martedì 21 agosto 2018

Il fallimento dell'inquisizione

Niente evidenzia quanto l'avere un gran numero di risorse a propria disposizione ma legate a doppio filo ad un'entità puramente commerciale sia più a detrimento dell'opera che averne molte di meno e fare di necessità virtù.
Con ancora il ricordo fresco del piacere di una bella partita a Tyranny nel cuore, le prime nove ore di Dragon Age Inquisition sono un alquanto deludente preambolo.
Proprio parlando di Tyranny della Obsidian avevo a dire che una delle sue maggiori qualità fosse il suo focalizzarsi su quello che poteva fare meglio, senza distrazioni o dispersioni varie, quello che invece fa il terzo capitolo di Dragon Age è sbatterci in alcune aree immense, perché open world è una delle parole chiave che un finanziatore vuole vedere all'inizio della lista delle caratteristiche, tentare di convincerci che il raccogliere 11.000 cazzabubboli vari ed eventuali sia assimilabile ad un'attività degna del nostro tempo, piazzare le dovute coordinate GPS perché il vero scopo di aggirarsi in venti chilometri quadrati è solo il consumo di suddetto tempo, mettere trenta cadaveri da cui raccogliere trenta indizi o lettere per avere trenta quest da una botta e via e aspettarsi che noi si gioisca quando, saltuariamente, la storia principale faccia un passo avanti e ci regali una scena animata.
La pausa tattica nei combattimenti, almeno con un controller, è più scomoda che utile e non oso immaginare chi possa voler affrontare un titolo tanto mediocre alzandone il livello di difficoltà e pertanto aumentando esponenzialmente la durata del supplizio.
Una delle prime abilità che ho sbloccato è una catena che aggancia nemici distanti e li trascina con sé, distruggendo in un istante ogni velleità tattica degli scontri, condannando arcieri o maghi, anche molto distanti o in posizioni sopraelevate, ad essere quasi teletrasportati a portata di ascia bipenne, senza contare che i nemici tendono ad apparire dal nulla vanificando ogni tentativo di preparare il terreno.
Qualche dialogo sembra ancora mantenere una certa cura, soprattutto per quanto concerne i personaggi, come il riferimento en passant di Cassandra sulla villosità del petto di Varrick da ammirare e condividere con Leliana.
Le immani moli di testo che fanno parte del codex, racchiudendo informazioni che approfondiscono le nostre conoscenze di questo peculiare mondo fantasy stavolta sono così poco interessanti (forse non loro in sé, più il fatto che vengano svilite essendo accomunate ad un titolo tanto mediocre) che ne ignoro gran parte, conscio dell'ironia che tanto lavoro così certosino sia di secondaria importanza davanti alla lista delle caratteristiche che la Electronic Arts è convinta siano di maggiore importanza.
Ovunque poi è pieno di risorse da raccogliere, erbe, minerali, pelli, perché era il 2016 e che fai, non ci metti un sistema di crafting?
Le Hinterlands, la prima vera mappa del gioco, è enorme e la passi affrontando sempre quei quattro nemici messi in croce, umani templari o maghi o banditi, cani o orsi, demoni, finché non finisci davanti ad un simpaticone col doppio dei tuoi livelli e allora ricarichi e torni indietro, tanto ripassare in zone già visitate, perché il tuo tempo è denaro, è mandatorio, non vuoi infatti che una nuova quest abbia aggiunto nuovi segnalini laddove giochi più seri ti permettono di iniziare la stessa cerca anche solo trovando direttamente l'oggetto di interesse, anche per caso?
Sembra proprio di giocare con un MMORPG ma in solitaria e dal mio punto di vista non c'è condanna peggiore per un gioco di ruolo.



Uh è grosso! L'informatore
Minchia è tanto! INGenuo
La fine del mondo! Destratto ma tanto proprio
Un fantasy epico! Il descrittore oggettivo
Ridefinisce la scala degli RPG! Lo spazio dei games è nel fondaco
Ce lo devi avere pefforza! L'UE
Le sciocchezze pubblicitarie prese in prestito da recensori da pollaio.


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