L'ultimo colpo di coda del nemico seleucide in terra d'Anatolia, supportato dagli indisponenti vicini greci, sarà sufficiente a porre un freno all'opera di unificazione della penisola anatolica?
Potrà il Re di Ponto e Ponto minor, signore di Bitinia e Cappadocia, padrone di Paflagonia e Amasra, conquistatore di Cilicia, Galazia e Panfilia, liberatore di Frigia, Licia e Ionia riassumere il suo potere nel titolo di unificatore della Anatolia Magna?
(Prima di sogghignare alla titolatura, ricordate che nella storia c'è stata gente come l'imperatore romano Commodo che passò negli anni dai nomi di nascita Lucio Aurelio Commodo alla ragguardevole titolatura stroppia polmoni di Imperatore Cesare Augusto Pio Felice Invitto Exsuperatorio Lucio Elio Aurelio Commodo Sarmatico Antonino Germanico Massimo Britannico Amazzonio. Fu karmicamente strangolato in una congiura.)
![]() |
| Alessandro Magno sul fedele Bucefalo. |
La Macedonia, dopo essere stata un paese ignorato dagli antichi greci che lo consideravano barbaro e famoso solo per l'invenzione dell'omonimo piatto vegano, dopo qualche secolo cominciò a nutrire una certa avversità per le lotte di conquista che Atene, o chi per lei, portava avanti nei suoi dintorni e per il fatto che gli stessi ateniesi avessero corrotto la loro eredità culinaria aggiungendoci una cucchiaiata di gelato alla panna dicendo che era la morte sua.
Paraculamente un giovane Filippo, al momento ostaggio a Tebe, approfittò della permanenza forzata per imparare dai greci l'arte bellica. A Tebe faceva capo il Battaglione Sacro, centocinquanta coppie di uomini uniti dall'amore e dall'onore. La falange funzionava solo se il compagno proteggeva l'uomo al suo fianco, l'idea del battaglione era che se c'era anche amore sarebbe stato più difficile che uno dei due si astenesse dalla lotta. Funzionò. Erano sempre nel più fitto della battaglia e ne uscivano vittoriosi. Fu così per trent'anni. Filippo prese appunti.
Libero e tornato in Macedonia, rifiutò il piatto nazionale e si mise subito all'opera, riformando l'esercito. Lo usò immediatamente per recuperare i territori perduti e per far vedere quanto bene aveva imparato, a Cheronea sterminò il Battaglione Sacro e ben presto prese il controllo dell'intera penisola greca.
Morto mentre riceveva le acclamazioni del suo popolo fu sostituito dal figlio Alessandro che, memore degli insegnamenti paterni, ricordò agli insorti greci quale fosse il nuovo ordine delle cose e, messo a posto un vecchio generale alla corte macedone, intraprese la più mirabolante opera di conquista della storia antica.
Come noto fagocitò l'intero impero persiano, battendone l'immane esercito in due battaglie campali, proseguì all'inseguimento dell'imperatore achemenide in fuga, Dario III, che un satrapo tradì e fece trovare morto al giovane condottiero macedone pensando di fare cosa gradita. Alessandro non gradì.
Arrivò in Egitto e da lì si spinse fino all'India per poi tornare a Babilonia, dove morì probabilmente avvelenato.
Seppure esteso, il suo dominio era effimero, tali distanze erano un'impossibilità da gestire per la logistica dell'epoca.
Tentò di avvicinare le culture occidentali ed orientali mostrando grande umanità e progressismo, questo però portò a contrasti e probabilmente alla sua morte.
Lasciò un impero che fu smembrato e un destino oscuro ai suoi familiari più amati ma un'icona che rimane grande ancora oggi e che ispirò generazioni di regnanti.
![]() |
| Mosaico romano di un suo fan. Dario III, sul carro, è pronto alla fuga. |
I successi sul campo di battaglia e l'annessione delle tre ulteriori regioni non sembrano scoraggiare il nemico che parte dalla roccaforte di Efeso e cinge d'assedio per due anni la recentemente pontica Sardi.
Purtroppo per i suoi difensori due anni non bastano perché il grosso dell'esercito possa tornare, rinforzato da nuovi uomini, per portare soccorso in tempo utile e quando inizia il viaggio di ritorno l'esercito seleucide, forte di una torre d'assedio, scale e un ariete inizia l'offensiva alle mura della città.
|
|
||||
|
|
||||
|
|||||
Solo sette unità difendono le mura di cui solo due sono veterane, una di lancieri cardaci e l'altra di falangiti, le altre possono solo vantarsi dei colori ottenuti per i loro pantaloni a zampa d'elefante dallo sfregamento di un qualche mollusco.
La speranza si accende quando dalle fortificazioni riescono a dar fuoco all'ariete che non riesce ad arrivare alle porte.
Purtroppo per i miei uomini invece le scale e la torre vengono posate senza intoppi e tutte le mie truppe vengono coinvolte nel contenimento degli assalitori.
I falangiti in particolare riescono a tenere testa alle armate fagocitate dalla macchina d'assedio ancorata al parapetto mentre i cardaci tentano, sul muro seguente, di soccorrere i fanti che vengono travolti dagli uomini issatisi dalle scale.
Col passare dei minuti diventa sempre più chiara l'inevitabile conclusione e quando i nemici riescono a giungere al cuore della città, issando il loro odioso vessillo, i miei uomini sono quasi tutti morti ma hanno portato con loro settecento anime che non potranno salvare questi assassini quando arriveranno i fratelli d'arme.
Sardi è persa ma Rhesimedes, il mio miglior condottiero, ha già un piano.
L'azione offensiva seleucide, più disperata di quanto immaginassi, per dispiegare l'esercito imponente per l'assedio, ha lasciato sguarnita la vicina città di Efeso sulla quale dirotto un piccolo contingente che la conquista con facilità, facendo scempio dei suoi difensori quanto dei suoi abitanti e finanche la vita di un reale seleucide è persa. Il prezzo pagato dal nemico per la sua riconquista è salato.
|
|
||||
|
|||||
Tanto un prezzo imposto all'avversario, quanto un'opportunità troppo ghiotta da ignorare, Efeso è ora parte del regno e con essa il magnifico tempio di Artemide ma nella situazione attuale è separata fisicamente dai miei territori. Urge correggere l'anomalia in Licia.
I confinanti indipendentisti greci, ormai privi del vicino alleato, muovono le forze restanti per raggiungere la città di Sardi per portare aiuto ai seleucidi.
Ciò li porta, come di consueto, ad attraversare incuranti le mie terre. Un tale sopruso non può più essere tollerato.
Con il grosso delle truppe ora in posizione centrale, da cui possono raggiungere buona parte dei miei possedimenti e le guarnigioni di rinforzo addestrate a Nicomedia, città enormemente arricchitasi dallo sfruttamento dei suoi giacimenti d'oro, parto con un'opera di sistematica eliminazione di unità militari greche troppo sciocche da restare fuori dalle mura delle loro città.
Se la maggioranza di questi scontri riguarda perlopiù spaiate unità, in Galazia avviene una battaglia campale contro l'armata greca più imponente che viene ridimensionata pesantemente dall'esito.
![]() |
| Dovranno pur capire il concetto di confine invalicabile. |
Questa opera di pulizia della mappa serve a due scopi. Evitare che truppe armate si collochino in punti strategici per gli spostamenti dei miei uomini e per ridurre al minimo le unità che potrebbero venire in soccorso degli ultimi difensori seleucidi.
Anche perché francamente non ne posso più del loro gigioneggiarmi in giro per i miei territori.
Cinte quindi le mura con i rinforzi giunti alfine e dai conquistatori di ritorno da Efeso, Rhesimedes viene sfidato dal numeroso esercito che ci aveva privato dell'urbe e da una manciata di rinforzi.
Il numero e l'aiuto non possono però sovvertire la sete di giustizia degli uomini del Ponto che vendicano i loro fratelli uccidendo quanti osino opporsi.
|
|||||
|
|
||||
|
|||||
I pochi sopravvissuti, fuggiti al riparo delle mura, non ottengono salvezza quando la popolazione fa trovare le porte aperte ai miei soldati che finiscono la loro missione di vendetta.
Sardi è riconquistata e senza di essa tutto quel che rimane dei territori dell'Impero Seleucide in terra d'Anatolia e con ciò anche il loro ultimo accesso al mar Mediterraneo, è in Panfilia.
Mentre a Tarso fervono i lavori per la costruzione di due onagri, i primi pezzi d'artiglieria del mio esercito e la mia forza principale si divide nelle tre città dalle quali posso rimpinguare le loro fila, continua tramite le mie falangi di opliti di Amasra l'eradicazione di militari greci ostili o potenzialmente tali.
Le morti che infliggo a questa fastidiosa fazione la portano, ora che è fisicamente lontana da territori alleati, ad accettare un'onerosa tregua pagandomi un risarcimento al tempo impiegato ad insegnar loro il concetto di frontiera.
Dopo un anno sono pronto a partire da Ancira per sottomettere infine Side (poi definitivamente abbandonata nel X secolo), impoverita ed affamata dal mio embargo navale e dal sistematico sabotaggio delle sue vie di approvvigionamento terrestri.
L'utilizzo delle nuove macchine d'assedio, con le quali far piovere pietre e fuoco oltre le mura e delle più esperte unità dell'esercito del Ponto, riesce a piegare le disperate sebbene poderose difese ed il sogno di cacciare l'antico alleato tramutatosi in traditore dai territori che considero miei è ora una realtà.
Contrariamente ai casi precedenti, la popolazione viene risparmiata ma venduta ai mercanti di schiavi per un ricco bottino. La città è mia ma il malcontento è palpabile. I posteri decideranno se sono stato troppo magnanimo nella gioia della conquista.
![]() |
| Pure le linguacce sugli scudi devo sopportare. |
Estinta infine la minaccia, palesatasi di sua iniziativa, è bene ricordare, dell'Impero Seleucide, oggi un po' meno vasto, posso cominciare a realizzare il sogno seguente, quello di unificare l'Anatolia tutta e per farlo devo sradicare quanto resta dei miei oppositori.
![]() |
| Ma santa Cibele, la smettete o no di vagabondare in casa mia?!? |
Il modo irritante di questa fazione solo nominalmente e convenientemente neutrale, tranne quando decide di mettersi in mezzo, mi dice che sarà un progetto che non avvierò mai troppo in fretta.
Approfondimenti storici all'acqua di rose grazie alla mia memoria ed alla collana del National Geographic La Grande Storia, di cui mi sono sparato i primi dodici volumi in una maratona molto soddisfacente per la mia curiosità.









































