con quanto gli rimane dei suoi veterani, coadiuvato da tre scarni reparti di lanciatori, ribalta i pronostici e con perdite minime caccia nuovamente l'incerto invasore al di là delle montagne.

Contemporaneamente il reparto di castigatori di ribelli torna in azione nelle vicinanze.

Mentre a est si sparge il sangue di amici e nemici, Ichthysades, sottomessa e pacificata Rodi, prende con sè dieci reparti di opliti e manda i restanti sulla terraferma, non più necessari sulle isole e liberi di tornare nelle loro case in attesa di riprendere servizio in caso di necessità e si imbarca per tornare a Creta e schiacciare l'ultima provincia ribelle.
Facilitato dal lavoro di una spia che fa trovare i cancelli aperti, irrompe in città e passa a fil di spada pirati, ribelli e chiunque sia stato tanto sciocco da non fuggire.
Restituita Cidonia all'impero e arricchito ulteriormente il tesoro, il prode condottiero passa le consegne al nuovo governatore e libero da impegni ulteriori ordina la rotta per il porto di Antiochia, è ora che prenda il comando degli eserciti del fu Rhesimedes in terra d'Oriente.
L'idea è di farlo ricongiungere con i numerosi veterani di stanza nell'area per muovere alla volta di Hatra, città seleucide nell'antica terra d'Assiria, con il triplice scopo di:
- Allontanare ulteriormente potenziali minacce seleucidiche dal nucleo militare dell'impero;
- rinforzare il collegamento con Palmira;
- rinsaldare il collegamento con Amida per consolidare il confine.
I seleucidi però mi forzano la mano con la loro rinnovata attività militare, muovendo due armate, sebbene sia più corretto dire un'armata ed una piccola avanguardia, verso la tribolata Amida, testa di ponte del mio impero che vogliono a tutti i costi demolire, e acquartierando un secondo, imponente, esercito, nella periferia di Hatra.
Devo quindi modificare i piani e forzare i tempi.
I galati vengono inviati come previsto a Palmira per permettere ai veterani ed alle truppe d'elite di costituirsi in due eserciti da inviare in Assiria, non prima di essere stati rinforzati a Tarso e riarmati col nuovo armamento di ferro dalle fucine di Antiochia.
Ichthysades si deve accontentare di qualche unità di meno e prende per sè una discreta avanguardia di lancieri da opporre all'armata fuori le mura della città mentre gli onagri e il grosso dei fanti penserà all'assedio vero e proprio.
Purtroppo la fretta imposta dall'evolversi della situazione lascia il condottiero indietro rispetto al grosso delle truppe, pertanto si decide di tentare l'assedio alle semplici palizzate di Hatra con la sola forza delle catapulte, contando di sottometterne i difensori prima che l'esercito di rinforzo seleucida possa nuocere.





Il gran numero di nemici unito alla presenza dell'erede imperiale, generale di indubbio valore con alla cintura già una vittoria a spese di Rhadesades, rende l'esito molto incerto ma di sicuro prestigio.



Le palizzate di legno ben poco possono contro la dirompenza dei macigni scagliati dagli onagri e vengono praticati ben tre ingressi nel perimetro.



Liberi di sfogare la loro potenza, gli equipaggi delle macchine d'assedio fanno piovere fuoco sui palazzi circostanti la via principale, per demoralizzare i difensori e farli retrocedere davanti alle nostre truppe.



Nella pioggia infernale che sconvolge il corso cittadino trova la morte il prestigioso erede imperiale, coinvolto nell'esplosione di un proiettile incendiario, determinando un colpo decisivo al morale delle truppe.



Senza affidarsi troppo alla sola opera delle catapulte, i primi fanti cominciano a disporsi presso i varchi nella palizzata per cominciare la vera e propria conquista.



I difensori, sebbene non mancanti di numero, sono costretti a dividersi per coprire ogni ingresso e al cedimento di uno dei tre fronti, prontamente gli altri due vengono maggiormente impegnati.



Con i difensori rimanenti in corsa verso il centro cittadino la via è libera per gli incursori e questi si lanciano in un forsennato inseguimento.



Perché mentre la certosina opera di bombardamento ed infiltrazione avveniva, dall'altro lato della città un numeroso esercito di rinforzo muoveva per intercettarci.



Decisi a prenderci alle spalle perdevano tempo prezioso a raggiungere la mia posizione iniziale, dalla quale avevo cautelativamente allontanato le macchine d'assedio.



Il loro macchinoso aggiramento permetteva però alle mie truppe di eliminare gli ultimi soldati a difesa della piazza e mettere truppe di falangiti sulla via principale ad opporsi ai nuovi arrivati.



Disperati per la piega funesta degli eventi i seleucidi caricavano in massa ma come Leonida dimostrò, il loro numero era ben poca cosa nello spazio ristretto occupato da veri guerrieri.
Risultato, difensori sterminati ed esercito di rinforzo non pervenuto.

(se scorgete incongruenze nei  palazzi rasi al suolo tra le varie foto sappiate che ho dovuto rigiocare la missione causa crash di un maledetto driver video ad un passo dalla vittoria.  Nella nuova battaglia, l'erede imperiale è morto meno spettacolarmente).
La rocambolesca conquista di Hatra (distrutta dai sasanidi nel 240), oltre a stupire me per primo lascia un esercito seleucide beffato ma in piena forza appena fuori dalla città, oltre una palizzata piena di buchi e di fatto smorza l'impeto delle forze in avanzata verso Amida.

Una rinnovata Amida, libera dal contagio.

e ora anche dagli invasori.

La successiva sortita di Rhadesades ai danni dell'avanguardia mette un ulteriore indugio all'armata che ne seguiva i passi, lasciandola a ponderare indecisa tra il proseguire o tornare sui propri passi.
Ad agevolare il suo ragionamento pensa da par suo Ichthysades che, raggiunta Hatra, si occupa di dissuadere l'esercito di rinforzo meno utile della storia dell'antichità dall'albergare sogni di liberazione.


Come sempre belli pigiati sulla prima altura disponibile.

Imparate come si rinforza, voialtri!

Nemico arroccato, non ti temo.

L'opera di disinfestazione delle unità di un impero morente sembra risultare convincente e spinge l'ultima indecisa armata verso i lidi più sicuri oltre la catena montuosa orientale, al di là dei nostri territori di confine che sempre di più vengono intrisi del sangue nemico.
Non c'è mai riposo, purtroppo, per piccoli imperi in ascesa e due nuovi problemi si presentano non invitati in un teatro già alquanto caotico.
Una poderosa armata di macedoni, con tanto di generale, si separa dalla moltitudine che sta squassando i territori armeni e si appropinqua alla città di Trebisonda, in aperta violazione dei nostri trattati di alleanza che non prevedono alcuna postilla circa il movimento di truppe nei territori dell'alleato.
Megabyzus deve ponderare attentamente come rispondere a quella che sembra a tutti gli effetti una provocazione.
- Muovere un'armata contro di loro vorrebbe dire guerra aperta e potenzialmente la fine dell'impero, sebbene disponga ormai di alcune armate, ricche di veterani e molto ben equipaggiate, non posso sperare di reggere alle moltitudini di soldati che la Macedonia può scagliarmi contro e di cui solo una piccola parte sta mettendo a ferro e fuoco l'Armenia.
Una postilla preoccupante è che con gli armeni condivido unità simili di fanti, sebbene loro prediligano quelle a cavallo .
- Ignorarli e basta, tollerando la loro presenza sul mio territorio, potrebbe essere parimenti controproducente mostrando incertezza o passività che potrebbero tradurre in debolezza.
Inoltre, clamorosamente, tra le opzioni diplomatiche non c'è traccia di una voce riguardo al sollecitare la rimozione di personale bellico straniero dal proprio suolo. Va bene le mie visioni liberali sull'immigrazione ma questi sono macedoni in armi, cazzarola!
- L'opzione restante, quella di mezzo, è poi quella scelta da applicare, cioè il mobilitare e successivamente rinfoltire truppe armate di prim'ordine da stazionare proprio a Trebisonda, col chiaro intento di dissuadere eventuali pensieri perniciosi dai nostri sfrontati alleati. Contestualmente vengono messe in atto opere di fortificazione della città stessa.
La stessa capitale dell'impero viene, dopo decenni, cinta da una prodigiosa muraglia, troppo vicina a questo nuovo potenziale fronte per poter contare ancora sulla sola difesa delle montagne, abbandonando quindi l'orgoglio di assomigliare a Sparta, che mai si cinse di mura, per una più provvidenziale precauzione.

E se il macedone scazza, il tolomeo s'incazza...

Il secondo problema si presenta col corollario di una soluzione già bella e pronta, che sarebbe poi quella solita da applicare alle iniziative tolemaiche, quella cioè di bastonarli come se non ci fosse un domani, non fosse che, tra le due armate che si palesano in quel di Palmira, risulta che il comando sia spartito tra l'ennesimo familiare privilegiato e nientepopodimeno che sua pregevolezza Magas Alexandros, erede del divino faraone.
Questo prevede quindi l'inevitabile ritorno del fanta totolomeocidio.
Dove eravamo rimasti?
Ventidue pimpanti, più o meno, consanguinei, più o meno, della dinastia tolemaica mandati ad accertarsi della veridicità dell'aldilà promessogli.
Da allora è passato molto tempo e si è lavorato alquanto.
Il signor Ventitrè lascia una moglie e due figli sparendo sulla seduta manomessa di un vespasiano  durante una sagra di lenticchie.
L'atletico Ventiquattro ruzzola per tutta l'altezza della Piramide del suo paese natale. Quella a gradoni.
L'incauto Venticinque non esce dalla taverna nella quale è stato coinvolto in un diverbio con dei nubiani, storicamente avversi agli egiziani, più o meno greci che siano.
Lo sprovveduto Ventisei soccombe sotto il crollo di alcuni scaffali pericolanti nelle rovine dell'antica biblioteca di Alessandria, alla ricerca del volume perduto di Platone su Atlantide. 
Il salino Ventisette scompare tra i flutti alla ricerca della suddetta isola favolosa. C'è chi può giurare sia arrivato fino in Sicilia e lì si sia accontentato della scoperta. Dal rapporto del nostro sicario risulta invece abbia un paio di sandali di cemento.
L'erudito Ventotto rimane stecchito dal suo vezzo di leccarsi il pollice per voltare la pagina di un papiro, morte provocata dal veleno provvidenzialmente intriso nel tessuto e per la fondamentale inutilità di svoltare un rotolo.
L'agghiacciante Ventinove si era presentato a Palmira dichiarando che lui, a Rhesimedes, faccia a faccia, gli avrebbe spiegato un paio di cosucce sulla sua discendenza. Al suo funerale. Di Stato.
È stato preso a calci da 65.237 persone e le sue spoglie mortali, ridotte a pappetta, hanno inaugurato le nuove fognature.
Messer Trenta trovava la fine delle sue sofferenze nella camera da letto sbagliata, rinvenuto dall'amante principale, dal marito e, sfuggito per un pelo alla loro ira, dall'imbattersi nella sua stessa moglie.
Il Trentunesimo invece è l'accompagnatore dell'erede e viene assassinato professionalmente col chiaro intento di privare la sua armata di un valido generale.


Pertanto il trentaduesimo non può che essere sua piacevolezza Magas Alexandros?


Riprova, sarai più fortunato.


Purtroppo per il nostro totolomeocidio tale efferato assassinio non s'ha da fare, come potete evincere dai tre sicari chini nella loro vergogna. Pertanto non possiamo non intervenire militarmente, giacché mai potremmo abbandonare l'ultimo conseguimento del fu Rhesimedes, che tu possa insegnare agli angeli a conquistare, razziare e sterminare, come prevede la formula che si suole usare alla dipartita di un personaggio importante.
Anche se non mi pare di averne espresso al meglio il senso...

L'incubo di un delicato equilibrio pronto ad andare a donnine.

Ciononostante Ichthysades stesso accorre in soccorso del giovane reggente di Palmira, fortunatamente coadiuvato dalle truppe galate e grazie ad una manovra a tenaglia che Magas non riesce a spezzare, sempre grazie all'irruenza dei galli, alla fine le due armate combinate sono sconfitte e costrette a rientrare a Damasco.
La battaglia però ha fortemente ridimensionato sia le forze galate che quelle pontiche, pertanto il tempo guadagnato viene immediatamente impiegato a leccarsi le ferite, facendo ripartire quel miracolo di logistica che prevede lo spostamento di unità tra le tre città limitrofe con l'aggiunta di una capatina ad Ancira.
Tali movimenti di uomini servono anche a predisporre una nuova forza di invasione che Ithchysades vorrebbe scatenare su Sidone, direttamente a sud di Antiochia, presidio di spicco dei tolomei e porto da restituire ai commerci nel Mediterraneo.


Ma Magas?


E già, ora che ha la coda tra le gambe e molti meno uomini al seguito, sarà più vulnerabile?
Salta fuori di sì, guadagnandosi il numeretto Trentadue in quanto rinvenuto, tutto dislocato, in un'anfora tra i viveri recuperati per la ritirata. Insieme alle olive in salamoia. Già bello e pronto per la mummificazione.
Nel tempo trascorso per rinfoltire gli uomini necessari, frattanto:



Il sempre più attivo governatore palmireno, senza attendere le truppe pesanti, provvede a sgominare un assembramento di briganti (visibili nelle due mappe poco sopra) la cui posizione potrebbe infastidire i movimenti del condottiero con cui ha diviso il campo di battaglia.

Rhadesades invece ribadisce il divieto di passaggio a dei sempre più disperati soldati seleucidici, sancendo ancora una volta un netto ridimensionamento del loro potenziale bellico.
Quando finalmente Ichthysades è pronto a muovere ancora guerra agli egizi, forte di un numeroso esercito affiancato da un'avanguardia di galati e opliti, fatti arrivare direttamente da Creta, ora pacificata definitivamente e poi rinvigoriti e riequipaggiati con uomini e ferro d'Antiochia,  si trova però a deviare verso la vicina Damasco, contigua a Sidone ma priva dello sbocco sul mare.
Tale scelta è dovuta alla presenza di due grosse formazioni di militari egiziani che avevano sì stuzzicato nel condottiero la voglia di provare a ripetere l'impresa di Hatra seppur con una sfida ulteriore ma presentavano l'inconveniente di un altro gruppo di banditi posto proprio sulla sua strada, ad intralciarne l'avanzata.
Damasco, per contro, è molto più vulnerabile e con il vantaggio di poter riavvicinare Palmira ai possedimenti pontici.
Il rinforzo di galati ed opliti viene quindi lasciato alla frontiera con Sidone per trattenere eventuali soccorritori e il grosso dell'esercito,  1677 anime, si presenta alle poderose mura dell'antica città mediorentale, l'unica speranza di sopravvivenza dei soli 421 difensori.



Il lavoro iniziale è tutto sulle spalle dei muli.

Dagli e dagli, il muro cede.

Le truppe d'elite egizie, una rarità!

Una rarità in estinzione.

L'ottimo tempismo di una carica.

Truppe a riposo.

La splendida via principale di Damasco.

I meno splendidi fanti di Damasco.

La fine del dominio tolemaico in Damasco.

Ben lungi dall'usare tutto il peso delle sue superiori forze, Ichthysades saggiamente non perde tempo in preparazioni di sorta e punta tutto sull'opera degli onagri per aprire anche un solo varco.
Le impressionanti mura cittadine resistono a lungo all'opera di demolizione e quando infine la scorta di macigni da scagliare si consuma abbiamo un portone in ferro ancora in piedi, sebbene orfano delle fortificazioni in cima ad esso, una torre difensiva in rovina ed un bel varco più che sufficiente all'irruzione.
A sbarrare la strada alla nostra testuggine rossa si pongono le truppe scelte dei soldati con le uniformi del corpo dei basilischi, le rare truppe d'elite del faraone che sebbene rappresentino il meglio del meglio dei suoi guerrieri ben poco possono sperare contro le tre unità di fanti pesanti e quella di cavalleria corazzata che gli scaglio contro.
I falangiti posizionati sulle mura cominciano quindi a riorganizzarsi nei pressi del portone e non potendomi lasciar scappare l'occasione, mando alla carica la cavalleria contro un reparto di picchieri ancora non in formazione.
A questo punto la vittoria è scontata, avendo rimosso dalla scacchiera le due unità nemiche più temibili e tanto sono sicuro che lascio avanzare all'interno le sole quattro unità già impiegate, lasciando i loro compagni a rilassarsi ordinatamente fuori le mura.

Prezzo della conquista: 18 caduti.

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