Gioco, fotografo, aggiungo didascalie e in genere coinvolgo amici che non c'entrano.
lunedì 30 novembre 2015
Come la postapay sopravvisse al Venerdì nero e Lunedì cibernetico tag-team
Sia ben chiaro fin da subito, non mi lamento affatto degli euro spesi per due ovvi motivi:
- Erano giochi che volevo provare da tempo
- Erano giochi molto economici già dall'uscita
Quindi?
Quindi volevo solo condividere la gioia di averli finalmente al sicuro nella mia generosa libreria e non volevo passassero inosservati nella lista dei titoli che mi spupazzo.
Sono atipici, alcuni quasi fugaci, ma tutti interessanti per un motivo o per un altro.
Vai a destra, prenditi il tempo di imparare il tempismo per deflettere gli attacchi, muori, ricomincia da capo.
Hai le stesse capacità di comprensione dello svantaggiato protagonista, ora prova gli enigmi e per l'amor di Dio, sorridi.
Clementine, Kaitlin Greenbriar e parzialmente anche Jodie Holmes mi hanno fatto apprezzare le avventure di giovani donne
A tal proposito ecco il secondo titolo stealth che non vedevo l'ora di giocare e la cui musica godere, dopo Invisible, Inc.
Bistrattati per il loro ermetismo e forse anche per questo molto succulenti. Stranded l'ho appena provato e vale il prezzo del biglietto.
Animazioni e grafica deliziosi, per una storia che a detta degli autori è breve ma divertente.
Elucubrazioni sull'intelligenza artificiale cosciente tra un colpo di pistola ed un enigma ambientale
Sono davvero felice che su PC mi sia permesso di avere accesso a una tale varietà stilistica e contenutistica a prezzi così golosi.
Il precedente pensiero potrebbe o non potrebbe essere frutto dell'esposizione a giochi più blasonati ma desolanti quali Resident Evil 6.
domenica 29 novembre 2015
Youtube I can not - She moves like she don't care
Un altro tuffo nel passato per assistere ai primi vagiti di Rodrigo nel magico mondo del pvp, stavolta ai danni della lanciatrice sprovveduta di malocchi Mari(n)a.
Seguitemi al ritmo dell'immortale brano dei Blondie in questa ennesima dimostrazione delle mie insufficienti conoscenze e volontà tecniche cui dovrete sopperire ricorrendo alla semplice tecnica di lettura cui la scuola dell'obbligo vi ha preparato.
Più o meno efficacemente.
Il piacevole momento di smarrimento a seguito dell'arrivo in un nuovo mondo, e la successiva scoperta del femmineo nome dell'ospite, richiedono una breve danza propiziatoria, addolcita dall'assenza stavolta di insofferenti cafoni.
Gioite con me riprovevoli nanetti che attendete con ansia il palesarsi della nostra vittima designata, sebbene non vi lascerò giammai occasione di interferire.
Con mutua sorpresa incrociamo i nostri sguardi, ma il tempo di presentarmi non mi doni, o fanciulla impetuosa, lanciandomi d'impeto un globo oscuro che non posso che schivare, sebbene diretto al mio cuore.
Mi lancio di slancio ai tuoi piedi, novello Romeo d'assalto che ti incalza con passione mentre orridi omuncoli tentano invano di elemosinare un po' della tua attenzione.
Non tradire il mio ardore, puntualizzo con un affondo mentre rinculi, travolta dalla mia esuberante confessione che ti spinge, affranta, giù per le scale, in cerca di un posto più intimo laddove permetterci un più adeguato incontro romantico.
Incalzo sgomento d'amore, ma tu cedi ancora terreno, e mi guidi sui bordi d'un baratro, oh mia bella riottosa.
Trattengo i piedi ben saldi sul terreno di conquista e generosa mi ripaghi con parimenti ardore.
Oh destino beffardo che giochi con i nostri cuori, l'arrivo di un altro pretendente ci forza la mano, perdendo l'incanto dello svolgersi naturale degli eventi.
Eccoci così, in una esplicativa immagine metaforica, scambiarci promesse di fuoco a vicenda, lasciandomi purtroppo solo come sono arrivato, a salutarti con rammarico per la tua partenza improvvisa, pago solo del disappunto del mio contendente che di te nulla ha potuto assaporare.
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| Amami, o sfuggente nume! |
domenica 22 novembre 2015
L'ultimo chiuda la porta
Quando la troppa fiducia in sé stessi è mal riposta e rischi di mandare all'aria una campagna tesa ma soddisfacente di diverse ore, maledicendo te e tutti gli antenati di cui hai ereditato le falle, non puoi che tentare, turno angosciante dopo turno angosciante, di rimandare l'inevitabile con tutto ciò che puoi architettare su due piedi.
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| Foto di repertorio del gruppo in fase di sgombero dall'area |
Una delle missioni avanzate del mio piccolo gruppo di quattro agenti speciali si è trasformata in un incubo nell'esatto momento nel quale li ho condotti al punto di estrazione dimenticandomi candidamente di portare a termine l'obiettivo complementare.
Acquistato l'accesso al sistema di vendita per corrispondenza del mercato nero, li esortavo a guadagnare l'uscita scambiando la ricerca della cella energetica per mera missione secondaria e pertanto opzionale.
Opzionale un bel paio di testuggini, facendomi emergere l'evidenza dell'errore mentre il comando di evacuazione latitava dalla console.
I quattro operativi raggruppati come pecore in un ascensore diabolicamente inattivo, turni spesi inutilmente a condurceli mentre l'allarme avanzava in serietà, droidi e guardie corazzate in cerca dei lestofanti e l'ubicazione del secondo oggetto da trafugare ancora ignota.
Questa me la prendo in saccoccia, ho mestamente ipotizzato mentre già vedevo la conclusione prematura delle mie avventure non recuperabili.
In un susseguirsi di tentativi che valorizzavano la rapidità a discapito della finezza, dividevo il gruppo in due parti, uno incaricato di cercare e recuperare la cella, l'altro di attirare gli inseguitori in un circolo vizioso.
Con l'accumularsi dei turni, l'uso spregiudicato di ogni singola risorsa anche solo vagamente utile, il continuo gioco al gatto col topo dei due miseri tapini dediti al depistaggio, una continua emorragia di punti potenza per piegare anche l'ultima difesa elettronica, il montare costante dell'allarme, con conseguente aumento della pericolosità ambientale, mi aggiudicavo il raggiungimento dell'obiettivo dimenticato.
A due passi dalla vittoria, con la corsa disperata verso l'ascensore per la salvezza era finalmente ora del dramma.
Un drone di sorveglianza ed una guardia si chiudevano a tenaglia sull'agente Banks, costringendo il compagno ad anestetizzare il soldato per permettere la fuga ad entrambi.
In non meno di due turni ce li avrei avuti tutti addosso, potevo portare tutti e quattro fuori di lì in così poco tempo?
Così, più per disperazione che per estro strategico, usando un'esplosione elettromagnetica per disabilitare almeno il robot inseguitore, Banks si ritrovava con le spalle al muro, a due passi dall'ascensore, con i compagni nei pressi ma celati allo sguardo della guardia che le puntava la pistola addosso. Una mossa da parte sue e sarebbe stata l'ultima.
Nessuno dei suoi tre compari aveva un'arma in grado di penetrare l'armatura della minaccia.
Il campo visivo del soldato impediva peraltro di arrivare non visti all'uscita anche a loro.
Poi il colpo di genio.
Il compagno di depistaggio di Banks, oltre la soglia della porta dalla quale il militare la minacciava, prospetticamente invisibile grazie al muro, striscia verso la porta e la chiude in faccia alla guardia, eliminando il suo campo visivo e permettendo a tutti i suoi compagni di lanciarsi all'interno dell'ascensore ed evacuare in sicurezza.
Quando anche il più sofisticato degli ammenicoli non può aiutarti, ricordati che la buona educazione può sempre fare la differenza.
L'ultimo chiuda la porta.
giovedì 12 novembre 2015
Quando ti rimane un pensiero
Per quanto mi sforzi di ricordare sono pochissimi, davvero in numero esiguo, i giochi che mi hanno lasciato un pensiero o un'emozione a frollare nella mente o nello stomaco, presente alla fine dell'esperienza e per giorni a seguire al risveglio o nei momenti precedenti all'addormentarsi.
Il suscitare una reazione emotiva o innescare un'idea sono spesso le conseguenze dell'esposizione ad opere appartenenti a forme di intrattenimento più tradizionali, che hanno avuto se non secoli, millenni per perfezionarsi.
Il senso di colpa che mi ha attanagliato alla conclusione del quarto episodio della seconda serie del gioco Telltale The Walking Dead, insieme alla forza sincera di quell'emozione, era appesantito dalla sorpresa nel provare qualcosa di simile in seguito all'aver giocato.
Per meglio articolare questo pensiero che mi rimbalza in testa da diverse ore, cercherò di afferrarlo al meglio traducendolo in questo scritto, che mi preme sottolineare, sarà, per non rendermi il compito più complicato di quanto già non sia, ricco di spoiler dettagliati, pertanto regolatevi di conseguenza.
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| Carattere |
Clementine è un prezioso, in quanto rarissimo, esempio di un personaggio che riesce con efficacia a far coesistere la sua fragilità con una tenacia che non ti aspetteresti da una ragazzina così piccola.
Le ingenuità che può commettere nella sua terribile avventura si accompagnano senza stonare ai gesti più audaci o spaventosi perché, a mio modo di vedere, si è riusciti a renderla una persona che sta imparando le regole di questo nuovo mondo, che ha dalla sua una speranza ancora forte nelle persone ma anche una piccola esperienza e quei pochi insegnamenti importanti che Lee ha provato a trasmetterle prima di doverle dire addio.
Non è un caso se nei primi episodi in alcune delle sue risposte possibili, sia per tentare di apparire inerme davanti a potenziali minacce che per provare a giustificare una scelta impopolare, provi sempre meno a giustificarsi dicendo di essere solo una bambina.
Se all'inizio può sembrare una scelta ovvia rispondere in questo modo a qualcuno che ti punta un'arma addosso o che ti accusa di avere fatto una grave sciocchezza, man mano che la storia prosegue tale ovvietà si sgonfia vistosamente all'aumentare delle responsabilità che le vengono affidate e delle richieste sempre più frequenti di intervento.
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| La prima cotta |
Non è semplicemente una questione del dover far tutti la propria parte in condizioni così estreme quanto piuttosto l'ammettere che questa ragazzina è in grado di fare la differenza.
Questa bambina ancora insicura, che si spaventa davvero quando le minacce incombono senza però nascondersi o rifiutarle come una sua sfortunata compagna, diviene presto la bussola morale di un gruppo di persone eterogeneo ma assemblato in fretta, per paura e necessità e visibilmente instabile.
In un clima di costante sospetto e sfiducia, con il terrore che un errore possa causare la fine per tutti, queste persone trovano il tempo di rinfacciare a Clem leggerezze o presunti sbagli, non per intento educativo, quanto per semplice risentimento o paura mentre lei cerca di far funzionare per quanto possibile un tale gruppo disfunzionale, e non avendo che per guida alcuni saggi insegnamenti di Lee.
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| Non lesinate sugli abbracci |
Con l'aggiunta di un personaggio con un bagaglio emotivo personale, sia per Clem che per il giocatore, la situazione diventa presto esplosiva perché non fanno che aumentare l'instabilità e le responsabilità per la piccola.
Presto Kenny rivelerà il prezzo che il suo recente passato ha avuto sulla sua psiche e ben presto gli altri adulti del gruppo si divideranno tra quelli che sospettano di lui e lo temono e quelli che lo temono e per questo chiedono a lei di tenerlo sotto controllo.
A tutte queste incombenze si aggiungerà il pensiero orribile che un sanguinario despota insinuerà nella giovane.
Il violento dittatore, per tenere in riga il suo gruppo di sopravvissuti, non lesina in punizioni esemplari, turni di lavoro massacranti ed esplosioni di violenza repentine e terrificanti, sicuro in cuor suo che sia l'unico modo per forgiare degli uomini forti e scremare al contempo tutti quelli che si rivelano gli anelli deboli.
È lui stesso a suggerire a Clementine, dopo averla zittita in maniera manesca e perentoria, che vede in lei la fibra che ha permesso a lui di portare avanti il suo gruppo.
La maledizione cioè che per resistere a tutto questo si deve divenire dei mostri, o peggio ancora, che lei per sopravvivere non potrà che seguire le sue orme.
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| Ci sono esempi migliori |
È quindi maggiormente per antagonismo e ribellione che ci si impegna, noi così come Clem, a smentire quell'uomo terrificante ad ogni passo, sebbene, prevedibilmente, il gioco faccia del suo meglio per mettere alla prova la nostra risolutezza.
L'incontro con Jane si rivela determinante in quanto la giovane donna diviene, se permesso e con un po' di impegno, una nuova figura tutelare per Clementine, ricca di idee chiare, un cinismo dettato dall'esperienza e, per quanto mi riguarda, di un fascino determinato.
Con il suo arrivo la dinamica principale all'interno del loro gruppo si sposta quindi dal cercare un equilibrio tra due correnti di pensiero sempre più agli opposti, quelle di Kenny e Luke per intenderci, al restare o meno con dei compagni sempre più divisi e sempre meno numerosi.
I suggerimenti, commenti o idee di Jane hanno immediatamente eroso la poca fiducia che riponevo in queste persone sempre più confuse e arrabbiate spingendomi naturalmente a far orbitare maggiormente Clem intorno alla sua figura.
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| Schiva e disillusa |
Non sarà facile per Clem instaurare un rapporto solido con questa giovane, così sfuggente da far temere, in più di un'occasione, di perderne le tracce.
Nel continuo battibecco tra le altre due figure paterne che si esacerba sempre più, la calma e i consigli di cominciare a pensare ad un futuro senza queste persone portati lentamente avanti da Jane contribuiscono a sviluppare per lei un rispetto ed un'ammirazione che si tramandano dalla ragazzina direttamente verso il giocatore.
Non è facile però lasciar perdere tutto ed andare e non è fonte di stupore che Clem tenti davvero fino all'ultimo di far restare il gruppo un'unità di intenti, sebbene le prove che si abbattono sempre più numerose e pesanti non possano che ledere maggiormente tale determinazione.
È proprio qui che, complice una scelta improvvisa impostale dal destino, mi sono trovato, sicuro di fare la cosa giusta, a farle commettere un gesto avventato ma risolutivo, dalle conseguenze però terribili.
Sebbene tecnicamente l'amputazione della mano di Sarita fosse l'unica cosa che potesse fornirle una minima possibilità di sopravvivenza al morso subìto, le conseguenze disastrose per la stessa e la rabbia conseguente del suo compagno si abbattono tanto su Clem quanto su di me.
Con un personaggio di finzione ho dovuto quindi condividere un reale senso di colpa.
Sono e di conseguenza siamo stati troppo affrettati?
La reazione, l'emozione provata e le conseguenze orribili sembrano ammetterlo.
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| Va tutto a rotoli |
Quindi le cose si complicano.
Kenny ora è sconvolto dal dolore e non lesina parole molto dure per Clementine, giustificarsi con lui dicendogli che si è solo una bambina a questo punto suonerebbe per quello che è, una sciocchezza.
L'unica giustificazione che io e lei possiamo fornire è che abbiamo fatto ciò che ritenevamo giusto e che ci rammaricavamo per non aver potuto fare di più.
Mentre per lui ora siamo grandi abbastanza per portare il peso delle nostre azioni, il resto del gruppo sopravvissuto ci circonda invece delle attenzioni che fino ad ora aveva trascurato in virtù della nostra utilità.
Per cinismo non posso fare a meno di pensare che fosse solo per aggiungere anche Clem al gruppo degli antagonisti di Kenny e per meglio vincolarla al ruolo di suo controllore.
Jane stessa ci abbandona, più che spaventata dalla crescente instabilità, dal riconoscere i segni che portarono alla fine del suo precedente gruppo.
C'è l'esile, ingenua speranza che possa portarci con lei, ma si può permettere che Clem non la espliciti.
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| Eppure |
Ci sarà il tempo per una confessione più aperta e sincera tra le due, quando Jane si paleserà nel momento del bisogno, stavolta determinata ad aiutare Clem tanto a difendersi dal mondo quanto a stare all'erta ai segnali di pericolo che ormai sono sempre più palesi.
Il loro rapporto a questo punto sboccia sul serio, quello di due sorelle che si aiutano e non possono rimanere con le mani in mano quando l'altra ha bisogno.
È interessante notare che, in questa transizione da persona fondamentalmente cinica ed egoista, Jane non si tramuti in una crocerossina, quanto piuttosto sia possibile scorgere lo sforzo che ella compie nel forzare la sua natura, nel seguire una persona cara anche nella convinzione di infilarsi nell'occhio del ciclone.
Consapevole di questo, in ogni interazione tra le due mi premuravo di incoraggiare e ringraziare quanto possibile la giovane donna, riconoscendo il sincero sforzo e sentimento che manifestava sempre più chiaramente.
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| L'interazione sarà anche limitata, ma era al servizio della costruzione di un rapporto |
Quando ormai il ruolo di Clementine di tenere a bada un Kenny sempre più imprevedibile, testarda fino alla fine nel non abbandonarlo, comincia a essere ritenuto insoddisfacente e motivi egoistici portano ad un tradimento, è solo Jane che rimane con la ragazzina per aiutarla, per salvarla.
Ora è sulle sue spalle il dover gestire la pericolosità sempre più incombente dell'uomo.
La scelta che farà, per aiutare definitivamente Clem a vedere l'inevitabile conclusione degli eventi prima che questa la travolga, seppure discutibile da un punto di vista morale, non mi sento di condannarla.
Fin da quando si è palesata, è l'unica persona che ha accompagnato Clementine non per necessità, ma per volere.
Fin da subito le ha dato qualcosa senza prendere e basta.
Quando scatena l'ormai incontenibile furia di Kenny con un crudele inganno, forzando la mano della bimba, chiede scusa.
Balbetta, è insicura e fortemente spaventata dal venire abbandonata da Clem.
Nella speranza di prepararci, ci aveva supplicato incoerentemente di fidarci di lei.
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| Più intenso di un abbraccio |
Non lasciatela andare, non permettete che un'empietà calcolata cancelli un lento consolidarsi di fiducia ed affetto.
Gli eventi e la nostra dedizione hanno ridotto drasticamente le sue opzioni e l'ha fatto per noi.
Si è messa volontariamente in pericolo per aiutare Clementine a vedere ciò che ancora le sfuggiva, ha consapevolmente giocato il tutto per tutto per aiutare una persona che avrebbe potuto finire con l'odiarla.
Dopo le parole di commiato di Kenny, così leggere e dolci, le lacrime di sollievo di Jane e la rinnovata determinazione di Clementine nel non piegarsi, non per necessità o sopravvivenza fine a sé stessa, quanto piuttosto nell'accettare che per proteggere i propri cari non si possa evitare di ferire qualcun altro, non posso che, con gli occhi lucidi, convenire di aver raggiunto il finale migliore tra quelli possibili in una storia disperata e struggente.
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| Clem, Jane and AJ |
È quindi con un sorriso soddisfatto che spingo Clem a puntare la pistola all'indirizzo della famiglia bisognosa in avvicinamento, per farli desistere dall'entrare nel nostro rifugio.
Non per cattiveria o per rivelare la fondatezza delle insinuazioni di Carver, quanto perché, mentre si avvicinavano supplicanti, nonostante provassi l'impulso empatico di accoglierli, non ponevo attenzione alle implorazioni della donna o al viso spaurito del bimbo, quanto piuttosto al fare sempre più aggressivo dell'uomo ed in particolar modo alla sua mano tenuta continuamente nascosta dietro la schiena.
- E se fossi pericoloso? - sbotta infine quest'ultimo, disperato.
- E se lo fossi io? - chiosa decisa Clementine, estraendo la sua pistola, non per freddezza, non per spavalderia, ma perché non può più permettersi di anteporre il bene degli altri dinanzi a quello dei suoi cari.
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| Solo una domanda, ma a cosa pensavano l'89,6% dei giocatori? |
lunedì 9 novembre 2015
Youtube I can not - Bugger off!
Scorrazzare felice nelle amene lande africane ha riacceso il piacere di far stridere un po' di gomme sull'asfalto, giacché non si può filmare solo gente che di spada ferisce o di AK47 perisce.
Unitevi dunque a me nel celebrare il pilota Nababbo Losco detto Rozzo, per ovvi motivi che traspariranno dalla qualità della sua guida, unico pilota e felice proprietario del team di corse Abbrancamuri, nome romanticamente fedele all'approccio del pilota stesso alle curve.
Muniti della vostra migliore imitazione da commentatore televisivo leggete pure a voce alta il testo in coda al video e avrete opportunamente eliminato la necessità che io registri e sincronizzi alcun superfluo commento audio.
La mia pigrizia vi ringrazia.
Evitando sdegnosamente le gare giapponesi di derapata, che con fare altezzoso ignoro scontroso, ho avuto l'inaspettato piacere di scoprire le sfide tra due prodi che cercano di battersi in un tortuoso percorso montano in una gara a tempo e nella quale l'inseguitore viene penalizzato nei contatti.
È grazie a quest'ultima regola se non impongo la mia presenza sul fanalino di coda del mio predecessore.
Mantenendo quindi le dovute e rispettose distanze non posso però permettergli di allontanarsi troppo, limando secondi preziosi per la vittoria.
Limatura che però non sottraggo alle gomme, in un continuo prodigare di fumo bianco molto d'effetto.
Evidente è quindi la differenza tra la mia guida imprecisa e quella più pulita della pimpante vettura nipponica, esentata dal nervosismo che invece impera nella mia cabina di pilotaggio.
Fedele alle tradizioni non posso che immolare il paraurti anteriore alla prima curva utile, schiacciato impietosamente dalla vettura troppo impegnata a proseguire la sua folle corsa, in un gesto che i fedelissimi della scuderia non potranno che apprezzare.
Nonostante l'esuberanza dell'impreparazione e il divario tecnologico che ci separa, non permetto che sia anche lo spazio a dilatarsi, rimanendo stoicamente puntato sulle terga metalliche che guidano ormai ogni mia mossa.
La pressione esercitata dalla mia sagoma vorace nel suo specchietto retrovisore si tramuta gradualmente in insicurezza nel cuore del pilota in testa, portandolo ad una guida più spregiudicata e meno efficace.
Esattamente dove lo volevo, cioè nel mio campo di pertinenza.
Da signore incontrastato dell'imperizia e della mancanza di buon senso, lanciato a velocità folle su un sentiero serpeggiante tra i monti del Giappone, spingo ancor di più il muso della bestia ruggente sulla preda insicura e, in un magistrale colpo di cu... mano, infrango il suo dominio irrompendo all'interno della sua traiettoria, evitando scrupolosamente l'impatto con una frenata che miracolosamente non si tramuta in una devastante perdita di controllo.
Abbrancato stavolta il volante, in mancanza di un muro apposito, incredulo per aver evitato un contatto ahimè fin troppo atteso, sfreccio leggero negli ultimi metri che mi separano dall'alloro, davanti ad una folla acclamante o più prosaicamente con il fumo delle gomme negli occhi e nella bocca.
È grazie a quest'ultima regola se non impongo la mia presenza sul fanalino di coda del mio predecessore.
Mantenendo quindi le dovute e rispettose distanze non posso però permettergli di allontanarsi troppo, limando secondi preziosi per la vittoria.
Limatura che però non sottraggo alle gomme, in un continuo prodigare di fumo bianco molto d'effetto.
Evidente è quindi la differenza tra la mia guida imprecisa e quella più pulita della pimpante vettura nipponica, esentata dal nervosismo che invece impera nella mia cabina di pilotaggio.
Fedele alle tradizioni non posso che immolare il paraurti anteriore alla prima curva utile, schiacciato impietosamente dalla vettura troppo impegnata a proseguire la sua folle corsa, in un gesto che i fedelissimi della scuderia non potranno che apprezzare.
Nonostante l'esuberanza dell'impreparazione e il divario tecnologico che ci separa, non permetto che sia anche lo spazio a dilatarsi, rimanendo stoicamente puntato sulle terga metalliche che guidano ormai ogni mia mossa.
La pressione esercitata dalla mia sagoma vorace nel suo specchietto retrovisore si tramuta gradualmente in insicurezza nel cuore del pilota in testa, portandolo ad una guida più spregiudicata e meno efficace.
Esattamente dove lo volevo, cioè nel mio campo di pertinenza.
Da signore incontrastato dell'imperizia e della mancanza di buon senso, lanciato a velocità folle su un sentiero serpeggiante tra i monti del Giappone, spingo ancor di più il muso della bestia ruggente sulla preda insicura e, in un magistrale colpo di cu... mano, infrango il suo dominio irrompendo all'interno della sua traiettoria, evitando scrupolosamente l'impatto con una frenata che miracolosamente non si tramuta in una devastante perdita di controllo.
Abbrancato stavolta il volante, in mancanza di un muro apposito, incredulo per aver evitato un contatto ahimè fin troppo atteso, sfreccio leggero negli ultimi metri che mi separano dall'alloro, davanti ad una folla acclamante o più prosaicamente con il fumo delle gomme negli occhi e nella bocca.
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| Pink is the new scansati! |
sabato 7 novembre 2015
Facebook Chronicles - Predatore inappetente
3 luglio 2014
Le limitazioni tecniche possono portare ad eventi imbarazzanti, laddove un output audiovisivo incompleto può indurre all'input infamante.
Nababbo, ma di cosa parli?
Niente, stavo giocando a Tokyo Jungle, cercando di sopravvivere con il mio gatto di seconda generazione, e complice la telecamera che nasconde parzialmente quella che penso essere una pecora, lancio all'attacco il suddetto felino casalingo sulle natiche pelose e smodate di un dannato orso polare.
Il candido urside si è risentito dell'avvenimento, incapace di cogliere l'ilarità della cosa.
Permalosone.
Nababbo, ma di cosa parli?
Niente, stavo giocando a Tokyo Jungle, cercando di sopravvivere con il mio gatto di seconda generazione, e complice la telecamera che nasconde parzialmente quella che penso essere una pecora, lancio all'attacco il suddetto felino casalingo sulle natiche pelose e smodate di un dannato orso polare.
Il candido urside si è risentito dell'avvenimento, incapace di cogliere l'ilarità della cosa.
Permalosone.
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