domenica 27 novembre 2016

Are you going to

play Battlefield 1?

In terribile ritardo in un mese così pieno di uscite molto attese e con un'idea già pronta sul come giustificare il mio non giocare a nessuno dei titoli proposti completamente stravolta dagli effetti imprevisti del black friday eccomi ad elaborare nuove scuse.
Un trittico di sparatutto si contende questo mese l'attenzione dei soliti noti e a pochi giorni dall'uscita sul mercato questo sembra essere il vincitore dell'affetto popolare, forse grazie alla sua precocità.
Un tentativo di scostarsi da una formula fin troppo rodata con risultati più apprezzabili di quella cosa incerta che è stata Hardline, con l'introduzione di una campagna per giocatore singolo reminescente dei primi Call of Duty, composta dalle vicende di alcuni personaggi di nazionalità diverse che non avrete molto tempo per conoscere, l'arrivo della migliore meccanica ludica dei Mount & Blade (si spiega da sola) e quella bella idea delle micidiali macchine di distruzione disponibili alla fazione che sta perdendo.
La mia scusa per non giocarci, sempre ignorando un pc scricchiolante?

Perché l'amore non ha bisogno di ragioni.

Perché proprio questo mese sono riuscito a venire a patti con lo schermo blu della morte di Windows, l'installazione di una mod per avere 1080p e di un'altra per arricchire la versione PC delle musiche presenti sul cd-rom della versione Psone e soprattutto per poter mandare a quel paese gli inconcepibili comandi da tastiera, tutte cose che minavano da tempo il mio desiderio insistente di rigiocare ad uno dei miei titoli preferiti di sempre senza dover ricorrere al recuperare la mia vecchia Playstation con la sua copia di Tomb Raider in francese.
La cosa più incredibile?
È ancora bellissimo e quando parte quella musica sintetica evocativa torni un adolescente che sgranava gli occhi davanti a quel mondo così credibile sebbene così grossolanamente cubico.
Posso dirlo? E quanto è bella quell'acqua!
Dimenticavo, a Battlefield 1 non ci gioco perché la gente online mi fa orrore.

That was a very weak excuse, maybe you'd like to share some thoughts on Titanfall 2 too?

Castrato a dovere dalla scelta di commercializzarlo nel momento peggiore possibile, questo seguito che migliora in ogni aspetto un gioco promettente ma incompleto è forse quello che potrebbe farmi anche riconsiderare il dover interagire con persone terze.
Si salta, si corre, ci si aggrappa a robottoni grossi così e te li fanno pure controllare.
Non hai altro da spendere se non per il titolo originale e tutto il resto viene da sé.
Gli unici dubbi sono per il dover cedere la mia dignità ad Origin e la non indifferente considerazione che la comunità attorno al gioco possa non sopravvivere a lungo.
Questo ed il fatto che sul mio disco rigido ci sia il gioco di robottoni definitivo.

Tu salti sensibilmente di meno, in compenso salta tutto il resto.

Brigador prende l'impostazione di Syndicate, che un dio benevolo l'abbia in gloria, ci mette una musica di grandissima ispirazione, neon, luci, botti e tante declinazioni delle parole mech da combattimento.

So, Infinite Warfare?

Temo che dei non più Modern Warfare mi sia stancato già da un po' anche se mi ci sono dilettato alquanto.
Quest'ultima proposta è forse la meno interessante di tutte ed il fatto che Civilization VI stia vendendo di più forse ci dice che è ora di ___________________ (completare a scelta, io ci metterei tornare alla plausibilità storica).
Ma se Tomb Raider I ha la mira automatica e in Brigador si spara a mezzi di ogni foggia e colore, come placherò la mia sete di headshot?

Tin! Tum! Tam! Pim! Pum!

Con i goduriosi rimbalzi di Steamworld Heist, strategico a turni travestito da platform nel quale sentirsi un vero Robocop, uno di quelli con la mira soprannaturale.
Le missioni sono tante e spesso con degli accorgimenti che le rendono avvincenti e sincopate, usando alcuni trucchi già visti in Invisible Inc., ripetibili, veloci ed estremamente divertenti.
Un leggero umorismo avvolge tutta la vicenda e si possono collezionare cappelli scalzandoli dalla testa dei nemici a colpi di pistola.

Ora stai ben fermo...

Ok, you're getting better at this but are you going to ignore Dishonored 2 per chance?

Ah! Come dimenticare un gioco simile?
Non puoi, ecco come.
Sappiate infatti che proprio in concomitanza con l'evento consumistico per eccellenza che non ha bisogno neanche di una festività rinomata come il Natale per imporsi nel mondo occidentale tutto, il qui presente si è finalmente munito di un computer in grado di traghettarlo nell'immediato futuro videoludico, in barba alla PS4 Pro, la cui utilità è tutta da dimostrare ma anche dei recenti ammenicoli per realtà virtuale e rimanendo ben dentro i confini del 1080.
Insomma, per un tot di anni che cercherò di mantenere il più ampio possibile, RAM, CPU e scheda video non saranno un problema.
Questo nuovo afflato di libertà di scelta mi permette quindi di poter dire che, no, di Dishonored 2 non se ne parla per almeno i prossimi mesi.
- Un pc nuovo costa, cribbio.
- Debbo prima ammaestrare Windows 10.
- La versione PC del gioco è una zozzeria di difetti tecnici che terrò a debita distanza il più a lungo possibile.
Certo, non aiuta il fatto che, una volta instalalto un gioco di prova per testare la potenza del nuovo giocattolo e assicuratomi che tutto sia funzionante, abbia spento il gioiellino e riacceso la caffettiera per giocare ad un action del 1997.
Credo di aver bisogno di tempo per abituarmi...

Senza parole...


giovedì 24 novembre 2016

Mitridate VI Nabautore - Perdere la Trebisonda

Mentre muovevamo i nostri primi timidi passi in Cappadocia, il potente impero seleucidico decideva di stracciare la nostra alleanza per poter assimilare i nostri pochi possedimenti nel suo già corposo territorio.
Quando la lunga guerra con loro vide finalmente il nostro vantaggio, un altro impero, quello tolemaico, ipotizzando una vulnerabilità che alla fine non trovò, ripudiava la nostra amicizia per mettere sotto scacco il fondamentale snodo commerciale di Tarso.
Dopo altri anni di battaglie e conquiste, con l'Anatolia sotto il nostro fermo dominio e tutto il mar Mediterraneo orientale sotto il giogo della nostra irraggiungibile flotta, con i seleucidi a gestire l'ombra di quell'impero a cui tanto tenevano e i tolomei ricacciati fino al delta del Nilo, un altro prodigioso impero sfidava l'irriducibilità del nostro popolo.
Che facciano pure, la storia ha già dimostrato che brilliamo più ardentemente quando bruciamo i nostri nemici.

Ottomani alla conquista di Trebisonda.

Fondata dai greci di Mileto nell' VIII secolo a.C. col nome di Trapezunte, seppur di trapunte non ce ne fosse neanche l'ombra, la città di Trebisonda fiorì negli anni come porto fondamentale per i commerci tra il Mar Nero e la Persia.
Come tutte le città greche in Anatolia passò di mano un buon numero di volte, fino ad accasarsi con l'Impero Romano d'Oriente, a cui sopravvisse in due diverse occasioni.
Quando i crociati tentarono, riuscendoci, il colpo gobbo di prendersi Bisanzio nel 1204, si crearono due regni distinti dai territori anatolici bizantini, quello di Nicea e quello di Trebisonda, dall'opera di Alessio Comneno, che fece titolare i sovrani come Megas Komnenos, perché se sopravvivi ai crociati e ti crei un regno, un po' te la puoi pure tirare.
Purtroppo per gli esimi Comneni, il regno di Nicea li riassorbì ben presto nel restaurato impero bizantino.
Cadde infine in mano agli Ottomani nel 1461, distinguendosi come l'ultima città bizantina a cedere ai musulmani.

I monasteri erano saggiamente abbarbicati lontano dalle loro grinfie.

Col senno di poi, la decisione, davanti all'arrivo inaspettato e sospetto di un'armata macedone,  di rafforzare le difese della città di confine Trebisonda, riempiendone le strade di militari di prim'ordine, si è rivelata un'ottima scelta perché, nell'inverno del 215 a.C., anno nel quale si spegne serenamente il buon Spartikles, a tale armata se ne aggiungeva una seconda e, se non bastasse questo come segno rivelatore, ineluttabilmente l'ex alleato cingeva d'assedio la città.
Una città preparata alla bisogna da un Megabizus di lunghe vedute.
Il dubbio che la fame di territori dei macedoni non potesse ridursi al regno armeno  ora è dimenticato in favore del timore di dover affrontare un nemico così ben preparato e nel mezzo della nostra campagna di conquista a sud.
In un'azione lampo, data la facilità dell'obiettivo, Ichthysades strappava anche la città di Sidone ai Tolomei, annettendo così il Libano all'impero e liberandone le coste dall'embargo commerciale, acquariterandovisi con tutta la sua forza d'invasione, lasciando al governatore di Palmira l'onere di gestire anche Damasco e inviando un piccolo contingente di galati a minacciare il territorio della meridionale Hierosolyma, più nota come Gerusalemme, mal difesa.
Come sempre, l'impeto del generale aveva colto di sorpresa le molte armate nemiche, spiazzandole e ottenendo provvidenziali falle di cui approfittare.
La nostra presenza in Giudea, sebbene ridotta, rappresentava un punto focale d'interesse per le truppe tolemaiche, portandone i generali a farvi convergere ogni truppa disponibile.
Vistosi superati grandemente in numero e non ancora in grado di penetrare entro il perimetro cittadino, ai galati giungevano in soccorso le truppe d'elite di Ichthysades, rimasto a gestire la città di Sidone con un piccolo gruppo di fedeli per scongiurare una ribellione.

Tre armate contro il nocciolo duro di veterani pontici.

Ben due generali di nobili natali si misurarono quindi contro il capitano Ariobarzanes nella periferia di Hierosolyma, a cui l'erede al trono pontico aveva affidato i suoi uomini migliori, e questi li posizionò nella ormai classica linea alternata, ponendo gli scudi bronzei, con le loro formidabili picche, sul fronte dal quale sarebbe giunto il grosso dei fanti nemici.

Con la segreta speranza di accecarli col fulgore dei riflessi dorati.

Conscio di avere altri grattacapi che sarebbero spuntati dal rilievo ad est, inviò tre guarnigioni di galati ad insediarvisi per trattenere gli egiziani da un attacco sul fianco.

La prima linea ha altro di cui occuparsi.

Gli elefanti fanno cambiare idea.

Riposizionati e pronti.

Il palesarsi però, sulla collina, di un gruppo di elefanti da guerra ad accompagnare un discreto numero di fanti, fa riconsiderare la tattica precedente, facendo tornare di gran carriera i galati sui propri passi, in quanto sarebbe stato inutile sacrificarli per ritardare l'arrivo dei pachidermi, pertanto il capitano dispone una linea d'urto sul fianco destro per resistere alla carica nemica senza disturbare la linea principale.


Le picche ondeggiano impazienti.

La cavalleria saggia le lance.

Neanche i basilischi li fermano.

Andate, andate pure.

Capitani coraggiosi.

La mischia ordinata risultante è un massacro che lascia un numero sorprendente di nemici a terra, a riprova del rigore marziale pontico. Ichthysades non avrà da dire «(V)ariobarzanes, rendimi le mie legioni.»
Purtroppo per il prode capitano, nonostante ora Gerusalemme gli si apra davanti come occasione d'oro per assicurarsi un'ascesa sociale di prim'ordine, un messaggero dal generale gli porge proprio il comando che più temeva. Ha da rendergli le sue legioni, dopotutto.
Di ben magra consolazione che non sia a causa sua, bensì per lo scoppio della minaccia macedone a nord. I suoi uomini serviranno sulla frontiera armena per tentare di limitare le mire espansioniste di un nemico che non abbiamo mai saggiato sul campo di battaglia ma per cui nutriamo un giusto timore.
Orde di temibili mercenari traci e sciti accompagnano file ordinate di militari di scuola ellenica e il giovane Rhadesades, cui il Ponto ha affidato la frontiera orientale, ha richiamato da ogni angolo del regno uomini abili e il meglio armati possibile.
Pertanto, agli uomini già giunti dalla capitale, si sommano i veterani della campagna egiziana, momentaneamente soppressa, e alcune truppe galate approntate ad Ancira.
A difendere le nuove conquiste vengono inviati anche gli opliti di Nicomedia, poi divisi in Antiochia tra chi destinato effettivamente a sud, da Ichthysades e chi a nord-est da Rhadesades.

Ma con chi cazzo credi di parlare?
Eumenides di Nikaia, fresco fresco dalla scuola di diplomazia per bambini con problemi di apprendimento,  si fa ricevere da Rhadesades nei pressi di Trebisonda, lì giunto con gli uomini recuperati muovendo la ben oliata macchina logistica pontica, per proporgli l'equivalente di una pernacchia sputazzante.
«Visto che vi stiamo assediando e siamo i più migliorissimi, vi proponiamo la soluzione a tarallucci e vino e vi esortiamo a divenire un nostro protettorato, inglobando tutti i vostri territori in uno staterello fantoccio solo perché abbiamo messo due armate davanti casa vostra, umiliandovi dinanzi a tutto il mondo antico.»
Rhadesades socchiude appena la bocca, sollevando, arcigno, un sopracciglio.
«Che c'ho scritto giocondo sull'elmo da guerra? Che vedi forse "benvenuti" sulle mura rinforzate della città? Pensi che sotto al gonnellino ho appese due provole affumicate? Ma io ti spacco la faccia! Vieni qui che ti faccio un corso accellerato di propellente a calci nel culo. Dimmi solo 'ndo sta Nikaia che ti ci spedisco incastonato nelle terga di un cammello a far compagnia alle gobbe. Ma io ti...»
Purtroppo per voi dovrete accontentarvi dei testi storici ufficiali nei quali si riporta che il saggio e composto Rhadesades, dopo aver ascoltato la proposta dello stimato ospite, si sia limitato a proporre a tutti i macedoni di divenire sudditi del Ponto.
Quale che sia la versione che preferite, resta il fatto che un cammello fu effettivamente inviato a Nikaia, non sappiamo se ripieno o meno.

- Ma io ti faccio scrivere sulla lapide:
qui giace Emorroides, giunto a Nikaia incastrato in un cammello
alquanto seccato e ivi spiratovi.-

Sbrigate le pratiche diplomatiche solo quando Rhadesades aveva terminato anche le più ardite metafore, i quattro eserciti si dispongono infine nelle campagne appena fuori città, con le truppe del governatore Ardumanish in arrivo da ovest e quelle dell'anacronistico samurai macedone Ptolemeos da est.

Ha così inizio la battaglia di Trebisonda.

Puntando tutto sulla rapidità e contando di soverchiare la formazione nemica più prossima prima che possa essere raggiunta dai rinforzi, Rhadesades ordina una carica generale per non porre altro tempo in mezzo.

Come sbriciolare un'armata in cinque minuti.

Mantenendo le truppe compatte, spostando le tre unità di cavalleria leggera sul fianco sinistro e contando sull'arrivo degli uomini di Ardumanish, Rhadesades riesce con successo a disorganizzare il fronte avversario scomponendolo in tre distinti lati troppo piccoli per reggere l'urto delle due forze combinate.

La cultura macedone viene assimilata. Alla maniera dei Borg.

Il simbolo sugli scudi può trarre in inganno
ma quelli a Ippocrate non hanno promesso nulla.

L'impeto dei suoi uomini e la validità della sua tattica sono tali che in pochissimi minuti l'esercito che minacciava le mura di Trebisonda è solo un ricordo e il grosso delle truppe giunte dalla città stessa è rimasto libero di proseguire ordinatamente verso i rinforzi di Ptolemeos.

Ed ora, fronte dest'!

Annichiliti i francamente deludenti militari macedoni, Rhadesades ordina il riposizionamento di tutta la linea per orientarla a destra, appena in tempo per ricevere i nuovi arrivati, coadiuvato dai soldati di Trebisonda che prolungano la sua linea del fronte.
L'aver a che fare con due diversi ingaggi in così breve tempo lascia però sul campo di battaglia un caos difficilmente controllabile di truppe nemiche sopravvissute, libere di muoversi.
È così che, mentre la battaglia riprende contro l'armata di Ptolomeos, tre unità di cavalleria macedoni ripresesi dalla rotta aggiravano l'imponente formazione pontica per attaccare alle spalle il reggimento di cavalieri a guardia del generale Rhadesades, giunto in soccorso di un'unità di fanti in difficoltà nelle retrovie.
Rimasti solo in otto e soverchiati dai nemici tentavano la fuga ma venivano raggiunti prima che degli spadaccini cardaci potessero raggiungerli per portargli assistenza.
Moriva così Rhadesades sul campo di battaglia, sopravvissuto a conquiste, assedi e peste, comandando gli eserciti del suo paese nel momento del bisogno.

Una grande vittoria a caro prezzo.

Seppure orfani di un glorioso generale in ascesa, sotto la guida del governatore  Ardumanish, gli uomini del Ponto finiscono in fretta l'opera iniziata con tanto successo, con solo 469 caduti a fronte dei 2079 lasciati a terra dagli avversari.
Come detto, tanto subbuglio al nord ha lasciato una minore, sebbene non trascurabile, presenza di forze armate pontiche nei nuovi territori del sud, territori che ora i tolomei vogliono riprendere con una rinnovata offensiva.

A Damasco l'ennesimo fiasco.

Una ridotta ma temibile avanguardia minaccia la capitale siriana, preventivamente giunta con l'obiettivo di tenere rintanati all'interno i meno temibili difensori in attesa dell'arrivo delle macchine d'assedio.
Non potendosi permettere il lusso di attendere e non potendo contare su immediati soccorsi, che tutto il meridione e l'oriente sono in fermento per incursioni nemiche, il governatore tenta una sortita sperando di sfruttare il numero maggiore per dividere la pericolosa compagine egiziana.

Gli sparabara si sono ritagliati un posto nel mio cuore.
Il trucco riesce con il risultato di avere un grattacapo in meno da gestire ed il vantaggio concreto di non dover deviare truppe da altri luoghi che necessitano il loro intervento.

Teoricamente non dovrei essere io ad attraversarlo...
Ad est di Amida, tra i monti dell'Armenia che fanno da confine tra il mio estremo orientale e uno dei pochi rimasugli seleucidici, si è posizionato un contingente di nemici. Sfruttando la grande disponibilità di unità nell'area, sul ponte alla frontiera divergono cinque unità di fanti pesanti per abortire l'ennesima fantasia di rivalsa.

E vuoi che non ci provino pure nel deserto?

In mancanza di ponti da attraversare, in Assiria, sempre quei morti di sonno dei seleucidi tentano un'altra patetica minaccia ai danni di Hatra, città che ha grandemente beneficiato della dominazione pontica, come dimostra il fiorente commercio che anima l'area tutta.
Tende a succedere questo quando riapro un'area al commercio marittimo.
Sono almeno trent'anni che un seleucida non vede manco l'ombra del mare...


Svantaggio tattico che i nemici non colgono.

Svantaggio tattico che i nemici subiscono.

Ritirata tattica.

Ad Ichthysades tocca invece gestire l'armata egizia che ha osato entrare nel Libano recentemente liberato e restituito alle gioie del traffico marittimo.
Il suo avversario, probabilmente dimentico di avere ben sei stellette dorate dopo il nome, ad identificarne l'abilità strategica, non si approfitta del vantaggio offertogli dal dominare il verso superiore del pendio e rimane risolutamente arroccato in posizione mentre i miei onagri esauriscono le loro munizioni incendiarie sui suoi bersagli travestiti da soldati.
Quando poi si giunge alle mani, una sua inesplicabile carica dritta tra le picche dei miei falangiti lo lascia solitario in fuga, presto seguito da tutti i suoi uomini.

Purtroppo per lui non è scappato oltre Gerusalemme.

Con altre due armate a Damasco e una nuova minaccia ad Hatra, visibili qui sopra, Ichthysades decide che la cosa migliore da fare è penetrare più a fondo nel territorio tolemaico per ridurre i suoi centri di potere e capacità di arruolamento, semplificare il fronte concentrandolo in un'unica locazione (Gerusalemme) e lasciare le truppe egizie penetrate fino in Siria tagliate fuori da rinforzi.

Mentre ci lavoriamo le mura

Filippo il Casaro si immola.

No dico, tre varchi e mi sono avanzati pure dei macigni.

Mentre i fanti si avventano

Teramides d'Egitto ci lascia.

 
Due generali per un totale di 12 stellette...

Forse raccomandati di ferro messi al posto di generali rispettabili, il Casaro e l'Egiziano si spartiscono il dubbio onore di vittime immediatamente prodotte all'inizio delle ostilità.
Con gli onagri intenti a redistribuire la malta delle mura, il buon Filippo lancia una carica solitaria che probabilmente era indirizzata all'equipaggio delle macchine d'assedio, purtroppo deve aver ignorato il resto dell'esecito del Ponto che vi sostava intorno.
Una volta aperti tre varchi, due sulle mura, lasciando senza un solido appiglio gli arcieri lì arroccati, ed uno attraverso il portone, Ischthysades fa irrompere all'interno una parte dei suoi fanti, più che sufficienti a sopraffare i confusi difensori, alcuni rimasti finanche sulle mura a rigirarsi i pollicioni, mentre anche l'incauto Teramides vede ritorcerglisi contro l'approccio diretto ai lancieri tra le macerie.
Lasciati senza guida, di cui, visti i risultati, avrebbero fatto volentieri a meno, i militari a difesa della città lasciano ben presto il campo libero e Gerusalemme entra, sanguinosamente, a far parte dell'impero pontico.

Già che siamo qui...

Come da par suo, il degno erede di Rhesimedes invia, con le strade di Hierosolyma ancora piene di cadaveri tolomei, un piccolo contingente di fanti pesanti a minacciare anche la piccola cittadina di Bostra, vasto possedimento tolemaico in Arabia, sottratto decenni fa ai nabatei.

E che te lo dico a fare.

Come volevasi dimostrare la strategia si rivela efficace e come potete notare le due armate a ridosso di Damasco vengono dirottate in difesa di Bostra, liberando il governatore della città dall'onere di resistergli per meglio dedicarsi alla rimozione delle bande di banditi che si sono formate nell'area e concentrando il resto dell'attenzione del faraone su Gerusalemme, proprio dove Ichthysades li vuole.

E sì che gli basterebbe propormi la resa.

Non volendo rinunciare ad un'altra succosa conquista, il condottiero decide di lasciare Gerusalemme nelle mani di alcuni reparti giunti di rinforzo da Sidone ed Antiochia e si muove per intercettare i due contingenti diretti a Bostra.
La battaglia è a senso unico e in breve i fanti cedono il passo agli uomini del Ponto che poi devono iniziare una spiacevole maratona per mandare in rotta pure le truppe tolemaiche a cavallo, risolute a farci sgambettare nel deserto.
Con tutto l'astio di uomini coperti di ferro costretti a correre per minuti interi sotto al sole, vengono elaborate due diverse manovre a tenaglia che infine intrappolano i cavallerizzi bastardi.

Restando in tema di gentaglia a cavallo,
un bastardello ci impegna in una scaramuccia ad Amida.

I sopravvissuti, a dispetto delle previsioni, si raggruppano proprio alla periferia di Bostra, prestigiosa capitale del regno nabateo e oggi importante sito archeologico e decidono comunque di intromettersi nella presa della cittadina.

Pertanto i fanti si dispongono a difesa dell'ariete.

Aperto il portone sciamano all'interno

e la cavallerie se l'è presa in saccoccia.

Ora che i ritardatari sono chiusi fuori

ben poco può fare il generale a difesa con la sua unità.

La vertiginosa annessione dell'Arabia Petraea lascia di stucco gli egiziani che rinunciano ad avanzare su Gerusalemme per rinculare nella vicina Petra, ultima loro roccaforte in terra d'Arabia.
Perché questo improvviso cambio di piani?

Ah, ecco.

Sua santità Alexandros, il faraone fallimentare, soggiorna in città e forse comincia a sentire il fiato pontico sul collo visto che proprio nei giorni della caduta di Bostra veniva siglato un accordo di cessate il fuoco con l'egualmente infelice imperatore seleucidico.
Forse avrebbero dovuto pensarci prima, quando i loro possedimenti non erano divisi dalle conquiste dell'impero del Ponto.
Per come stanno le cose ora non cambia un granché se decidono di collaborare, sono lontani tra loro e non ci sarebbero differenze sostanziali negli attacchi che già portano avanti insistentemente da anni.
Se permettete, care le mie ex superpotenze, avrei un piano ancora più ambizioso in mente, per ben altro nemico e voi ne siete solo una nota a margine.

Fase A del piano super malvagio.

Qualcuno pare essersi dimenticato del mio dominio dei mari...