venerdì 26 gennaio 2018

Pretty much everything else in the year 2017

Severed

Primo e tuttora unico frutto della mia esplorazione di quanto disponibile di scaricabile sulla WiiU, si è anche rivelato una rielaborazione divertente dei vecchi giochi di ruolo per computer in soggettiva con i movimenti di casella in casella e giri di novanta gradi per volta.
L'ambientazione suggestiva e l'uso di colori alquanto acidi fanno da sfondo ad una storia semplice ma piuttosto sentita ed un combattimento reso giocoso dall'implementazione intelligente dello schermo tattile.
Raccogliendo i vari pezzi che sottrarremo ai mostri (come nel più classico stile da samurai, laddove la separazione di un braccio dal suo originale possessore ne trasferisce la proprietà all'offensore) ci potenzieremo man mano in vista della sfida con il drago che ha rapito la nostra famiglia.
Rosso, viola, blu, ve li ricordate?

ZombiU

Nelle intenzioni di Ubisoft doveva essere la killer application per il paddone della WiiU e non si può negare che abbiano provato a dargli un senso, tenendolo come schermo secondario con funzioni di mappa e gestione dell'inventario (simulando il rischio di rimestare nello zaino senza una pausa ad hoc) e ci sono parzialmente riusciti.
Il gioco in sé è un piacevole, se mi passate il termine per un gioco dell'orrore, titolo di sopravvivenza ad un'epidemia di zombie che ha devastato Londra e nella quale dovremo muoverci agli ordini di un saccente survivalista in una serie si missioni che ci porteranno anche a Buckingham Palace.
Francamente la parte migliore è quella nella quale prenderemo a pagaiate in testa il 99% dei morti ambulanti che incontreremo, fatto salvo per quelle rare occasioni nelle quali ci concederemo l'uso di un'arma da fuoco se non addirittura dell'esplosivo.
Iniziato a livello di difficoltà normale ho presto optato per il livello più facile perché francamente martellare il capo ottuso di un morto vivente ben cinque volte di fila per averne ragione non rende la sfida più impegnativa, solo più laboriosa e perditempo.
Sono comunque riuscito a morire ridicolmente nella sezione finale, quella dell'evacuazione, perché dopo un'intera partita giocata con precisione e sistematica attenzione sono indietreggiato in un falò per guadagnarmi lo spazio adeguato a fucilare una guardia reale assatanata.
Ecco invece la colorazione tipica di un titolo tripla A.

The Legend of Zelda: Breath of the Wild

Per molti ma non per tutti il supremo vincitore del 2017.
Io posso dire solo che mi sono perso per questa Hyrule percorribile in lungo ed in largo per buona parte dell'estate, sempre piacevolmente stupito dalla quantità di piccole e grandi scoperte da fare e che ho molto apprezzato la versione ridotta e concentrata dei vecchi dungeon riproposti qui nei vari santuari da ripristinare (118 tutti da solo).
A parte la grafica deliziosa, le animazioni curatissime, le musiche piacevoli, il combattimento sfizioso e vario, le galoppate al chiaro di luna o sotto il solleone, le piogge improvvise ed incessanti proprio mentre stavo per scalare quel benedetto picco, le varie condizioni ambientali che richiedono approcci coscienziosi, la realizzazione di poter finalmente sfidare le macchine ambulanti con il raggio della morte e tante altre cose che più ci penso più tornano in mente, le due principali caratteristiche che mi hanno sedotto di più sono la cura con la quale il mondo è stato costruito per istigare la curiosità del giocatore e condurlo in posti di grande interesse e le continue scoperte possibili armeggiando con quanto disponibile, per esempio quando si vedono per la prima volta gli effetti di un pollo colpito da un nemico o il provare e riprovare a cavalcare un cervo e scoprire che sì, è possibile.




Bayonetta

Ok, la prima volta che lo giocai su Playstation 3 non mi fece poi questa grande impressione (a ben vedere è stata la versione peggiore) e una volta completatolo lo rimisi sullo scaffale e tanti saluti.
Nel corso degli anni ho poi avuto modo di leggere parecchio sul perché non ci abbia capito una mazza ed alla fine eccomi qua con una console usata presa quasi esclusivamente per tutti e due gli attuali capitoli.
Rigiocato proprio recentemente non ho potuto fare a meno di mordermi le labbra per la pessima prestazione passata, troppo tradizionalista e poco incline alla sperimentazione, perché sì, il gioco vanta parecchie sfumature che possono sfuggire ad un occhio distratto.
Non mi metterò anche io a ripetere ciò che molti altri hanno già detto sulla profondità e relativa accessibilità che contraddistingue il sofisticato sistema di combattimento, posso solo affermare che è un piacere da giocare ad ogni livello, sia che siate un inesperto alle prime armi sia che siate Mr. Dante Must Die or go home.
La sezione dell'autostrada e quella sul missile possono comunque andare all'altro paese oggi come allora.
Su, non si faccia pregare.

The Last Guardian

Gioco con cui ho inaugurato la mia nuova fiammante Playstation 4, priva di Pro, VR e finanche di uscite audio e ad oggi unico giocato sulla suddetta, ho lottato a lungo con le animazioni del giovanissimo protagonista, trovandole spesso uno scomodo orpello alla controllabilità del personaggio.
Tutto un altro discorso invece per quanto concerne il suo compagno, il maestoso cucciolo alato e piumato in cui molti vedono un cane dai tratti felini. Un tripudio di coccolosità francamente fuori scala.
Come siano riusciti a tirarne fuori un gioco intero nonostante il lunghissimo periodo di gestazione rimane un mistero ma ciò che è rimasto della visione originale vale il prezzo del biglietto.
Non c'è davvero null'altro di simile in giro e la peculiare aura di gioco alla Team ICO che lo pervade non fa che approfondirne il carisma.
Ha diversi difetti che non sto ad elencare ma una bestia virtuale così presente nel suo mondo non l'avevo mai vista prima d'ora.
Sleeping beauty

Castelvania: Lord of Shadow - Mirror of Fate

Se il primo si era rivelato quasi un capolavoro tanto quanto il secondo sia sinonimo di pernacchia, questo spin-off si piazza nel mezzo della più centrale mediocrità.
Bidimensionale nello spirito e con l'infelice idea di giocarsela nella stessa categoria degli illustri, originali, per inciso giapponesi, predecessori, tenta di far finta che noi non si sia mai sentito parlare di un tale Symphony of the Night.
Anche senza scomodare la vetta, questo si rivela un semplice passatempo che inizierete incuriositi e terminerete quasi meccanicamente.
Il cugino di terzo grado dei Belmont.

Il Professor Layton e l'eredità degli Aslant

Sesto? Sesto capitolo (e già neanche l'ultimo) della saga del buon professore che alla sua conclusione ha sconvolto quanto credevo di sapere della sua cronologia portandomi per un agghiacciante momento a considerare l'idea di ripartire dal lontanissimo the Curious Village come la leggendaria Contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare con l'unica conclusione poi di mozzarmi non già il mignolo con anello pastorale quanto i miei modesti attributi.
Forse l'aria di bonaccia che si respira in questa ultima (si fa per dire) avventura mi ha un po' contagiato perché, fermo restando il piacere di risolvere piccoli bocconi di enigmi, tutti generalmente gradevoli tranne quelle odiose tessere da riordinare, di cui il mio cervello deficita decisamente le dovute attitudini, la storia a spasso per il fantasioso globo di una non ben chiara era industriale/moderna non mi ha coinvolto particolarmente, deludente considerando che qui si chiude la maxi storia sulla civiltà scomparsa degli Aslant che mi pare abbracci ben tre titoli.
I giochi della serie Layton rimangono comunque un passatempo che è capace di divenire una piacevole abitudine per settimane.
Col vantaggio di farvi sentire intelligenti di tanto in tanto.

Metroid: Samus Returns

Il primo Metroid a degnarsi di tornare sui metroidvania su console Nintendo ed è discreto?
Come già detto da altri illustri personaggi nel corso degli ultimi anni sono usciti alcuni esponenti del genere di notevole qualità ed inventiva e presentarsi ora con un gioco che fa tutto bene ma non si impegna di più è un po' un peccato.
Ricchissimo di azione, con un paio di boss divertenti (ed uno davvero fastidioso, non nel senso di difficoltà ma di tediosità nell'affrontarlo), con comodi teletrasporti in giro per i livelli, un'arma che diventa presto davvero letale e alcuni segreti che costringono ad usare il cervello si ha un pacchetto di tutto rispetto. Un discreto pacchetto.
Un bel po' di colori acidi anche qui.

Phoenix Wright Ace Attorney

Un vecchio classico che nasconde dietro la facciata da visual novel un dramma da aula di tribunale distopica nella quale spetta all'avvocato difensore fare quasi tutto il lavoro, dove i procuratori fanno un po' come gli pare ed il giudice è lì a metterti fondamentalmente fretta perché il processo può durare al massimo tre giorni e se non si dimostra l'innocenza dell'imputato gli spetta la pena di morte. Il tutto alleggerito da una comicità tipicamente giapponese che tenta di sorvolare sulla disumanità di un sistema legale che piacerebbe ad un sacco di gente, fintantoché imposta a chi non gradisce.
Ma se questa impostazione serve a qualcosa è ad enfatizzare il momento eureka nel quale scoprirete la contraddizione determinante a far collassare la tesi dell'accusa e da lì a valanga ogni suo tentativo di recupero.
Come forse si intuisce dalla premessa, il gioco non si fa problemi a descrivere e far analizzare omicidi fittizi in cerca di prove.
Maturo, simpatico e con un'ambientazione un po' disturbante presenta casi via via più complicati ed ingarbugliati.
Mirabili le animazioni che denotano il crollo della sicumera degli autori dei complotti.
Anche qui si parla di una saga bella lunga.

Overwatch

Gioco multigiocatore a squadre che mi ha accompagnato per buona parte dell'anno, dalla grandissima cura realizzativa, con notevole varietà di personaggi e mappe, con tanti eventi stagionali studiati per rinnovare l'interesse, molto divertente da giocare ed appagante da padroneggiare, minato fondamentalmente da due problemi relativamente importanti a seconda della vostra sensibilità.
In primo luogo è popolato soprattutto da giovani e giovanissimi, pertanto armatevi di pazienza e tenete pronto il dito per silenziare la chat e mettere debitamente in ignora gli individui più spregevoli.
Razzismo, omofobia, misoginia, generale ignoranza e ignobiltà faranno del loro meglio per ricordarvi che questa massa di asini diventerà a breve la popolazione media di un qualsivoglia paese occidentale, con diritto di voto e peso nelle decisioni politiche che determineranno la probabile fine della loro nazione.
Poi c'è la questione che più il tempo passa e maggiore diventa l'intento della Blizzard Activision di venderti prodotti cosmetici accessori del tutto superflui.
Niente di sconvolgente, sebbene rimanga a mio avviso sconfortante, eppure con l'accumularsi delle ore il peso aumenta e quando ti rendi conto che stai giocando in arcade fondamentalmente per il loot box promesso allora è il tempo di farsi una paio di domande.
In netta contrapposizione con Vermintide, per esempio, il cui minor numero di giocatori e la media di età maggiore mi permette di ridurre al minimo le interazioni spiacevoli e che gioco quasi esclusivamente per il piacere di affrontare determinate mappe (chi ha detto the Cursed Rune?).
Insomma, se nello spazio dedicato ad Overwatch ho trovato il modo di parlare di un gioco dai valori produttivi decisamente inferiori ma che preferisco qualcosa vorrà pur dire, no?
Da giocare di tanto in tanto senza farsi coinvolgere da alcuna smania.




domenica 21 gennaio 2018

A Steam machine in the year 2017

Wolfenstein: The New Order

Prendere un'idea trita e ritrita e farne uno dei migliori sparatutto degli ultimi anni, in gran parte grazie agli occhioni da cucciolo del protagonista.
L'idea trita? Il solito, arianissimo Blazcowicz si scatena nuovamente contro un sorprendente (non più nel 2017, purtroppo) numero di nazisti che assieme al protagonista vengono passati sotto una lente che aggiunge loro un po' di profondità.
Sostituita la componente sovrannaturale con un futuro alternativo nel quale il Reich ha trionfato grazie ad una tecnologia superiore e concesse al protagonista velleità da commando se non proprio da Rambo, il gioco è servito.
Insomma, se intrufolarvi in una prigione a Berlino al suono ovattato di un coltello non è il vostro stile, potrete sempre sfondare una porta, far saltare tutto per aria con una granata e finire gli ultimi arrivati imbracciando un fucile a pompa sotto ogni ascella.
Se solo avessimo concesso loro di esporre il loro punto di vista con calma.

Alone with you

Gioco facilmente ignorabile dai più che però, forte anche del titolo, mi ha incuriosito ed è rimasto vivido nella mia memoria molti mesi dopo averlo finito.
È fondamentalmente la storia melanconica dell'unico sopravvissuto ad un tentativo di colonizzazione di un pianeta lontano con come unica compagna una intelligenza artificiale particolarmente preoccupata del suo benessere.
Percorrendo i vari ambienti della colonia ritroveremo i resti dei nostri sfortunati colleghi e ricostruiremo, a volte letteralmente, grazie al ponte ologrammi, le loro vite grazie alle informazioni che si sono lasciati dietro.
Si instaura ben presto un ritmo che ci vede esplorare, recuperare e conseguentemente interagire con questi ologrammi in un tentativo di venire a capo della situazione ed evitare il peso della solitudine. 
Ghost in the machine.

Oneshot

Rimanendo ben saldi sulla melanconia qui c'è qualcosa di unico, travestito solo superficialmente da un JRPG sebbene privo di qualsivoglia combattimento ecco un gioco che non si fa problemi ad osare con trovate particolarmente intelligenti che non mancheranno di stupire e deliziare, sfondando decisamente la quarta parete.
Siccome è un videogioco qui si parla di un ennesimo mondo che è letteralmente al lumicino, il sole si è spento e noi, arrivati qui chissà come, ne troviamo un sostituto che ci porteremo dietro in ogni dove, solo che, ingegnosamente addomesticati dalle varie trovate, capiremo che c'è un altro livello di lettura.
Nonostante sia un videogioco, Oneshot è sospettosamente cosciente di sé stesso.
Quota avverbi francamente fuori scala.

The Witness

Un'isola bellissima nella sua artificialità da percorre in lungo e in largo, da capire e decifrare, in cui ogni dettaglio non è casuale e il cui scopo rimane ben oltre l'orizzonte.
Se siete degli arroganti sapientoni come il sottoscritto vi lancerete come una pallina da golf sulle numerosissime variazioni di una singola idea che compongono gli enigmi, rimbalzando su ogni momentaneo intoppo verso una direzione diversa.
Completare la sfida donerà nuovo lustro al vostro ego e nuovo rispetto per l'autore che se vorrete mantenere intatto eviterete accuratamente di seguire su twitter, per quella brutta storia di opinioni dell'artista versus capacità creative di quest'ultimo.
Un luogo a tutti gli effetti.

Rome: Total War

Se tutta la serie di Mitridate Nabautore non lo avesse già abbondantemente rivelato, ho passato parecchie ore dilettandomi nella gestione del mio piccolo impero persiano.
Il gioco base è stato debitamente arricchito da un'apposita mod che mi ha permesso di approfondire le fazioni del mediterraneo orientale ma nulla toglie che questo vecchio strategico faccia ancora le scarpe al suo più spettacolare, sebbene solo nell'aspetto, successore.
Oggi ci sono molteplici ere nelle quali sbizzarrirsi tra i vari episodi della serie Total War ma l'età classica avrà sempre la precedenza nel mio cuore, anche se i colpi del Mortal Empire di wharammeriana origine sono sempre più forti e la resistenza delle mie mura vacilla.
Avrei anche giocato Ryse: Son of Rome ma siamo seri su.

Shantae and the Pirate's Curse

Tanto colore e un'altra concessione al classico.
Non c'è molto che possa aggiungere oltre al fatto che sia dannatamente divertente, non fatevi però ingannare dall'aspetto da cartone per bambini, il gioco non si fa nessuno scrupolo.
Ve ne accorgerete molto presto.

The Dream Machine

Sei capitoli usciti tra il 2012 ed il 2017 con un'incremento della qualità tra i vari episodi quasi esponenziale.
La prima cosa che vi colpirà sarà la veste grafica. Tutto il gioco è fatto a mano.
Fondali, personaggi, tutto costruito da zero con cartone, pongo e dio solo sa quanta colla ma il vero lavoro è nella storia che racconta.
Appena arrivati nel vostro nuovo appartamento non avrete nemmeno il tempo di disfare i vari pacchi che vi imbatterete nel segreto nelle viscere dell'edificio e da lì in poi sarà un viaggio tra i sogni dei vari vicini di casa in una gara per quanto vi è di più caro al protagonista.
Un'avventura grafica moderna che regala più di un'ambientazione indimenticabile (tra tutte la nave da crociera).
E questa è la vostra faccia.

Jotun

L'evocativo mondo sovrannaturale norreno, una guerriera destinata al Valhalla che muore come un comune mortale e viene benedetta dagli dei con una sfida per riscattare l'onore, il tutto con una veste grafica notevole e un sacco di spazi vuoti da percorrere.
Se c'è una cosa che appare chiara è la volontà di dipingere un mondo fantastico e farlo assorbire al giocatore cercando di non distrarlo troppo con inutili combattimenti sebbene si sia scelto l'impianto di un picchiaduro a scorrimento per farlo.
Boss notevoli intervallati da lunghissime camminate.
Ciò detto, i vari ambienti vi rimarranno sicuramente impressi nella memoria.
Me lo ricordavo diverso il fagiolo magico.

Transistor

Grandissima grafica, musica bellissima eppure la tagliola sulla vostra caviglia scatterà con l'ingegnoso gameplay con il quale non soltanto spazierete tra il combattimento in tempo reale e un più preciso e metodico sistema a punti azione ma che vi permetterà di personalizzare il vostro arsenale di abilità in una serie di numerosissime combinazioni.
Cambiando gli effetti di una semplice skill tra l'attivo e il passivo in base a quale slot le dedicherete, modificandone al contempo gli effetti, potrete creare delle variazioni che testate sul campo non potranno che compiacere il vostro ego ed il tutto è incoraggiato dalle mutevoli condizioni degli scontri che vi troverete ad affrontare, incentivando sempre un ulteriore aggiornamento.
E se la cantante protagonista è ironicamente muta potrete sempre farle mormorare delle melodie quando la vostra spada non sarà impegnata a parlarvi con la sua voce suadente.
Ciao


Sorcery!

Posso dirlo? Uno dei migliori giochi di ruolo di sempre.
Prendendo spunto dai vecchi libri game della serie, quelli dove si sceglieva un approccio e si veniva mandati ad una determinata pagina per vederne gli esiti, evidentissima ispirazione nel primo capitolo dei quattro che compongono la saga, il gioco poi si evolve talmente tanto in profondità e complessità nei successivi che la reale mole di interdipendenze, scelte e possibilità diviene afferrabile nella sua interezza solo alla conclusione dell'epopea.
Quando comincerete a pasticciare col tempo e lo spazio avrete appena uno scorcio dell'incredibile complicatezza degli ingranaggi che compongono questa macchina tutta al servizio di quello che sembrava una banale reiterazione del viaggio dell'eroe.
Qui si parla di voler ricominciare da capo non per seguire meramente una strada diversa ma per operare questa macchina con la rinnovata maestria che si è acquisita e scoprire che un nuovo di livello di consapevolezza del giocatore non solo è stato previsto dagli autori ma anche incastrato nella storia per permettervi di mettere in opera le nuove idee che al primo passaggio giammai vi sarebbero venute in mente.
Basta fare un giro a Kharé, Città delle Trappole per sapere quanto lontano sia possibile arrivare partendo da un semplice libro game.
Cast a spell! anche solo per vedere come usare un incantesimo in maniera non ortodossa.

Press X to Not Die!

Ridurre le scelte a un sistema binario, dopo le belle parole di cui sopra, sarebbe solo un sintomo di poca fantasia o budget ridotto. Oppure un ottimo sistema per farsi quattro belle risate alle assurdità concepite da questo breve film interattivo, con tutti i crismi delle produzioni CD-ROM dei bei vecchi tempi, storie sconclusionate, attori agghiaccianti, effetti speciali pacchiani e la curiosità di fallire ad ogni piè sospinto solo per vedere la fine ingloriosa del nostro eroe.




Brigador: Up-Armored Edition

Neon, fantascienza, isometria e prima che possiate sbottare un "Syndicate" una moltitudine di mech e mezzi più o meno corazzati coi quali imperversare nei vari quartieri di una città del futuro.
Piegate da soli le forze di difesa dell'ex dittatore o una delle fazioni che cercano di prenderne il posto in un gioco che fa della distruzione sistematica, con i propri gingilli preferiti, il fulcro dell'esperienza.
Perché per quanto sia generalmente appagante pilotare un colosso meccanico di svariate tonnellate sono tristemente ben pochi i giochi che si degnano di soddisfare tali desideri ed ancor meno quelli che schivino velleità simulative.
Solo a parlarne mi vien voglia di reinstallarlo.
Seconde alla bellezza delle luci sono solo le esplosioni.

Hidden Folks

Il trionfo degli effetti sonori a bocca, centinaia di versi, melodie, rumori prodotti direttamente dalle labbra dei due autori del gioco che donano personalità ad un passatempo che sostanzialmente vi richiede di trovare determinati personaggi in una moltitudine grazie ad alcuni azzeccati indizi, sebbene la parte più divertente rimanga il trafficare nei livelli alla scoperta di ogni punto di interazione.
Il perfetto killer di quindici minuti del vostro tempo.
Così tanto su cui pasticciare!

What Remains of Edith Finch

A mio modesto avviso, e a quanto pare da ciò che si legge in giro, non solo mio, l'apice della narrazione nel medium videogioco.
La scoperta, da parte dell'ultima rappresentante ancora in vita, delle sorti dei componenti della sua peculiarmente sfortunata famiglia, i Finch, di ritorno nella casa dove tutti loro hanno vissuto e a cui veniva sistematicamente aggiunta una nuova stanza per i nuovi arrivati, barrando e preservando al contempo quelle dei deceduti.
La punta di diamante dell'opera è tutta racchiusa nelle vignette che propongono il destino di ogni familiare e che risultano sempre in un gioco diverso e spesso in un vero e proprio colpo di genio.
Delle tre ore e poco più che passerete con Edith e la sua famiglia vi rimarranno molte emozioni da ricordare.
Ovviamente la casa e ciò che vi è dentro è frutto di grande cura.

ECHO


La protagonista ed un critico compagno nelle cuffie sono tutte le voci che sentirete e sono recitate con grandissima cura.
Gli ambienti nei quali vi inoltrerete sono di una squisitezza architettonica sconcertante, ricreando l'impressione di esplorare una versione edulcorata di una Versailles smisurata.
Il gioco che vi sfiderà è un'intelligente reinvenzione delle meccaniche di un titolo di infiltrazione, dove i nemici, letteralmente delle vostre copie, mimeranno i vostri comportamenti costringendovi fuori dalle vostre abitudini e portandovi sempre ad improvvisare, fino a giungere al livello di controllo tale da prevedere e pertanto influenzare l'atteggiamento dei vostri ostili sosia.
Un ottimo esempio di un'idea sulla quale si è costruito un impianto che la avvolge senza limitarne la portata.
E nel quale il buio si ritaglia un ruolo diverso dal solito.

Warhammer: End Times - Vermintide

A pochi giorni dall'uscita del seguito eccomi qui a giocare un titolo che solo Overwatch ha parzialmente oscurato tra le mie abitudini.
Con un totale di 435 ore dedicate ad affinare le mie doti di derattizzatore, partito dalla familiarità del nano con il suo scudo (che maneggio come un violino, si sappia) ed arrivato alla sublime arte di piazzare una palla di fuoco esplosiva in mezzo ad un'orda che sta per abbattersi sul gruppo, volata appena un millimetro sopra il capo del nostro inquisitore, posso affermare che questo sparatutto cooperativo prende ed espande quanto già amai dei due Left 4 Dead.
Una grande varietà di mappe, allargate ulteriormente dai DLC (la fortezza dei nani tra la neve è la mia preferita) garantisce una potenzialmente infinita rigiocabilità anche se va detto che molti sono motivati esclusivamente dalla caccia agli equipaggiamenti leggendari (mitico un nano ieri sera che all'ottenimento di un'arma di grado rosso enunciava trionfale (in maiuscolo): e con questo ho tutte le armi rosse, addio gioco di merda! - sollevando domande sull'utilità di collezionare armi che non userai.
Ma tant'è, anzi, se mi scuserete, avrei un paio di centinaia di ratti da introdurre al mio nuovo martello da guerra.
Imparerete a danzare come un'ape.

venerdì 19 gennaio 2018

Good old gaming in the year 2017

Incapace ed indolente nel voler presentare un qualsivoglia formato critico di qualsiasi spessore, mi limiterò a mettere per iscritto alcuni pensieri sparsi e quanto mi è rimasto in mente di alcuni dei giochi che mi hanno intrattenuto e stupito nell'anno passato con il minimo comun denominatore assegnato alla loro provenienza.

Tomb Raider (l'originale)


Correva l'anno 1996 e sulla mia fiammante o claudicante, ora non ricordo bene, Playstation di prima generazione, girava un gioco dalle potenzialità all'epoca spaventose (originale ma in un incomprensibile francese).

Al di là delle tette piramidali e del sedere cubico, l'ingresso nella caverna del primo livello nelle Ande mi lasciò con la bocca aperta, senza parlare dell'evocativa colonna sonora, perlopiù silente ma pronta ad enfatizzare misticamente luoghi già magici e non fatemi cominciare a parlare della bellezza e limpidità dell'acqua.
Col tempo familiarizzai con l'impostazione a scacchiera del mondo tridimensionale ma un'eco della magia dell'epoca riverbera ancora nel mio cuore.
Probabilmente uno dei titoli che io abbia rigiocato di più in assoluto e di cui solo nel 2017 ho potuto "apprezzare" i dialoghi.
Il secondo e terzo capitolo sono andati per una strada non esattamente a me congeniale anche se l'azione era più godibile.
The Last Revelation si concentra invece maggiormente sull'aspetto della riscoperta di antichi luoghi e salvo alcuni piccoli difetti è secondo solo al capostipite.
Giocabili oggi con un po' di sacrifici e un indispensabile Joytokey.

HD!

SOMA


Forte dell'esperienza con Amnesia e della nomea degli sviluppatori ero pronto ad arrancare penosamente attraverso gli ambienti bui e sottomarini di quello che sorprendentemente si è rivelato poi un gioco di scoperta ed esplorazione più che di un vero e proprio titolo dell'orrore, sebbene ci sia più di una sezione che non lesina in palpitazioni.

Una storia molto interessante si conclude degnamente dopo l'attraversamento di zone davvero evocative con la parte del leone costituita da creature così bizzarre che i primi tentativi di interazione porteranno a risultati insospettabili.
Oggi è disponibile anche una mod ufficiale che permette di godersi Soma senza doversi preoccupare di qualche fastidioso incubo degli abissi.

Deliri splendidamente recitati tra l'altro.

Day of the Tentacle


Sebbene il mio cuore mi dica Monkey Island, Day of the Tentacle è indubbiamente l'avventura grafica migliore di sempre con i suoi enigmi ben congegnati che incrociano tre differenti protagonisti in tre epoche storiche diverse senza farsi mancare un umorismo di prim'ordine.

Completato ad anni di distanza grazie in piccola parte alla memoria e molto ad un cervello si spera maturato per il meglio, ho sofferto comunque come un cane per quel maledetto martello. Che poi era pure lì. In bella vista. In tutto il suo essere marrone. Come la scala. Maledetti.

Come non fidarsi di un genio del male?


Full Throttle


Breve, con delle sezioni arcade da pelle d'oca (quella sbagliata, quella che morde) e un'ambientazione che sembrava così fuori posto rispetto alle precedenti avventure, mi aveva lasciato dei ricordi non proprio rosei.

Rigiocato da adulto ho potuto apprezzarne la brevità, che in una storia del genere è molto meglio del tirarla per le lunghe, i dialoghi e soprattutto i personaggi.
Le parti arcade sono ancora fonte di fastidio misto a rancore, va detto.

Ha una faccia da schiaffi. Ne riceverà più di uno.

Indiana Jones and the Fate of Atlantis (al netto di marchi registrati e tradermark vari)


A proposito di facce da schiaffi.
Altro capolavoro Lucasarts con uno dei personaggi più amati del cinema di una certa generazione qui in un'affascinante avventura (che molti hanno speculato venisse ripresa da Spielberg ma poi si fece quella storia bellissima di teschi di crist...rmmr - mal di pancia) che si permetteva di far scegliere tra tre direzioni distinte, prediligere l'azione, con enigmi più semplici e un sistema di combattimento un tantino macchinoso, una tutto cervello e l'unica scelta sensata di collaborare con Sophia Hapgood, miglior spalla di Indy in assoluto.
Avvincente sebbene la parte finale sia un po' una sofferenza.

Meglio far parlare lei.

Dreamfall: The Longest Journey


Giocato nel 2006 su di una scricchiolante ma traslucida Xbox rimasi estasiato dalla storia e non vedevo l'ora di vedere come si sarebbe risolto il finale con colpo di scena bastardo nel seguito.

Poi la ditta si spostò su altri progetti, passarono gli anni, il designer originale si separò dall'azienda e grazie al crowfunding tirò fuori dalla sua testa il finale e ce lo porse gentilmente in episodi nel 2014.
Finale che debbo ancora sperimentare, per inciso, ma ormai ho il callo.
Forse la parte che preferisco di più è proprio all'inizio, dove si è una ragazza scontenta nei suoi rapporti col padre e gli amici che non proprio piano piano si vedrà invischiata in qualcosa di molto più grande di lei.
L'illusione di avere chissà quali scelte è una medaglia alla credibilità del mondo ritratto.

Godetevi l'assolata metropoli africana finché potete.

Immortal Planet


Un sunto molto efficace di un soulslike, con grafica bidimensionale, arene rigorosamente con angoli retti, animazioni essenziali e non certo una grande varietà di nemici ma un sistema di combattimento preciso, soddisfacente e vario, un armamentario fantasioso ed una generale bastardaggine diffusa, soprattutto nei boss.

Alla fine è anche piuttosto breve ma la voglia di tornare e sperimentare nuove idee e la possibilità di complicarsi ulteriormente la vita lo mantengono fresco e godibile.
Precisione o son dolori.

Thimbleweed Park

A proposito di vecchie glorie questo è un gioco espressamente dedicato a quanti hanno nostalgia delle avventure di tanto tempo fa ma fortunatamente riesce a non essere un delusione pazzesca.
Graziato per nostra fortuna da un'immancabile comicità che non indispettisce, sacrifica sull'altare della modernità alcune soluzioni che lo rendono giocabile senza sofferenze.
Gli enigmi non sono pochi e la varietà dei personaggi garantisce una certa complessità anche se le soluzioni sono lì per chi è attento a coglierle.
La storia di questa bizzarra cittadina nella quale un omicidio dà il via alle danze si mantiene interessante fino alla fine, sebbene la conclusione non sia facile da mandare giù come un bicchiere d'acqua.
Randall ha comunque quello che si merita.

Ad un passo dall'ennesimo contrattempo.

Hellblade: Senua's Sacrifice


Li ho scoperti con Heavenly Sword, mi sono piaciuti con Enslaved: Odyssey to the West, li ho adorati con DMC Devil May Cry e li stimo davvero per Hellblade.

Riappropriandosi di uno spazio lasciato vuoto tra i giochi tripla A e gli indipendenti questi intraprendenti inglesi hanno tirato fuori non solo la storia evocativa di una giovane donna celta che si inoltra nel regno dei morti vichingo per reclamare l'anima del suo amato (un classico) ma hanno compiuto un'opera grandiosa nella rappresentazione delle psicosi che affliggono la protagonista.
Un guazzabuglio di voci che confondono tanto noi quanto Senua non mancano di evidenziare scelte compiute, rimorsi e se poi te ne penti da antologia, tra incubi ed allucinazioni che ci lasciano sempre dubbiosi su quanto stia avvenendo.
La direzione artistica e la recitazione sono stellari e il gioco alla base c'è e funziona sebbene non siamo ai livelli eccelsi di un sofisticato DMC.
E sì, ci ho messo un po' a realizzare che il nostro mentore era un attore in carne ed ossa abilmente mascherato da effetto speciale.

Semplice, funzionale e appagante.

Hollow Knight


Rimaniamo in ambienti decadenti e mistici, con cura maniacale dei dettagli ed una grafica ed animazione a far da compagnia ad una giocabilità grandiosa.

Frutto della commistione tra i metroidvania e i soulslike, a sorpresa riesce ad essere forte in entrambi i reparti, sollazzando tanto il giocatore che anela a combattimenti precisi ed eleganti, con molteplici avversari dalle svariate caratteristiche spesso abilmente miscelati, accompagnati da numerosi e spietati boss che l'esploratore che si inoltra in quel dedalo sotterraneo, deciso ad riportarne ogni angolo sulla mappa, che nella sua vastità ed interconnessione non può che ricordare, efficacemente, Lordran.
Un nutrito gruppo di enigmatici NPC arricchiscono le scoperte e sebbene ogni area tematica sia sostanzialmente una variazione di una caverna un uso accorto dei colori dona loro personalità.
Darete tutto un altro significato agli hollow (esseri vuoti) quando per un insetto è piuttosto normale cambiare forma e lasciarsi un guscio vuoto alle spalle.



TACOMA


Su questa stazione orbitante è successo qualcosa (ma quando mai) e noi siamo lì per recuperare l'IA e scoprire cosa ne è stato del piccolo equipaggio.
In un'evoluzione dei cari vecchi audio log che hanno esordito proprio su di un'altra nefasta installazione spaziale occupata da una ormai storica IA un tantinello ostile, qui tutto il gioco orbita intorno alla rappresentazione di brevi estratti della vita di queste persone nelle quali muoversi tridimensionalmente usando tanto i comandi tipici di una riproduzione audiovideo quanto lo spazio nel quale avvengono.
Un'ottima scrittura accompagnata da una recitazione di buon livello garantisce che rimarrete col fiato sospeso fino a quando non saprete cosa è successo a quel maledetto gatto.
Pochi membri ma delle fogge più diverse.

Divinity: Original Sin

Dopo un numero non indifferente di produzioni tra il mediocre e l'appena sufficiente (ma sempre godibili) salta fuori che se lasciati fare i Larian Studios sono in grado di dettare legge nel campo degli RPG.
Liberi di approfondire a loro piacimento la complessità delle dinamiche ed interazioni tra le parti della loro creazione hanno sfornato uno dei giochi di ruolo più genuinamente piacevoli da giocare.
Credevate che il massimo a cui si potesse aspirare fosse il potersi comportare come un santo o come un bambino capriccioso e stupido (lo standard accettato per l'opposto alla santità) per avere un gioco di ruolo moderno? Magari provate ad aggiungere un mondo reattivo che vada al di là del "tizio x si ricorderà questo" (cioè nove volte su dieci ci sarà un conflitto extra nel quale lo asfalterete) e permettete al giocatore di inventarsi una soluzione con i mezzi messi a sua disposizione, rendendo utili attributi e caratteristiche che altrimenti sono solo numeri messi lì per dare un vago senso di progressione (Assassin's Creed Origins).
Una vena di umorismo che non guasta a far da compagnia alla inevitabile epicità degli eventi e la curiosità, che poi diverrà inevitabilmente un must, di stirare, cercando il punto di rottura, un incontro per avere ogni vantaggio possibile.
Come quando un certo fantasma pirata, osso duro forte delle sue evocazioni, si è lasciato sfuggire un ladro che si è intrufolato alle sue spalle prima della sfida per avvantaggiarsi della sua ballista magica...
Il grande baffo.

Stasis

Mistero, orrore a secchiate, soprattutto del genere frattaglie ammucchiate e una storia fondamentalmente disperata in questo Dead Space giocato come un'avventura grafica.
Un impianto audio altalenante (non giocatelo con le cuffie, quando partirà a caso il file audio dell'urlo raccapricciante mi ringrazierete) e la scelta infelice di mettere diversi testi da leggere in sovrimpressione ad uno sfondo con luci lampeggianti in una particolare area non demoliscono più di tanto una sana avventura a base di brivido, terrore e raccapriccio.
Più breve ma tecnicamente migliore e più godibile l'episodio extra Cayne che ha anche il non indifferente vantaggio di essere gratuito.
Solo non lasciatevi cullare dalla novità di un personaggio con un certo grado di senso dell'umorismo perché l'aria che tira è sempre nefasta.
Grafici sono pure i vari SPLUORCH! che sentirete.

Stories Untold

Meno parlo di questa breve raccolta di episodi, meglio sarà per chi avrà la voglia e fortuna di provarli.
Attraverso l'utilizzo di macchinari altamente tecnologici, per gli anni ottanta, si rivelerà il filo conduttore che unisce quattro storie apparentemente aliene.
La sigla da sola vince il premio Stranger Things.
Tutto normale qui.

Shardlight

Post apocalisse.
Una civiltà ricostruita sullo sfruttamento dei più ad opera dei meno.
Noi facciamo parte dei più.
Noi si vuol aggiungere un meno ai meno.
Ma non è matematica, perché nella frase meno i meno il primo è un verbo.
È una gran bella avventura grafica, dalla storia ben ritmata e con una protagonista in gamba, tanto per cambiare, spero solo vi piaccia il giallo in tutte le sue declinazioni.
Il giallo è il colore, perché il genere è riscatto sociale.
Che qui il colpevole è ben noto a tutti.