della Pestilenza.
Lo scoppio dell'epidemia di peste nera a Tarso forse è la goccia che fa traboccare il vaso della sopportazione della popolazione locale che si arma alla meno peggio e mette in fuga l'imponente esercito che occupava la città.
Il valoroso generale Rhesimedes deve ora scegliere se approfittare dell'apertura concessagli dal fato e precipitarsi entro le mura con tutte le forze disponibili, rischiando la sua salute e quella degli uomini che gli occorreranno per tenere la provincia o mantenere la posizione a Side, consolidando le armate e sperando che la sorte operi il suo volere sulle forze nemiche piagandole col male.
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| Quello in ginocchio è un imperatore di Roma. |
I Parti erano un popolo di origine iranica o forse scitica e probabilmente nomade che si stabilì nei territori dell'antica Persia e alla caduta dell'impero di Alessandro Magno finì nella sfera d'influenza del neonato impero seleucidico. Divennero nettamente ostili ai greci sotto la guida del re Arsace e nel corso dei secoli videro il loro territorio espandersi a spese dei seleucidi e dei battriani (regno vicino all'India) recuperando i territori della Media (punto d'origine dell'antico impero persiano) e di Babilonia, assicurandosi enormi ricchezze e l'accesso alle vie commerciali terrestri più prospere.
Col tempo divennero una forza talmente rilevante che Roma, da quando cominciò ad espandersi in Asia, non riuscì mai a sgominare.
Avevano capitale nella città di Ctesifonte e proprio qui ebbe luogo la rivolta del nobile Ardashir che inaugurò la dinastia sasanide nel 224 d.C.
I Parti, ora col nome di Sasanidi, rappresentarono il più formidabile nemico romano in Asia e proprio il successore di Ardashir I, Sapore I, in una storica battaglia catturò ed imprigionò l'imperatore romano Valeriano facendo strozzare in gola ai romani tutti qualsivoglia risatina sul suo nome...
Lo storico Lattanzio riferisce che, morto in cella, il corpo dell'imperatore fu scuoiato e riempito di paglia per poter essere esposto come simbolo della vittoria.
L'evento fu traumatico per Roma perché prima di allora nessun imperatore era mai caduto in mani nemiche.
I sasanidi erano talmente temuti che riuscivano ad intromettersi nelle politiche romane dell'area ed influenzare regni importanti come quello armeno.
Sopravvissero all'impero d'Occidente e furono una spina nel fianco dell'impero d'Oriente fino a che non furono conquistati dagli arabi musulmani nel 640.
L'impero di Bisanzio non ci guadagnò col cambio.
L'impero di Bisanzio non ci guadagnò col cambio.
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| Sapore I agguanta Valeriano. |
Forte di queste nozioni io ci ho pensato pure a mettermi in contatto con i Parti per arginare la minaccia tolemaica e l'enorme territorio che il mio diplomatico ha dovuto attraversare testimonia la loro potenza. Purtroppo per me non erano interessati ad intervenire in alcun modo.
Ebbene, se non possono aiutarmi, non che gliene voglia visto che per anni hanno tenuto impegnate armate seleucidi, sarà il caso di contattare gli arabi, visto il brillante destino che li attende e la loro provvidenziale vicinanza all'Egitto.
Salta fuori che le mie mappe erano alquanto antiquate visto che buona parte della penisola arabica sembra ora sotto il controllo di entrambi i miei nemici.
Bene, dovrò fare tutto da solo.
Almeno stavolta non ho distrazioni eccessive da occidente.
La prima buona notizia è che le truppe elleniche mie fedeli riescono a prendere la città di Cizico, eliminando la presenza degli indipendentisti greci dal suolo anatolico.
Il sogno dell'Anatolia Magna è ora realtà.
Per buona misura i facinorosi civili vengono eliminati in modo da poter immediatamente mobilitare le truppe di opliti verso Ancyra che non ha le forze necessarie a tenere la città, sebbene nessun galato lo ammetterebbe mai.
Questo è il primo vero scontro con un esercito dei Tolomei, le cui fila sembrano presentare un gran numero di falangiti e di barbari nubiani, con una discreta presenza di cavalleria.
Da parte mia ho un uniforme muro di scudi di opliti che, sebbene letali e solidi, non sono esattamente agili.
Ben conscio della scarsa elasticità della mia formazione provvedo a rivoluzionarne il posizionamento rifacendomi all'intuizione che i romani dell'epoca repubblicana ebbero contro i sanniti delle montagne dell'Appennino.
I manipoli.
Mettendo le truppe in file alternate, lasciando degli spazi fra loro, mi assicuro proprio quell'elasticità di movimento che necessito.
Le truppe sul davanti si occuperanno dell'impatto con quelle nemiche e quelle in posizione arretrata interverranno laddove sarà più necessario e saranno maggiormente libere di operare degli aggiramenti.
In mancanza di cavalleria o truppe di supporto mi pare sia la decisione migliore.
Il risultato dell'esperimento è oltre ogni rosea aspettativa. Senza attendere le poche truppe di rinforzo uscite da Ancyra, gli opliti marciavano ordinatamente verso il fronte mettendosi in formazione a muro di scudi solo a pochi metri dalle picche avversarie.
La timidezza dei Tolomei si fa palese quando mandano avanti solo pochi reparti di falangiti a saggiare la resistenza dei miei oplon e lo spazio concessomi mi permette di accerchiare facilmente quegli sprovveduti.
Con i rinforzi ancora lontani e i primi soldati uccisi il generale egizio ordina inaspettatamente la ritirata. Ora non posso saperlo ma più avanti risulterà un'abitudine di questo popolo meridionale.
La vittoria è grande anche se abbiamo eliminato solo un terzo degli uomini che comunque abbandonano le terre galate per tornare con la coda tra le gambe fuori dai confini.
Il re pontico stesso eleva il valoroso capitano a nobile che da allora in poi sarà noto come Ichthysades di Nicomedia.
La buona novella dalla Galazia però non risolleva di molto la situazione perché, se ben ricordate, presso Mazaka altri due eserciti minacciano il cuore del regno.
Come previsto i due antagonisti non si scontrano per il mio piacere o forse solo per non darmi soddisfazione, così, mentre l'improbabile forza d'invasione seleucidica prosegue la sua marcia ad ovest, giungendo anch'essa nella verdeggiante Galazia, un gruppo molto più bellicoso di soldati egiziani rimane in loco e costringe il governatore Spartikles ad ingaggiarli con le uniche truppe veterane a disposizione nella capitale che sono state rimpinguate.
Gli avversari superano in numero le mie forze di quasi la metà e la battaglia che ha luogo è tra le più sanguinose della storia del Ponto.
Memore del successo del suo collega, Spartikles adotta la stessa strategia, sebbene con un numero inferiore di truppe e con lo svantaggio tattico di attaccare dal basso. Stavolta il nemico non si sottrae alla lotta e impiega tutti i suoi uomini dividendo il mio fronte in due ed esercitando una pressione quasi fatale su quello di manca.
Qui infatti ho potuto avere un primo assaggio delle truppe d'elite dei Tolomei, i cleruchi falangiti, egiziani addestrati all'arte della guerra secondo i precetti greci ed armati di tutto punto.
Nei momenti più cupi della battaglia ben tre reggimenti cedevano sotto la pressione di questi risoluti guerrieri ma alla fine le due linee tenevano fino a che non erano i nemici a disgregarsi e a cedere il campo.
La vittoria arriva ad un prezzo altissimo ma Mazaka è salva e i caduti saranno facilmente sostituiti nella vicina capitale.
I galati, privati del sangue dei nemici dalla loro precedente fuga, recuperano quanto gli è dovuto ingaggiando i seleucidi troppo sciocchi dal non aver abbandonato i miei territori.
Con gli invasori al momento fuori dai confini rimane aperta la questione di Tarso. Rhesimedes non vuole compromettere l'esercito e non si arrischia ancora ad entrare nella città ora libera, pertanto la sua difesa rimane nella mani dei cittadini armatisi.
Simile imbarazzo arriva anche dagli eredi di Tolomeo che inviano solo tre reparti a minacciare le mura.
Privi di macchine e strumenti d'assedio hanno ben poche speranze di prendere la città ma non posso rischiare che, mentre la affamano, possano essere raggiunti da numeri ben maggiori che sostano nella vicina Antiochia.
Con le truppe impegnate altrove l'offensiva è tutta nelle mani dei suoi difensori a cui riesco a far arrivare un gruppo di arcieri e di lanciatori di giavellotto.
Con i numeri di gran lunga dalla mia parte so anche che c'è una differenza sostanziale tra i soldati e i cittadini che dovranno affrontarli.
La questione è teoricamente semplice.
Possono dieci reparti di fantaccini tenere testa a tre soli, di cui due di prima scelta?
La risposta è quasi e con l'aggiunta di per miracolo.
Seppure usciti alla rinfusa dalle porte, ben presto i miei fanti si dispongono in due precise file di quattro elementi l'una, con le due unità di supporto divise a destra e a sinistra.
Sfruttando la lentezza della formazione egiziana scarico ogni proiettile disponibile sulle loro teste ammorbidendo la truppa meno pericolosa.
Quando i falangiti si spostano per ingaggiare i miei disperati ed inesperti cittadini separo le linee per permettere di circondare gli avversari con un rapporto di forze di quattro ad uno grazie soprattutto agli arcieri ed ad un gruppo di sparabara che nel frattempo si fanno inseguire infruttuosamente dal terzo assembramento di egiziani.
Quando questi capiscono di essere stati dirottati e tentano di tornare sui loro passi per rompere l'accerchiamento sui loro compagni, non potendoglielo permettere, lancio quell'unico reparto su di loro per rallentarli.
La strategia paga e alla fine il più debole dei tre cede e viene sgominato permettendomi di reindirizzare gli uomini ora liberi sul nuovo arrivato.
Una truppa d'elite però è un affare serio e l'equilibrio di forze rimane altalenante a lungo, mentre perdo uomini su uomini. Per mia fortuna recupero la disciplina di due unità che si erano abbandonate alla fuga e alla fine sgomino l'aggressore lasciando a terra numerose perdite.
Con gli invasori fuori dai confini e con tre gloriose vittorie alla cintura mi pare sia il momento propizio per preparare un'ambasciata da sbattere sotto il naso del faraone ma la ricognizione fatta in territorio tolemaico rivela una desolante realtà.
I manipoli.
Mettendo le truppe in file alternate, lasciando degli spazi fra loro, mi assicuro proprio quell'elasticità di movimento che necessito.
Le truppe sul davanti si occuperanno dell'impatto con quelle nemiche e quelle in posizione arretrata interverranno laddove sarà più necessario e saranno maggiormente libere di operare degli aggiramenti.
In mancanza di cavalleria o truppe di supporto mi pare sia la decisione migliore.
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La timidezza dei Tolomei si fa palese quando mandano avanti solo pochi reparti di falangiti a saggiare la resistenza dei miei oplon e lo spazio concessomi mi permette di accerchiare facilmente quegli sprovveduti.
Con i rinforzi ancora lontani e i primi soldati uccisi il generale egizio ordina inaspettatamente la ritirata. Ora non posso saperlo ma più avanti risulterà un'abitudine di questo popolo meridionale.
La vittoria è grande anche se abbiamo eliminato solo un terzo degli uomini che comunque abbandonano le terre galate per tornare con la coda tra le gambe fuori dai confini.
Il re pontico stesso eleva il valoroso capitano a nobile che da allora in poi sarà noto come Ichthysades di Nicomedia.
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| Eroe e genio tattico. |
La buona novella dalla Galazia però non risolleva di molto la situazione perché, se ben ricordate, presso Mazaka altri due eserciti minacciano il cuore del regno.
Come previsto i due antagonisti non si scontrano per il mio piacere o forse solo per non darmi soddisfazione, così, mentre l'improbabile forza d'invasione seleucidica prosegue la sua marcia ad ovest, giungendo anch'essa nella verdeggiante Galazia, un gruppo molto più bellicoso di soldati egiziani rimane in loco e costringe il governatore Spartikles ad ingaggiarli con le uniche truppe veterane a disposizione nella capitale che sono state rimpinguate.
Gli avversari superano in numero le mie forze di quasi la metà e la battaglia che ha luogo è tra le più sanguinose della storia del Ponto.
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Qui infatti ho potuto avere un primo assaggio delle truppe d'elite dei Tolomei, i cleruchi falangiti, egiziani addestrati all'arte della guerra secondo i precetti greci ed armati di tutto punto.
Nei momenti più cupi della battaglia ben tre reggimenti cedevano sotto la pressione di questi risoluti guerrieri ma alla fine le due linee tenevano fino a che non erano i nemici a disgregarsi e a cedere il campo.
La vittoria arriva ad un prezzo altissimo ma Mazaka è salva e i caduti saranno facilmente sostituiti nella vicina capitale.
I galati, privati del sangue dei nemici dalla loro precedente fuga, recuperano quanto gli è dovuto ingaggiando i seleucidi troppo sciocchi dal non aver abbandonato i miei territori.
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| Niente è più doloroso di un galato insoddisfatto alle spalle. |
Con gli invasori al momento fuori dai confini rimane aperta la questione di Tarso. Rhesimedes non vuole compromettere l'esercito e non si arrischia ancora ad entrare nella città ora libera, pertanto la sua difesa rimane nella mani dei cittadini armatisi.
Simile imbarazzo arriva anche dagli eredi di Tolomeo che inviano solo tre reparti a minacciare le mura.
Privi di macchine e strumenti d'assedio hanno ben poche speranze di prendere la città ma non posso rischiare che, mentre la affamano, possano essere raggiunti da numeri ben maggiori che sostano nella vicina Antiochia.
Con le truppe impegnate altrove l'offensiva è tutta nelle mani dei suoi difensori a cui riesco a far arrivare un gruppo di arcieri e di lanciatori di giavellotto.
Con i numeri di gran lunga dalla mia parte so anche che c'è una differenza sostanziale tra i soldati e i cittadini che dovranno affrontarli.
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Possono dieci reparti di fantaccini tenere testa a tre soli, di cui due di prima scelta?
La risposta è quasi e con l'aggiunta di per miracolo.
Seppure usciti alla rinfusa dalle porte, ben presto i miei fanti si dispongono in due precise file di quattro elementi l'una, con le due unità di supporto divise a destra e a sinistra.
Sfruttando la lentezza della formazione egiziana scarico ogni proiettile disponibile sulle loro teste ammorbidendo la truppa meno pericolosa.
Quando i falangiti si spostano per ingaggiare i miei disperati ed inesperti cittadini separo le linee per permettere di circondare gli avversari con un rapporto di forze di quattro ad uno grazie soprattutto agli arcieri ed ad un gruppo di sparabara che nel frattempo si fanno inseguire infruttuosamente dal terzo assembramento di egiziani.
Quando questi capiscono di essere stati dirottati e tentano di tornare sui loro passi per rompere l'accerchiamento sui loro compagni, non potendoglielo permettere, lancio quell'unico reparto su di loro per rallentarli.
La strategia paga e alla fine il più debole dei tre cede e viene sgominato permettendomi di reindirizzare gli uomini ora liberi sul nuovo arrivato.
Una truppa d'elite però è un affare serio e l'equilibrio di forze rimane altalenante a lungo, mentre perdo uomini su uomini. Per mia fortuna recupero la disciplina di due unità che si erano abbandonate alla fuga e alla fine sgomino l'aggressore lasciando a terra numerose perdite.
Con gli invasori fuori dai confini e con tre gloriose vittorie alla cintura mi pare sia il momento propizio per preparare un'ambasciata da sbattere sotto il naso del faraone ma la ricognizione fatta in territorio tolemaico rivela una desolante realtà.
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| "Tolomeo, mo stai a sbrocca' però!" Il testo dell'ambasciata, parola per parola. |
Evidente oltre ogni ragionevole dubbio è che il faraone minchione abbisogna di ulteriore opera di rabbonimento e che ci aspetta una guerra lunga e brutale o brutalmente breve; debbo rinvigorire la mia strategia.
Uno dei miei vantaggi su di lui è che ho preventivamente approntato una flotta che ormai raggiunge buone dimensioni ed il cui peso intendo esercitare in maniera massiccia.
L'idea è di minare i suoi ricchi commerci bloccandogli l'importantissimo porto di Antiochia e quello di Cipro mentre non lesino attenzioni neanche a quello di Rodi.
Tali accortezze pagano molto presto quando al largo di Pergamo viene intercettato e distrutto un certo numero di imbarcazioni greche che da Cirene tentavano di portare truppe di barbari nubiani ad infastidirmi.
Contestualmente Rhesimedes entra a Tarso, ormai salva dall'epidemia e con un piccolo contingente dalla capitale rinforza le difese e si occupa anche dell'opera di miglioramento delle mura.
Nel frattempo prosegue anche l'attività febbrile dei miei sicari che fanno sfortunatamente soffocare un erede egiziano nella sua pappa d'avena mattutina, scivolare a capofitto nelle fogne un altro sangue blu e schiantare col proprio cavallo senza freni un terzo rampollo contro un cedro.
Siamo a quota sei giovanissimi familiari illustri che sperimentano la pax pontica.
Un altro paio di eserciti tenta la fortuna e si acquartiera vicino la trafficata città di frontiera ed il compito di disperderli cade sui rinforzi giunti dalla capitale e da occidente, per lasciare il tempo a Rhesimedes di recuperare tutti gli uomini abili alla lotta.
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Unità leggere come quelle arabe, appiedate o a cavallo, o d'urto come i neri nubiani privi di protezioni ma forti di letali asce a due mani, si schiantano in fretta lasciando le falangi a sostenere tutto il peso dei miei soldati.
L'eroe di Nicomedia invece ingaggia l'altra armata che ha avuto l'ardire di avvicinarsi alle mura e a cui Rhesimedes stesso viene in aiuto con i pochi uomini abili che ha al momento.
Non potendo permettere delle perdite al suo signore, Ichthysades dispone i suoi opliti nella sua ormai tipica formazione ed avanzando verso i falangiti tolemaici li spinge ad arretrare, come sembra loro consuetudine e quando questi si arrischiano a volgere le spalle, già pronto ad incalzarli rompe le righe e lancia tutte le sue unità all'attacco.
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Sul più tranquillo fronte orientale, laddove una rivolta di diofori aveva minato solo parzialmente la macchina da difesa arrabattata in fretta e furia, unendo galati, persiani e greci contro i seleucidi, una nuova minaccia veniva intercettata al passo montano che conduce alla città di Satala.
Ora più pratico di questa regione montuosa, sfruttavo la mobilità dei quattro reparti di cavalleria di cui disponevo per schiacciare gli ultimi ribelli accorsi in aiuto del nemico e disperdere l'armata principale stessa.
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| Cerchi sulla neve. |
Due reparti di disturbatori si occupano di destabilizzare i diofori chiusi a testuggine.
Sullo sfondo il grosso delle truppe greche, persiane e galate si accanisce sui seleucidi.
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| La X indica il punto. |
Quattro unità di cavalleria convergono a X su dei poveri cristi senza speranza.
Subito dopo si occuperanno di perseguitare quanti saranno messi in fuga.La tregua preziosa guadagnata con le armi va subito sfruttata per restaurare l'armata di Nicomedia, restituire a Rhesimedes il suo esercito da destinare a Tarso e lasciare alcune truppe di rinforzo nei pressi della città, pronte a reintegrare quelle intaccate dalle battaglie senza perdere tempo in arruolamenti. L'idea è di combinare la capacità di produzione bellica di Tarso ed Amasia per avere contingenti sempre completi in vista degli attacchi.
Non avendo però ancora bene afferrato che aria nefasta tiri per i reali stranieri all'interno dei miei confini, altri due gloriosi generali portano le loro considerevoli armate in Cilicia, mettendosi in mezzo ai miei piani di rappresaglia.
Perché, oltre all'indubbio fastidio del dover nuovamente sbattere fuori di casa degli invadenti babbei proni alla fuga, uno di loro si è piazzato proprio sulla strada dove intendevo far passare il contingente di galati che avevo destinato ad un'operazione lampo a Cipro.
Una spia mi aveva comunicato le pessime difese e lo scarso numero di guerrieri che dovevo aspettarmi e oltre al guadagno economico indiscutibile che rappresenta la presa dell'isola c'è il vantaggio di poter spostare le navi da guerra occupate nel suo porto su quello più caro ai Tolomei di Alessandria d'Egitto.
Perché portare un po' della mia cattiveria a due passi dalla loro capitale mi pare un buon passo verso il ridimensionamento degli istinti bellicosi del regnante in gonnellino e mascara e perché c'è la concreta speranza di dirottare sul mare uno dei suoi molteplici eserciti per affondarlo con praticità con la mia superiorità navale.
Devo quindi mobilitare il rinforzo di Spartakles sulle truppe d'ostacolo alla mia invasione e quelle di Rhesimedes su quelle più numerose.
Prima però, un altro giro sulla giostra degli omicidi su commissione.
Il primo illustre generale ci lascia per una complicazione dovuta all'ingerimento di cozze condite con qualcosa di peggio del pepe, il compare invece pare sia spirato sulla seduta mattutina quando dal giornale che leggeva ha fatto capolino una dardo mentre, per non lasciare che si dica in giro che solo in Cilicia al tolomeo butti male, in Antiochia un altro rampollo del faraone salutava questa valle di lacrime in uno sfortunato quanto misterioso incidente di caccia.
E nove.
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| Le regole di ingaggio rimangono le stesse. Dagli al tolomeo |
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| Il capitano, sostituto del generale cozzato a morte, si schianta contro un muro. Di opliti. |
Privati della guida del loro comandante i nemici tengono stranamente la posizione e come risultato l'intera armata viene spazzata via dall'Anatolia. Nonostante le vittorie, sono poche le volte nelle quali ho avuto modo di disgregare un'armata piuttosto che vederla rinculare in terre amiche. Non che stavolta mi lamenti.
È il turno quindi di Rhesimedes che porta via dalla città tutti gli uomini e si concede pure il lusso di trascinarsi dietro un paio di onagri coi quali martella gli indecisi invasori mentre dispiega una sua versione personale del manipolo alla Nicomedia su tre file.
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| Per onor di cronaca vanno segnalati 15 caduti per fuoco amico. |
Anche questa battaglia è la fiera del tentennamento egiziano visto che le poche truppe non occupate a spostarsi continuamente per evitare i proiettili infuocati si lanciano in un impacciato ed inconcludente attacco molto dispersivo all'imponenza della mia armata.
Quando gli onagri rimangono a secco il grosso dei nemici decide di averne avuto abbastanza e se la dà a gambe sulle note dell'immortale marcetta di Benny Hills.
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| - Tsè, dilettanti! |
La via è pertanto libera per i miei gioiosi galati per imbarcarsi ed andare a scoprire le bellezze di Cipro, sempre nella speranza che gli abitanti non mi tirino fuori uno scherzetto alla Rodi, a proposito della quale ricevo un rapporto sull'affondamento di una quinquereme che aveva eluso il mio embargo nel tentare di spostare un piccolo contingente di rodiani.
Pertanto da Nicomedia si incamminano tre formazioni di opliti forgiati da numerose battaglie che si imbarcano successivamente al porto di Pergamo, su una quinqueremi nuova di zecca che si congiungerà ad Alicarnasso alla sua scorta di triremi per depositare poi gli uomini a Rodi per levarmi finalmente la spina di quest'isola imbelle dal fianco.
Tra le note a margine è d'uopo riportare il malcontento che sta serpeggiando in diversi centri urbani del regno a causa delle tasse per mantenere le casse dello stato pingui dei fondi necessari alla guerra e per il mantenimento di quelle che sono a tutti gli effetti quattro armate, la perseveranza nello sviluppo civico a dispetto del conflitto, con preferenza per opere pubbliche quali fognature e bagni pubblici e strutture commerciali, il riconoscimento dei progressi tecnologici e culturali, l'omicidio di ogni diplomatico greco intercettato a spasso in Asia e il viaggio fatto intraprendere ad Aspides, il mio leggendario assassino, ora ancora più letale grazie alla peste di cui soffre, verso Menfi, per portare i miei omaggi al faraone e restituirgli il bacillo pestilenziale che mi ha gentilmente prestato. Con l'ordine categorico di fermarsi in ogni città a starnutire su buffet, persone, animali, cose e strofinarsi sulla qualunque.
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| Beccato! |
A proposito della qual cosa veniva rintracciato nei sobborghi di Antiochia l'untore della pestilenza che aveva colpito Tarso nell'augusta persona virulenta di un poco pulito regale egizio.
Ora siamo a quota dieci.
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| Arabi in fuga dal Monte Fato. |
Approfondimenti storici all'acqua di rose grazie alla mia memoria ed alla collana del National Geographic La Grande Storia, di cui mi sono sparato i primi sedici volumi in una maratona molto soddisfacente per la mia curiosità.
































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