Per quanto i nostri piani sembrino efficienti e solidi sussisterà sempre una variabile fuori dal nostro controllo che potrà sovvertire ogni previsione portando ad esiti inconcepibili solo pochi attimi prima.
Caso, sfortuna, volontà divina o caos sono semplici etichette e rappresentano tutto quel che possiamo fare in merito e per evidenziare la nostra impotenza e fallacità sono anche inconciliabili.
Il piano lungamente atteso e messo in atto con perizia per riunificare l'Anatolia tutta non porterà solo la speranza e le ricchezze agognate.
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| Petra, la città di pietra ?!? |
I Nabatei non si distinsero solo per la scelta di nomi affrettata e svogliata, no, furono anche un popolo di nomadi delle regioni arabiche che si insediarono permanentemente nell'odierna Giordania, comodamente a cavallo di una ricca via carovaniera su cui specularono con imposte esatte ad ogni punto di sosta.
Si distinsero per la resitenza che esercitarono ai tentativi di conquista sia dei Tolomei che dei Seleucidi ma poco poterono contro i romani la cui dominazione li favorì commercialmente con il fiorire della città di Palmira che soppiantò in importanza la capitale Petra.
Assorbirono le influenze culturali straniere, come si può dedurre dallo stile architettonico, i re assunsero nomenclature elleniche e divinità egizie e occidentali si fecero strada fondendosi o soppiantando quelle originarie.
Erano così intenti nell'accrescere le loro ricchezze che lo storico Strabone riporta che in città fossero multate le persone che permettevano la riduzione del loro patrimonio.
Forse questo opportunismo fu anche ciò che segnò la loro fine, infatti quando Roma cominciò ad avere dei seri problemi con i Parti che tornavano a rappresentare il potere dell'antica Persia, la regina Zenobia voltò le spalle all'impero romano.
Quando il costante oscillare di forze nella regione tornò a favore di questi ultimi però, lei e la città di Palmira pagarono un prezzo che si rivelò fatale.
Il regno cessò di esistere quando nel VII secolo arrivarono i musulmani.
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| La regina Zenobia sul lato sbagliato di un assedio. |
Il tempo di rifocillare l'esercito per prepararlo alla nuova campagna contro i greci erranti, già a buon punto con la sistematica eliminazione delle bande vagabonde, ed una rapida occhiata alla situazione generale non possono che risollevarmi il morale.
L'impero seleucide rimane un nemico giurato ma ormai è solo l'ombra della minaccia di un tempo e gli ultimi suoi alleati sono disorganizzati e più fastidiosi che pericolosi eppure, contro ogni previsione, approfittando dell'assenza del grosso del mio esercito, diviso tra la capitale e Tarso, i due centri del mio regno che formano la spina dorsale del mio comparto militare, due contingenti ellenici di medie dimensioni mettono sotto assedio Sardi ed Efeso.
Contando sul fatto che le difese possono reggere in attesa del mio ritorno decido di mobilitare le forze accumulate a Nicomedia per tentare la presa di Pergamo, i cui uomini sono impegnati nell'attacco ad Efeso mentre lascio la difesa di Sardi all'arrivo della mia rigenerata forza principale.
Lo stratagemma funziona anche se non come preventivato. Efeso viene lasciata dagli attaccanti per correre in difesa di Pergamo innescando quindi una battaglia tra le mie modeste forze di opliti con quelle combinate dei cittadini e dei figliol prodighi.
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| Un bagno di sangue. |
Seppure a stento le mie falangi reggono l'urto e al costo di molti uomini mettono in fuga gli avversari lasciando la città nelle mie mani. L'annessione sanguinaria della ricchissima città di Pergamo al regno e il saccheggio che ne consegue portano un bottino immane nelle casse del tesoro innescando due diversi risultati.
- I miei sogni di gloria crescono in megalomania;
- il resto del mondo invidia il suono delle mie saccocce.
A seguito della clamorosa impresa di Nicomedia si mobilita da Alicarnasso un generale nemico di indubbio spessore i cui movimenti sembrano essere volti ad intercettare l'arrivo dei miei uomini dall'oriente per permettere ai suoi alleati di avere il tempo necessario per prendere Sardi. Questo non è permissibile.
Con un piccola forza di avanguardia, adeguata alla sfida, mi separo dal grosso delle truppe ed ingaggio l'interferenza con lo scopo di lasciare la via libera agli altri.
Sul campo il generale ha portato con sè i temibili ipaspiti, opliti veterani irriducibili che mettono a dura prova il mix di cardaci e galli che li affrontano.
Privati però del supporto della fanteria leggera, precedentemente annichilita prima che potesse ricongiungersi alle forze del generale e della copertura degli arcieri messi in fuga dai carri, possono solo opporre una strenua ma in ultimo inutile resistenza.
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| Hypaspistai, portatori degi scudi dei compagni. |
L'ultimo grande uomo dei miei nemici cade e con esso l'ostacolo che impediva all'esercito del Ponto di muovere su Sardi e disperdere gli aggressori inaugurando i nuovi onagri in campo aperto.
Approfittando del vantaggio numerico dispongo una lunga linea di fanti che avanzano sincronizzati mentre tre unità pesanti dal lato sinistro cominciano a convergere al centro per avvantaggiarsi sul lato mentre alle loro spalle i due onagri fanno piovere, con mira altalenante, giare infuocate sulla formazione avversaria.
Frastornato dal bombardamento e dalla minaccia su due lati l'esercito greco si divide in due e rende la sua capitolazione più semplice, ben presto gli uomini, sopraffatti, si danno massicciamente alla fuga.
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A seguito delle ridotte perdite subite, della rimozione della pressione, comodità, vicinanza e della precedentemente menzionata megalomania decido di continuare l'offensiva verso Alicarnasso e da lì verso l'isola di Rodi.
Entrambe, insieme a Cizico rappresentano gli ultimi domini degli indipendentisti greci sul suolo anatolico e assieme a Cyrene, sulle coste libiche, i loro ultimi territori nel Mediterraneo.
Entrambe sembrano anche più facili da conquistare rispetto a Cizico che dispone ancora di un esercito di notevoli dimensioni, poco preoccupante però fin tanto che rimane entro le sue mura.
Decido pertanto che di Cizico si occuperà la vicina Nicomedia, con le sue truppe ellenizzate già risultate efficaci in precedenza e mentre cingo d'assedio la sguarnita Alicarnasso dalle sue coste un manipolo di cardaci e galli si imbarca per giungere alla parimenti accessibile Rodi.
Se la caduta di Alicarnasso, con l'acquisizione dell'imponente Mausoleo omonimo, è questione di poco e in virtù del minimo sacrificio mi limito a venderne gli abitanti come schiavi, come tra l'altro è dovuto in quanto è il mercato più redditizio della regione, la faccenda che si evolve ai piedi del colosso di Rodi è ben altra.
La presenza delle mie truppe sul suolo dell'isola istiga i rodiani ad una corsa alle armi che produce, nel giro di soli sei mesi, un esercito di isolani incazzati e pesantemente armati.
I miei stupefatti incursori rinculano pavidamente ma saggiamente sulle triremi e remano con foga da vogatori provetti fino al porto della città appena presa.
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| Rodiani gente feroce e xenofoba. |
Questo imprevisto evento devastante si accompagna alla ripresa dell'offensiva seleucide che, saggiato in anni di esperienza il ferro ponto, si accanisce sul vicino amico armeno mettendo a ferro e fuoco i territori attorno al centro abitato di Satale, nelle immediate vicinanze della mia Trebisonda e ad un tiro di schioppo dalla mia capitale.
Ordunque si pongono due nuovi questiti la cui risposta sarà determinante.
- Come meglio gestire le ire dei numerosi rodiani indispettiti dalla mia incursione?
- Di fronte alla capitolazione delle armate armene accorse in difesa della loro città, come intervenire?
Il primo problema sembra più semplice da gestire.
Dispongo di una flotta di trireme più che dignitosa ed il loro scopo è ora impedire in maniera categorica che l'esercito rodiano, se dovesse decidere di imbarcarsi, arrivi sano e salvo sulla terraferma. Non potendo al momento e di certo non volendo se possibile da evitare, combattere tutti quei soldati, la scelta di contenere la minaccia è la più sensata.
Una parte della flotta si occuperà quindi di chiudere il porto dell'isola mentre l'altra parte darà la caccia alle imbarcazioni greche che giungeranno vicino.
Il secondo problema è più complicato.
Dispongo di forze abili a Nicomedia ma sono lontane da Satala (odierna Sadak) e non posso allontanarle dalla regione, le forze acquartierate a Cizico sono una minaccia costante per le mie conquiste occidentali e se voglio avere una speranza di cacciare definitivamente i greci da qui non posso ignorare e lasciare intatte le unità che di tanto in tanto escono dalle mura.
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Ad Amasia quindi addestro e faccio convergere una manciata di unità utili dai luoghi vicini e le cui fila ingrosso degli uomini forniti da Trebisonda da cui faccio infine partire l'esercito di supporto al mio alleato.
La preparazione ha richiesto però alcuni mesi di troppo e quando i miei uomini giungono a Satala dalle sue mura garriscono gli emblemi degli eredi di Seleuco.
La decisione di liberare la città e renderla nelle mani del legittimo proprietario è presa in fretta e il governatore di Trebisonda sfida le truppe nemiche che, forti dell'arrivo di rinforzi dal sud, lo affrontano in campo aperto.
La sfida non è per deboli di cuore e il miscuglio di galati, greci e persiani ben regge contro un egualmente vario oppositore. Dopo un inizio incerto alla fine i nemici sono in rotta e la Cappadocia è nuovamente libera dall'invasore.
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| L'era della cavalleria è ancora di là da venire. |
Nuovamente i miei piani vanno a farsi benedire quando l'Armenia rifiuta la restituzione della città e considera la mia occupazione della stessa come causa di rottura dell'alleanza.
Mi ritrovo così con un nuovo fronte aperto con i seleucidi, di cui francamente non avevo alcun desiderio e senza più il comodo cuscinetto fornitomi dai territori armeni.
Contestualmente, forse solo ufficialmente in qualità di alleato armeno, il regno dei Tolomei rompe l'alleanza che ci avvantaggiava da decenni e muove un poderoso esercito verso la sguarnita Tarso.
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| Tu quoque Tolemaica testa di caxxo! |
Se la situazione non dovesse apparire quantomeno frustrante vi aiuterò con una manciata di considerazioni.
I tradimenti sono piezzi 'e core che ti si conficcano nel costato.
I Tolomei sono ricchi. Molto ricchi.
Tarso non solo rappresenta un simbolo per il mio regno ma è anche uno dei due centri di forniture militari fondamentali per il mio esercito, come per esempio le catapulte e se dovessi perderla necessiterei di riconfigurare un'altra città ed è un lavoro molto lungo.
Tarso era la città più vicina dove reintegrare il numero dei caduti nella campagna contro i greci.
Satala è ora un fronte aperto a cui i seleucidi non lesinano attenzioni.
A Rodi c'è un esercito immane che aspetta solo di scatenarsi.
Il mio esercito di supporto di Nicomedia non può essere nè allontanato nè ridimensionato.
Il mio contingente principale è ancora ad Alicarnasso e per giungere a Tarso, dove deve tra l'altro rifornirsi di nuovi uomini dopo le ultime battaglie, deve farsi a piedi tutta la lunghezza della penisola Anatolica.
La flotta è in allerta per Rodi e non vorrei dirottarla altrove.
Ribelli si armano nei pressi di Mazaka e nel passo montano tra Side ed Ancyra.
Resistendo imperiosamente all'istinto di buttarmi sul tasto load con tutta la mia disperazione decido che il dramma a conti fatti è il sale di queste storie, quindi si procede con il contenimento della catastrofe come si può.
La flotta rimane nei pressi di Rodi e quando infine una piccola flottiglia inviata da Cizico accoglie i furibondi a bordo le mie navi provvedono a farli sbollire. Sul fondo del Mediterraneo. Esagitati in armi rodiani estinti, pratica Rodi in sospeso appena castigo Cizico.
Nicomedia persiste nell'indebolire le difese della suddetta, inviando nell'Ade un'altra infornata di militari ellenici. Mentre un distaccamento si occupa di sistemarli, un altro, guidato dal governatore di Nicomedia in persona, forza la mano alla sorte e cinge l'ultima roccaforte greca d'assedio e gli sconfitti, non potendo rientrare in città, si disperdono lasciando i difensori delle mura soli al loro destino.
Sul fronte seleucide intercetto nuovi movimenti in arrivo e tra Trebisonda, Amasia e Satala imbastisco una linea di difensori che trasferisco dove servono e tento di tenere costantemente riforniti.
L'esercito principale muove in soccorso di Tarso, lasciando però l'imbattibile generale Rhesimedes indietro a consolidare e pacificare Alicarnasso e qui commetto due errori logistici da povero deficiente.
- All'esercito sono accodati i due reparti di artiglieria, che lo rallentano.
- Se avessi imbarcato le truppe ad Alicarnasso sarebbero giunte a Tarso molto prima.
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| Orsù, ammirate l'esagerazione tolemaica e date un senso ai nomi citati finora. |
Tarso cade quando ormai ero quasi giunto in soccorso e, dispetto a parte per la piega funesta, forse è stata la salvezza delle mie truppe che si trovano sul territorio ma assieme ad un totale di quattro forze d'invasione tolemaica che le avrebbero probabilmente sterminate, quindi, sacrificando gli onagri, dirotto gli uomini, ora più agili, verso Amasia.
Con Tarso cade anche il suo governatore, l'ormai anziano Kasimedes che provvedo immediatamente a vendicare facendo tagliare la gola del conquistatore nemico, suo uccisore.
A lui seguiranno lo sfortunato episodio di congestione che affogherà un altro familiare del faraone, al comando di un altro dei suoi eserciti e la caduta rovinosa dalla lettiga di un altro parente illustre. La Cilicia si rivelerà letale per la stirpe reale dei Tolomei.
Avendo aiutato per quanto possibile la genealogia umana, eliminando un po' di quei problematici risultati dell'endogamia, trasferisco a Side il mio generale di fiducia, da cui decido di portare avanti l'opera di contenimento, forte degli uomini che torneranno dalla capitale e dalle truppe fresche di galati che sto preparando ad Ancyra.
La situazione si evolve con l'arrivo dei seleucidi presso Mazaka, seguiti da una grande forza d'invasione tolemaica. I due, ben lungi dall'essere amici, potrebbero semplificarmi le cose scannandosi fra di loro. Avendo però avuto un assaggio di quanto la sorte ami essere imprevedibile non oso sperare, rimango comunque tranquillo grazie al gran numero di veterani che ho raccolto tra Mazaka e la capitale per la riorganizzazione.
Un altro esercito dei Tolomei invece tenta la sorte e si inoltra in Galazia per minacciare Ancyra.
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| COLPACCIO DI SCENA! |
L'imprevedibilità colpisce ancora e, sebbene non del tutto favorevoli, due eventi scuotono il nuovo ordine.
Le truppe orientali dei Tolomei sembrano aver portato con loro la peste a Tarso e, incalzati anche dalla rivolta dei cittadini, lasciano la città in massa! Il centro abitato, nucleo commerciale vitale e parte costituente della mia macchina bellica è nuovamente libero, sebbene appestato e con l'invasore ancora sul suo territorio e forte di tre armate.
L'organizzazione difensiva di Trebisonda e Satala si inceppa con la defezione di un capitano di origine greca che porta con sè quattro reggimenti di diofori.
Immaginate la mia sorpresa da giocatore alla prima esperienza con Rome: Total War nello scoprire l'appartenenza alle meccaniche simulative di epidemie e defezioni dovute alle differenze culturali tra i membri di un esercito che comprende popoli diversi.
Per festeggiare l'inaspettata novità (un po' meno quella del bastardo traditore) mando allegramente due unità di carri con falci a disperdere un gruppo di ribelli, il loro gioco preferito.
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| Ribelli, il loro giocattolo preferito. |
Approfondimenti storici all'acqua di rose grazie alla mia memoria ed alla collana del National Geographic La Grande Storia, di cui mi sono sparato i primi dodici volumi in una maratona molto soddisfacente per la mia curiosità.

















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