Dagli inizi burrascosi che più di una volta hanno messo fondati dubbi sulla sopravvivenza del giovane regno del Ponto all'attuale situazione di dominio indiscusso dei territori adiacenti all'Anatolia sono passati molti anni.
Sebbene il numero dei nemici sia aumentato si è estesa anche la lista di quelli piegati alle esigenze della nazione, prima i ribelli, poi le varie città greche d'oriente, poi i galati, l'impero seleucidico e quello tolemaico ed ora anche i macedoni possono dire di avere un'idea più chiara delle potenzialità degli uomini dell'imperatore Megabyzus.
Oggi nessuno metterebbe in dubbio la sopravvivenza di un simile impero ma il futuro è sempre pieno di sorprese.
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| Pirro, il suo nome ha lasciato il segno nella storia. Difficilmente lo avrebbe apprezzato. |
Re dell'Epiro in un tempo che nella nostra cronologia alternativa è già passato da quasi cento anni, dopo un'infelice convivenza con i vicini macedoni, in piena epoca dei diadochi, decise di intervenire in Italia in supporto di Taranto ed in generale di tutti gli italioti, contro una Roma che aveva appena sottomesso i sanniti e si spingeva in Puglia.
Si presentò con un esercito imponente accompagnato da elefanti che i romani non avevano mai visto e che consideravano dei grossi cani e sebbene sia riuscito a batterli in due diverse occasioni, non riuscì a costringerli alla pace.
Quindo decise di spostarsi in Sicilia per aiutare le città greche del posto contro i cartaginesi, raccolse notevoli successi ma alla fine abbandonò l'isola per tornare a Taranto e sconfitto definitivamente dai romani, forti di nuove strategie da opporre ai pachidermi ed ai suoi uomini, tornò in patria e si dedicò ad altri scontri che non si rivelarono mai decisivi in positivo per il suo regno.
Oggi il suo nome viene usato per identificare vittorie che portano meno benefici di quanto sperato, spesso gravate da parecchi effetti negativi.
Dopo di lui l'Epiro non si riprese mai più e insieme all'Illiria fece da atrio all'ingresso dei romani in territorio greco.
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| E i romani percorrevano con piacere le sue strade. |
Le ultime vicende hanno visto gli eserciti del Ponto molto attivi in aree distanti del suo impero, sul Mar Nero hanno respinto la minaccia di una flotta macedone arrabattata per interrompere l'embargo e tentare di far passare un nutrito numero di soldati dal continente, ad oriente sono state spazzate vie le armate che minacciavano Kutaisi e la cui scomparsa espone alla nostra offensiva l'ultimo territorio armeno in mano ai macedoni, a sud, con la ripresa delle attività egizie, Taxmaspada ha il suo bel daffare mentre ad Antiochia e a Tarso si prepara una forza d'invasione da infliggere ad Alessandria mentre nelle conquiste occidentali continua l'opera di assoggettamento della Grecia e rimangono due forze di considerevoli dimensioni appena fuori dalle città di Thermon e Pella, con un altro contingente meno numeroso a difesa di Bisanzio.
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| Partiamo dall'erede macedone. |
Antistene da Thebai è arroccato nella città di Armavir che ha strappato alcuni anni fa agli armeni e che le recenti vicissitudini che hanno piagato la sua forza di occupazione hanno reso una preda sia per il Ponto che per gli armeni stessi che stanno facendo confluire delle truppe nell'area.
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Non potendosi far soffiare un bottino tanto ghiotto, un principe macedone ed una ricca città, il capitano Ariobarzanes cinge d'assedio le mura e batte sul tempo i concorrenti armeni. Opterà per l'abbandono delle scale in favore delle torri nonostante un sabotaggio efficace faccia trovare il portone d'ingresso aperto.
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La strategia si rivelerà costosa in termini di caduti perché la durissima resistenza che le truppe d'urto galate si troveranno ad affrontare sugli spalti sarà esacerbata dall'intervento di un distaccamento di rinforzo macedone che spazzerà via la cavalleria di supporto e costringerà alcuni reparti a ritardare la scalata delle mura.
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Dopo lunghissimi scontri che hanno lasciato il grosso dell'esercito ancora fuori del perimetro della città, gli stremati spadaccini galati riescono a guadagnare quel tanto si spazio acciocché alcuni reparti leggeri possano scendere nelle strade e cominciare ad inceppare il meccanismo difensivo.
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Solo a quel punto, con gli incursori ora al controllo del portale, dopo averne allontanato i difensori, faranno il loro ingresso in città, con meta la piazza centrale, le falangi di scudi bronzei determinate a prendere la testa del principe. Hanno poco tempo perché i loro compagni stanno ancora combattendo duramente sulle mura per evitare che ospiti indesiderati giungano alle spalle.
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Antistene è al comando di quanti sono rimasti con lui al centro ed è ostinato ad opporre una strenua resistenza, consapevole che il nemico, per spingersi tanto avanti, ha sacrificato già molto ed è in affanno per l'impeto e a corto di tempo prezioso. Con l'elmo dei colori nazionali è ben distinguibile nell'immagine.
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Ariobarzanes però non può mollare proprio ora, non con la responsabilità di tutti quei morti sotto il suo comando e gravato dal dubbio che avrebbe dovuto forzare il portale molto prima e lasciare i difensori delle mura a rincorrerlo verso la piazza, dove avrebbe fatto trovare loro pochi uomini sufficienti a tenerli bloccati.
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Il principe macedone infine cade vittima delle lance del nemico e la sua uccisione pone fine all'ardore combattivo dei difensori di Armavir. L'esito della battaglia è a favore del Ponto ma il bilancio è impietoso. Quasi 700 morti sono a testamento dell'impazienza del capitano o della forza degli uomini di Antistene?
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Con tutto il sangue versato in questo giorno e considerando il fatto che la maggioranza della popolazione è locale e pertanto armena, non viene messa in atto altra misura che la semplice occupazione della città di Armavir, ad oggi la provincia più orientale del nuovamente in espansione impero.
Stavolta non vengono neanche intrapresi contatti diplomatici con il re d'Armenia circa eventuali rivendicazioni dell'area e l'idea di Megabyzus è di tenere per sé la provincia.
Di tutt'altra opinione è però la forza macedone in arrivo dal nord, accorsa troppo in ritardo per trarre in salvo il defunto principe o forse semplicemente di invasione.
Diretta senza troppi complimenti a Kutaisi viene intercettata dalle forze di stanza a Trebisonda, per lasciare agli uomini di Ariobarzanes e di Ardumanish il tempo necessario a tirare un po' il fiato.
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L'esercito macedone è senza dubbio numeroso ma la sua timidezza permette ai pontici di posizionarsi in vantaggio su di esso e guadagnare la parte superiore del rilievo da cui poi abbattersi senza tanti complimenti sui soldati con le tuniche nere.
Il terreno è anche propizio all'utilizzo della relativamente nuova cavalleria pesante dei catafratti che colpendo al fianco i nemici ne accelera indubbiamente la resa.
Con la caduta di Armavir e del suo contingente militare e questa nuova sconfitta macedone, sommata a quella precedentemente inflitta da Ardumanish in Colchide, possiamo dire con relativa sicurezza che al momento il fronte orientale è tranquillo.
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| Un mare di azzurro contro l'oro barocco di Tru... di Tolomeo. |
Se fino a questo momento siete confusi riguardo a quale tra le precedenti possa qualificarsi come una vittoria di Pirro è perché ancora non ne ho riportata alcuna.
Appena a sud di Gerusalemme, meta preferita dagli irrispettosi vicini egiziani, un temibile reparto di guardie reali tolemaiche, i Basilikon Agema, accompagnati da due reparti di mercenari nubiani, non possono essere intercettati dagli uomini di Taxmaspada e pertanto ricade sugli sparabara di servizio in città tentare di fermare, con la loro mera superiorità numerica, questi tenaci nemici.
Ora vorrei ricordarvi che le guardie reali sono quanto di meglio produca in ambito militare il nemico mentre i fantaccini azzurri sono belli da vedere ma composti da cittadini più o meno volenterosi.
I 1.200 uomini meglio vestiti d'oriente tentano quindi di dividere i tre reparti nemici per poterli annichilire uno alla volta, riversando sui sopravvissuti quanti abbiano già svolto il loro compito.
C'è solo un piccolo problema però.
Quando gli arcieri nubiani hanno già abbandonato il campo e i portatori d'ascia loro compagni sono ormai in fuga, i caduti pontici sono moltissimi, colpa principalmente delle guardie del basilisco che hanno spezzato uomini e spirito combattivo di azzurro vestito e praticamente con la sola imposizione dello sguardo mandato in fuga quanti rimasti.
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| Here comes a new challenger! |
Mentre i neanche trecento sopravvissuti, dei milleduecento partiti giovani e forti e forse un tantino di troppe belle speranze, rientrano sconfitti a Gerusalemme, due reparti di galati appena giunti da Ancira si occupano di finire il lavoro incompiuto e porre l'alloro del vincitore di Pirro sul capo dei nemici.
Di questa rara sconfitta non è però giunta voce a Thermon, dove Ichthysades decide di rompere gli indugi ed attaccare direttamente la vicina città di Ambracia, capitale dell'Epiro e sede di un nutrito gruppo di resistenza macedone.
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Ichthysades mette subito a frutto gli onagri nel punto delle mura più prossimo alla via maestra da seguire per l'agorà e si preoccupa anche di demolire una torre troppo vicina, i cui proiettili di ballista, nell'attrito per l'ingresso in città, potrebbero mietere troppe vittime.
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Con due gruppi di incursione pronti manda avanti una falange di opliti, accompagnati da provvidenziali truppe di supporto, contro i temibili falangiti corazzati nemici che si riveleranno un ostacolo impietoso sulla via di ingresso provvidenziale.
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Dopo una lunghissima battaglia sulla breccia, con i macedoni fermamente intenzionati a tenere, finalmente si riescono a insinuare altri uomini con i quali aumentare la pressione sugli avversari. L'idea è di liberare il passo e spingersi fino all'imbocco della via maestra per presidiarlo onde dividere le truppe a difesa delle mura da quelle all'interno della città.
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L'operazione è laboriosa ma alla fine paga e con l'ingresso ormai nostro è questione di poco per muovere la forza d'urto proprio dove la volevo e permettere l'ingresso della seconda formazione offensiva che può quindi tranquillamente dirigersi nell'agorà.
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Pertanto, mentre il grosso dei macedoni scende precipitosamente dalle mura per raccogliersi in strada e forzare il blocco pontico, un piccolo drappello di soldati ha la strada spianata per il cortile del tempio e di lì alla piazza centrale.
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Con entrambi gli schieramenti con le forze divise ogni nuovo scontro è fonte di preoccupazione anche se la battaglia localizzata nell'agorà è spietatamente a favore degli invasori, grazie anche al fatto che il grosso dei macedoni è bloccato in periferia.
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Proprio lì infatti gli scontri più duri proseguono e per evitare di subire perdite eccessive, difficilmente recuperabili così lontani da casa, intervengono altri uomini lasciati fuori in attesa. Con la vittoria già in tasca rimango col fiato sospeso a contenere le ultime sacche di resistenza.
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Ambracia viene conquistata al tramonto e la sconfitta dei macedoni lascia la strada aperta per continuare l'offensiva lungo la costa se non fosse che, carta alla mano, siamo a due passi dalla Taranto romana.
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| Un sogno per un altro giorno. |
Con un altro pezzo di Macedonia in tasca, il profumo dell'Italia nelle narici e un esercito in meno per le mani, l'attenzione dell'imperatore torna a meridione dove degli esploratori hanno segnalato la presenza dell'erede del faraone, il principe Olophyxos è infatti alla guida di un discreto numero di soldati appena fuori dalla frontiera.
L'ordine per Taxmaspada di prendere armi e bagagli, lasciare la fortezza e corrergli incontro giunge con un semplice click per me ma un ben più erculeo uso di piccioni viaggiatori, stazioni di posta e tempo per lui.
Nel peggior episodio di sfruttamento a fini bellici di un'altura di importanza strategica di tutto l'oriente, cade il generale ed erede al trono egizio Mr. quarantaquattro, sepolto sotto alla torre / obelisco che adorna il sito.
Per la cronaca ai suoi piedi giace anche l'esimio quarantacinque, giunto a portare gli onori al defunto in piena battaglia.
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Eliminando tolomei il tempo vola ed è già ora di pensare a Bisanzio, col secondo tentativo di invasione, consapevole del fatto di star tirando un po' troppo la corda con questa manovra improvvisata.
Con le truppe leggere già allontanate dalla città dalle superiori forze messe in campo dal generale macedone Philotas, siamo tornati alla carica una volta intervenuti i rinforzi di spadaccini e lancieri cardaci accompagnati da opliti a dar man forte.
Purtroppo le truppe macedoni sono forti di un reparto di cavalleria pesante, falangiti corazzati e mercenari ispapisti.
Si creano subito tre aree di scontro e per quanto il fronte sinistro sembri mio e mi permetta di convogliare le truppe in eccesso in supporto di quelle sofferenti al centro, alla fine dal fronte destro si liberano gli ispapisti, il meglio del meglio che i greci hanno a disposizione quando si parla di opliti e nonostante il capitano pontico Akkades riesca a uscire vittorioso anche sul fronte centrale, i pochi uomini che gli restano non possono reggere alla preparazione militare nemica e in un sorprendente risultato il Ponto subisce una clamorosa sconfitta e la perdita di ben milleventidue uomini.
I macedoni potrebbero quindi cantare vittoria non fosse che sulle coste meridionali è già sbarcato un grande e ben equipaggiato esercito inviato dalla capitale pontica come sostituto ai caduti della campagna greca e qui invece dirottati in vista dei successi ottenuti da Ichthysades in Epiro.
Inoltre l'esercito macedone in marcia su Pella si è diretto invece a Durazzo a seguito della caduta di Ambracia, forse per timore di un'avanzata ulteriore di Ichthysades lungo la costa, mirando alle ricchezze dell'Adriatico.
Pertanto proprio da Pella vengono inviate due diverse squadre, relativamente contenute, in direzione est per la vicina Anfipoli, in Macedonia centrale e a nord verso Sardica (oggi la città di Sofia in Bulgaria), in terra tracia.
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Sardica si rivela l'obiettivo più vicino e l'allontanamento del grande contingente macedone, forse ormai l'unico nell'area, lascia la città alla mercé di poche truppe ben selezionate.
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Una volta abbattuta una sezione delle mura, un distaccamento di lancieri può accedere e percorrerne gli spalti per espugnare le torri difensive lungo il tragitto che i loro compagni in falange dovranno attraversare per incontrare i difensori al centro.
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I due reparti quindi, uno di semplici falangiti e l'altro di scudi bronzei, entrambi già testimoni di battaglie e ancora in attesa si truppe fresche, attraversano senza fretta le vie cittadine in direzione della piazza.
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Raggiunti da una via secondaria anche dai lancieri, opereranno una manovra a tenaglia su di un gruppo mentre l'altro verrà preso alle spalle dai nuovi arrivati.
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Il sospetto baluginio degli ultimi sopravvissuti tra i difensori non si rivela essere l'accensione di un'aura combattiva da super sayan quanto piuttosto un effetto ottico dozzinale. Purtroppo per loro.
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Con due sconfitte inaspettate alla cintura, figlie più che altro di fretta ed ingordigia, avremo dato nuovo impulso allo sforzo bellico nemico o la nostra pronta reazione rivelatole per semplici vittorie di Pirro?
Da nuovi proprietari dell'Epiro e altre due provincie possiamo arrogarci l'esperienza di dire che la seconda è la considerazione corretta.





































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