venerdì 19 gennaio 2018

Good old gaming in the year 2017

Incapace ed indolente nel voler presentare un qualsivoglia formato critico di qualsiasi spessore, mi limiterò a mettere per iscritto alcuni pensieri sparsi e quanto mi è rimasto in mente di alcuni dei giochi che mi hanno intrattenuto e stupito nell'anno passato con il minimo comun denominatore assegnato alla loro provenienza.

Tomb Raider (l'originale)


Correva l'anno 1996 e sulla mia fiammante o claudicante, ora non ricordo bene, Playstation di prima generazione, girava un gioco dalle potenzialità all'epoca spaventose (originale ma in un incomprensibile francese).

Al di là delle tette piramidali e del sedere cubico, l'ingresso nella caverna del primo livello nelle Ande mi lasciò con la bocca aperta, senza parlare dell'evocativa colonna sonora, perlopiù silente ma pronta ad enfatizzare misticamente luoghi già magici e non fatemi cominciare a parlare della bellezza e limpidità dell'acqua.
Col tempo familiarizzai con l'impostazione a scacchiera del mondo tridimensionale ma un'eco della magia dell'epoca riverbera ancora nel mio cuore.
Probabilmente uno dei titoli che io abbia rigiocato di più in assoluto e di cui solo nel 2017 ho potuto "apprezzare" i dialoghi.
Il secondo e terzo capitolo sono andati per una strada non esattamente a me congeniale anche se l'azione era più godibile.
The Last Revelation si concentra invece maggiormente sull'aspetto della riscoperta di antichi luoghi e salvo alcuni piccoli difetti è secondo solo al capostipite.
Giocabili oggi con un po' di sacrifici e un indispensabile Joytokey.

HD!

SOMA


Forte dell'esperienza con Amnesia e della nomea degli sviluppatori ero pronto ad arrancare penosamente attraverso gli ambienti bui e sottomarini di quello che sorprendentemente si è rivelato poi un gioco di scoperta ed esplorazione più che di un vero e proprio titolo dell'orrore, sebbene ci sia più di una sezione che non lesina in palpitazioni.

Una storia molto interessante si conclude degnamente dopo l'attraversamento di zone davvero evocative con la parte del leone costituita da creature così bizzarre che i primi tentativi di interazione porteranno a risultati insospettabili.
Oggi è disponibile anche una mod ufficiale che permette di godersi Soma senza doversi preoccupare di qualche fastidioso incubo degli abissi.

Deliri splendidamente recitati tra l'altro.

Day of the Tentacle


Sebbene il mio cuore mi dica Monkey Island, Day of the Tentacle è indubbiamente l'avventura grafica migliore di sempre con i suoi enigmi ben congegnati che incrociano tre differenti protagonisti in tre epoche storiche diverse senza farsi mancare un umorismo di prim'ordine.

Completato ad anni di distanza grazie in piccola parte alla memoria e molto ad un cervello si spera maturato per il meglio, ho sofferto comunque come un cane per quel maledetto martello. Che poi era pure lì. In bella vista. In tutto il suo essere marrone. Come la scala. Maledetti.

Come non fidarsi di un genio del male?


Full Throttle


Breve, con delle sezioni arcade da pelle d'oca (quella sbagliata, quella che morde) e un'ambientazione che sembrava così fuori posto rispetto alle precedenti avventure, mi aveva lasciato dei ricordi non proprio rosei.

Rigiocato da adulto ho potuto apprezzarne la brevità, che in una storia del genere è molto meglio del tirarla per le lunghe, i dialoghi e soprattutto i personaggi.
Le parti arcade sono ancora fonte di fastidio misto a rancore, va detto.

Ha una faccia da schiaffi. Ne riceverà più di uno.

Indiana Jones and the Fate of Atlantis (al netto di marchi registrati e tradermark vari)


A proposito di facce da schiaffi.
Altro capolavoro Lucasarts con uno dei personaggi più amati del cinema di una certa generazione qui in un'affascinante avventura (che molti hanno speculato venisse ripresa da Spielberg ma poi si fece quella storia bellissima di teschi di crist...rmmr - mal di pancia) che si permetteva di far scegliere tra tre direzioni distinte, prediligere l'azione, con enigmi più semplici e un sistema di combattimento un tantino macchinoso, una tutto cervello e l'unica scelta sensata di collaborare con Sophia Hapgood, miglior spalla di Indy in assoluto.
Avvincente sebbene la parte finale sia un po' una sofferenza.

Meglio far parlare lei.

Dreamfall: The Longest Journey


Giocato nel 2006 su di una scricchiolante ma traslucida Xbox rimasi estasiato dalla storia e non vedevo l'ora di vedere come si sarebbe risolto il finale con colpo di scena bastardo nel seguito.

Poi la ditta si spostò su altri progetti, passarono gli anni, il designer originale si separò dall'azienda e grazie al crowfunding tirò fuori dalla sua testa il finale e ce lo porse gentilmente in episodi nel 2014.
Finale che debbo ancora sperimentare, per inciso, ma ormai ho il callo.
Forse la parte che preferisco di più è proprio all'inizio, dove si è una ragazza scontenta nei suoi rapporti col padre e gli amici che non proprio piano piano si vedrà invischiata in qualcosa di molto più grande di lei.
L'illusione di avere chissà quali scelte è una medaglia alla credibilità del mondo ritratto.

Godetevi l'assolata metropoli africana finché potete.

Immortal Planet


Un sunto molto efficace di un soulslike, con grafica bidimensionale, arene rigorosamente con angoli retti, animazioni essenziali e non certo una grande varietà di nemici ma un sistema di combattimento preciso, soddisfacente e vario, un armamentario fantasioso ed una generale bastardaggine diffusa, soprattutto nei boss.

Alla fine è anche piuttosto breve ma la voglia di tornare e sperimentare nuove idee e la possibilità di complicarsi ulteriormente la vita lo mantengono fresco e godibile.
Precisione o son dolori.

Thimbleweed Park

A proposito di vecchie glorie questo è un gioco espressamente dedicato a quanti hanno nostalgia delle avventure di tanto tempo fa ma fortunatamente riesce a non essere un delusione pazzesca.
Graziato per nostra fortuna da un'immancabile comicità che non indispettisce, sacrifica sull'altare della modernità alcune soluzioni che lo rendono giocabile senza sofferenze.
Gli enigmi non sono pochi e la varietà dei personaggi garantisce una certa complessità anche se le soluzioni sono lì per chi è attento a coglierle.
La storia di questa bizzarra cittadina nella quale un omicidio dà il via alle danze si mantiene interessante fino alla fine, sebbene la conclusione non sia facile da mandare giù come un bicchiere d'acqua.
Randall ha comunque quello che si merita.

Ad un passo dall'ennesimo contrattempo.

Hellblade: Senua's Sacrifice


Li ho scoperti con Heavenly Sword, mi sono piaciuti con Enslaved: Odyssey to the West, li ho adorati con DMC Devil May Cry e li stimo davvero per Hellblade.

Riappropriandosi di uno spazio lasciato vuoto tra i giochi tripla A e gli indipendenti questi intraprendenti inglesi hanno tirato fuori non solo la storia evocativa di una giovane donna celta che si inoltra nel regno dei morti vichingo per reclamare l'anima del suo amato (un classico) ma hanno compiuto un'opera grandiosa nella rappresentazione delle psicosi che affliggono la protagonista.
Un guazzabuglio di voci che confondono tanto noi quanto Senua non mancano di evidenziare scelte compiute, rimorsi e se poi te ne penti da antologia, tra incubi ed allucinazioni che ci lasciano sempre dubbiosi su quanto stia avvenendo.
La direzione artistica e la recitazione sono stellari e il gioco alla base c'è e funziona sebbene non siamo ai livelli eccelsi di un sofisticato DMC.
E sì, ci ho messo un po' a realizzare che il nostro mentore era un attore in carne ed ossa abilmente mascherato da effetto speciale.

Semplice, funzionale e appagante.

Hollow Knight


Rimaniamo in ambienti decadenti e mistici, con cura maniacale dei dettagli ed una grafica ed animazione a far da compagnia ad una giocabilità grandiosa.

Frutto della commistione tra i metroidvania e i soulslike, a sorpresa riesce ad essere forte in entrambi i reparti, sollazzando tanto il giocatore che anela a combattimenti precisi ed eleganti, con molteplici avversari dalle svariate caratteristiche spesso abilmente miscelati, accompagnati da numerosi e spietati boss che l'esploratore che si inoltra in quel dedalo sotterraneo, deciso ad riportarne ogni angolo sulla mappa, che nella sua vastità ed interconnessione non può che ricordare, efficacemente, Lordran.
Un nutrito gruppo di enigmatici NPC arricchiscono le scoperte e sebbene ogni area tematica sia sostanzialmente una variazione di una caverna un uso accorto dei colori dona loro personalità.
Darete tutto un altro significato agli hollow (esseri vuoti) quando per un insetto è piuttosto normale cambiare forma e lasciarsi un guscio vuoto alle spalle.



TACOMA


Su questa stazione orbitante è successo qualcosa (ma quando mai) e noi siamo lì per recuperare l'IA e scoprire cosa ne è stato del piccolo equipaggio.
In un'evoluzione dei cari vecchi audio log che hanno esordito proprio su di un'altra nefasta installazione spaziale occupata da una ormai storica IA un tantinello ostile, qui tutto il gioco orbita intorno alla rappresentazione di brevi estratti della vita di queste persone nelle quali muoversi tridimensionalmente usando tanto i comandi tipici di una riproduzione audiovideo quanto lo spazio nel quale avvengono.
Un'ottima scrittura accompagnata da una recitazione di buon livello garantisce che rimarrete col fiato sospeso fino a quando non saprete cosa è successo a quel maledetto gatto.
Pochi membri ma delle fogge più diverse.

Divinity: Original Sin

Dopo un numero non indifferente di produzioni tra il mediocre e l'appena sufficiente (ma sempre godibili) salta fuori che se lasciati fare i Larian Studios sono in grado di dettare legge nel campo degli RPG.
Liberi di approfondire a loro piacimento la complessità delle dinamiche ed interazioni tra le parti della loro creazione hanno sfornato uno dei giochi di ruolo più genuinamente piacevoli da giocare.
Credevate che il massimo a cui si potesse aspirare fosse il potersi comportare come un santo o come un bambino capriccioso e stupido (lo standard accettato per l'opposto alla santità) per avere un gioco di ruolo moderno? Magari provate ad aggiungere un mondo reattivo che vada al di là del "tizio x si ricorderà questo" (cioè nove volte su dieci ci sarà un conflitto extra nel quale lo asfalterete) e permettete al giocatore di inventarsi una soluzione con i mezzi messi a sua disposizione, rendendo utili attributi e caratteristiche che altrimenti sono solo numeri messi lì per dare un vago senso di progressione (Assassin's Creed Origins).
Una vena di umorismo che non guasta a far da compagnia alla inevitabile epicità degli eventi e la curiosità, che poi diverrà inevitabilmente un must, di stirare, cercando il punto di rottura, un incontro per avere ogni vantaggio possibile.
Come quando un certo fantasma pirata, osso duro forte delle sue evocazioni, si è lasciato sfuggire un ladro che si è intrufolato alle sue spalle prima della sfida per avvantaggiarsi della sua ballista magica...
Il grande baffo.

Stasis

Mistero, orrore a secchiate, soprattutto del genere frattaglie ammucchiate e una storia fondamentalmente disperata in questo Dead Space giocato come un'avventura grafica.
Un impianto audio altalenante (non giocatelo con le cuffie, quando partirà a caso il file audio dell'urlo raccapricciante mi ringrazierete) e la scelta infelice di mettere diversi testi da leggere in sovrimpressione ad uno sfondo con luci lampeggianti in una particolare area non demoliscono più di tanto una sana avventura a base di brivido, terrore e raccapriccio.
Più breve ma tecnicamente migliore e più godibile l'episodio extra Cayne che ha anche il non indifferente vantaggio di essere gratuito.
Solo non lasciatevi cullare dalla novità di un personaggio con un certo grado di senso dell'umorismo perché l'aria che tira è sempre nefasta.
Grafici sono pure i vari SPLUORCH! che sentirete.

Stories Untold

Meno parlo di questa breve raccolta di episodi, meglio sarà per chi avrà la voglia e fortuna di provarli.
Attraverso l'utilizzo di macchinari altamente tecnologici, per gli anni ottanta, si rivelerà il filo conduttore che unisce quattro storie apparentemente aliene.
La sigla da sola vince il premio Stranger Things.
Tutto normale qui.

Shardlight

Post apocalisse.
Una civiltà ricostruita sullo sfruttamento dei più ad opera dei meno.
Noi facciamo parte dei più.
Noi si vuol aggiungere un meno ai meno.
Ma non è matematica, perché nella frase meno i meno il primo è un verbo.
È una gran bella avventura grafica, dalla storia ben ritmata e con una protagonista in gamba, tanto per cambiare, spero solo vi piaccia il giallo in tutte le sue declinazioni.
Il giallo è il colore, perché il genere è riscatto sociale.
Che qui il colpevole è ben noto a tutti.

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