venerdì 24 marzo 2017

Are you going to

lay your grubby dirty hands on a Switch?

Domanda lecita.
Sebbene sia passato indenne attraverso la fase Wii, laddove per indenne si intende che la trovavo una curiosità più che altro ed ero distratto dalla concorrenza (MadWorld e No More Heroes sarete sempre nel mio cuore), sebbene la mia prima console casalinga targata Nintendo sia stata il Gamecube, un signor inizio a dire il vero, sebbene di Mario e del suo accento faccio serenamente a meno da trent'anni, sebbene il mio primo Zelda sia stato The Wind Waker a cui si sono aggiunti solo un altro paio di suoi simili; ebbene, un portatile Nintendo è sempre ben accetto, a maggior ragione quando è un titillante ibrido.
Pertanto ho provveduto ad acquistare una Wiiu, in ottime condizioni e completa di paddone ricoperto di tante, molte, francamente troppe tracce di saliva, pad classico e l'accoppiata vincente Bayonetta e successore per una cifra imbarazzante tanto era bassa, forse dovuto anche alla stilo che presentava chiari segni di masticatura e sostituita efficacemente dal vostro con una extra del DS.
Perché?
Perché per quella cifra ho un prototipo dell'idea alla base dello Switch, col quale giocare a Bayonetta spaparacchiato sul letto e la possibilità di recuperare quella manciata di titoli che hanno tentato di sovvertire le sorti di un sistema imperfetto.
Inoltre lo sanno bene anche i sassi che le console non si comprano all'uscita ed in particolar modo quelle Nintendo, le cui seconde o terze iterazioni sono generalmente molto meglio.
Lo Switch rimane comunque qualcosa di sontuoso per come la vedo io e attendo con ansia quando uno sprovveduto rimetterà in vendita a prezzi stracciati il suo nuovo giocattolino per comprarsi la versione Elite/XL/Slim/Capitalisticamentesensatamapalesementeadetrimentodelconsumatore (nella migliore delle ipotesi, cioè quella nella quale lo Switch prenda piede e sia casa di molti giochi) o per noia sopravvenuta dal vederlo raccogliere polvere sulla scrivania (nella peggiore delle ipotesi, quella di una crasi tra la PSVita e lo Wiiu, la Viitu).
Tra l'altro posso giocare lo stesso a Breath of the Wild!

73,97 euro?!?

Maybe you'll wanto to check Mass Effect: Andromeda then?

Se solo sapeste!
Se solo sapeste gli occhi a cuoricione che ho avuto la prima volta che ho giocato a Mass Effect.
La grafica, la storia, l'ambientazione, la maledetta musica meravigliosa, le risposte brutali made in Bioware agli NPC, il rituale d'accoppiamento interrazziale che per inevitabili incomprensioni vi porta a casa del Krogan, le armature gialle dai parametri insufficienti appioppate a Kaydan perché tanto lo sappiamo che fine farà, i poteri della forza ma senza spadine con lucine, lo scorrazzare su fazzoletti di terra generalmente anonimi ma saltuariamente bellissimi sfidando ogni singolo rilievo montuoso pur di non doverlo aggirare, la goduria di chiudere il telefono in faccia al consiglio durante il finale, la speranza poi disattesa di non aver a che fare per la milionesima volta con iterazioni di elfi, nani e orchi, il modo di parlare degli Elcor, le meduse fucsia.
L'essere il capitano Kirk che parla come Picard.
Al diavolo, le animazioni duranti i dialoghi mi sembrano ancora le più naturali della serie!
Giocato e rigiocato più volte con piacere.
Per me Andromeda poteva essere il nuovo Mass Effect uno ed invece tra le tante cose che ho letto quella che ha ammazzato l'entusiasmo, facendolo finire assieme a Dragon Age Inquisition nella lista del un giorno, semmai, è stato l'uso di questo nuovo inizio.
Tutto esattamente come prima, un'occasione sprecata senza precedenti, per commercio, per paura.
Ecco le razze che più sono piaciute, bipedi e rigorosamente antropomorfe, riecco una razza di precursori la cui tecnologia troverai, riecco un paio di razze ostili ritagliate dal cartone, sei sempre lo stramaledetto prescelto.

Diglielo Shepard!

Anche la consapevolezza che negli ultimi anni la Bioware ha perso parecchi pezzi per strada, molti dei quali confluiti in o padri di etichette indie.
Insomma, ci sta mettendo più tempo ma la Bioware sembra sulla strada della Origin Systems...
Consoliamoci con alcune vignette partorite nel lontano 2012, anno risalente all'ultima rigiocata.

Sì, ed è la cosa più figa che si possa immaginare.
Purtroppo, quello che all'epoca non sapevo, è che le (almeno come le immaginavo io) incredibili conseguenze della mia scelta di lasciar andare la regina dei Rachni si sarebbero risolte in un paio di righe di dialogo nel secondo capitolo (e se solo avessi sospettato della finta scelta del terzo...).
Perché andiamo, cosa potevo aspettarmi dall'aver evitato l'estinzione di una razza senziente?
Un biglietto di ringraziamento...

We are not a mistake, in lingua Krogan, vuol dire più o meno: Ora ti spacco il culo.
In effetti quasi tutto ciò che viene detto in lingua Krogan ha più o meno lo stesso significato, con variabili eccezioni come The pen is on the table che si può tradurre con: mi accingo a divergere ulteriormente i tuoi spettabili glutei.

Aspetta... com'era... uuuhh.. what time... is it?

COS'HAI DETTO???

Uuuh, che sbadato. Ho lasciato l'attacco alla fortezza di Saren aperto. Sarà meglio che vada a controllare.
Ci sentiamo dopo, eh! Non perdiamoci di vista!

interludio
Beh, è stato bello, ci siamo divertiti, dovremmo proprio rifarlo, è incredibile non ti sei spettinata, vado in bagno prima io, ecc ecc...

Disastro in tre atti.
- Comandante, stiamo subendo perdite ingenti, e l'astronave madre avversaria continua ad avanzare.
- Non ci resta che provare il tutto per tutto. Finalmente potrò mettere a frutto anni e anni di duro lavoro all'accademia spaziale. Adesso mostrerò all'universo intero il mio genio militare!

- A tutte le navi, portarsi in rotta di intercettazione con la nave madre nemica, formeremo uno sbarramento!

- PerfettoOOAAARRGHHH!

- Hai sentito?
- No, cosa?
- "...ttoOOAAARGH!"

Allora, memoria, rubrica, gruppo lavoro, j, j, j, Joker.
tu tu tu tu tu - clack
- Pronto?

La Destiny Ascension, gravemente danneggiata , e con il Consiglio a bordo, alla vista dell'arrivo della flotta umana apre subito un canale di comunicazione...

Loro - "Aiutateci, abbiamo il Consiglio a bordo!"
Noi - "PPPPPPRRRRRRTTTTTTTTTTTTTTTT!!!!"

Il momento che tutta la galassia attendeva con trepidazione.



lunedì 20 marzo 2017

Il re del sollazzo - Warhammer: End Times - Vermintide

Centodiciotto ore dopo, cinquantasei obiettivi sbloccati su settanta, il costante e duraturo entusiasmo con il quale lo avvio più volte al giorno a discapito degli altri titoli, tenuto a bada solo dai singhiozzi della linea nominalmente a fibra ottica ma in evidente deficienza di spore di bacillus, arriva ad interrompere il lungo dominio dei platform in 2D di elevata fattura uno sparatutto in prima persona multigiocatore e ad ambientazione fantastica.

Eresia!















Ho già accennato il perché questo particolare gioco mi piaccia pertanto mi limiterò ad elencare qualcuna delle tante situazioni nelle quali ci si troverà coinvolti o protagonisti.


Il piacere di essere il compagno che ti guarda sempre le spalle quando sei impegnato ad eliminare un problema spinoso.















L'adrenalina di essere l'unico sopravvissuto in una situazione invincibile e resistere il più a lungo possibile per aumentare il proprio ego e far rosicare i compagni in attesa di riavviare la partita.















Farsi notare dal Ratogre e portarselo a spasso per lasciare i compagni a gestire l'orda nemica o, a seconda della loro inciviltà, essere lasciato a gestire il bruto da solo perché sono altrimenti impegnati a girarsi i pollicioni.















Farsi tranquillamente catturare da Hookrat perché è già morto e ancora non lo sa, grazie alla freccia avvelenata che gli hai preventivamente lanciato sornione e godersi i tuoi compari scapicollarsi per intervenire per vederlo crollare all'improvviso come un pero.















Rintanarsi in una cantina per resistere all'orda ed uscirne precipitosamente fuori a causa di una granata a gas per venire intrappolato da un Hookrat mentre uno Stormvermin e diversi ratti ti battono come un tappeto e i tuoi amici sono troppo occupati a sputare i polmoni.















Godersi l'inevitabile abbattertisi addosso e sperare comunque di uscirne tutto intero.















Farsi i fatti propri e vedersi atterrare a portata di mano un mostro speciale tutto per te e la tua ascia nanica a due mani.















Essere mezzo morto ma trovare comunque il sangue freddo di inchiodare con perizia uno Stormvermin all'albero.















Correre a perdifiato fuori dai cunicoli che stanno crollando e fare strada, a te ad ai tuoi compagni, in un mare di ratti a colpi di scudo come una nave frangighiaccio, dopo il frenetico digitare sulla chat "Follow me".















Usare il suddetto scudo anche per raggiungere un compagno rimasto isolato e circondato in una situazione disperata e fornirgli salvifica assistenza.















Venire sorpresi in un tunnel fognario da una pattuglia di bestioni corazzati e sopravvivere facendo indietreggiare il party in un cunicolo dove applicare il principio delle Termopili.















Dopo una partita ben giocata ricevere la notifica di richiesta di amicizia di uno dei giocatori.















Godersi uno dei livelli più belli ispirati a Moria.













giovedì 9 marzo 2017

Mitridate VI Nabautore - Vittorie di Pirro

Dagli inizi burrascosi che più di una volta hanno messo fondati dubbi sulla sopravvivenza del giovane regno del Ponto all'attuale situazione di dominio indiscusso dei territori adiacenti all'Anatolia sono passati molti anni.
Sebbene il numero dei nemici sia aumentato si è estesa anche la lista di quelli piegati alle esigenze della nazione, prima i ribelli, poi le varie città greche d'oriente, poi i galati, l'impero seleucidico e quello tolemaico ed ora anche i macedoni possono dire di avere un'idea più chiara delle potenzialità degli uomini dell'imperatore Megabyzus.
Oggi nessuno metterebbe in dubbio la sopravvivenza di un simile impero ma il futuro è sempre pieno di sorprese.

Pirro, il suo nome ha lasciato il segno nella storia.
Difficilmente lo avrebbe apprezzato.

Re dell'Epiro in un tempo che nella nostra cronologia alternativa è già passato da quasi cento anni, dopo un'infelice convivenza con i vicini macedoni, in piena epoca dei diadochi, decise di intervenire in Italia in supporto di Taranto ed in generale di tutti gli italioti, contro una Roma che aveva appena sottomesso i sanniti e si spingeva in Puglia.
Si presentò con un esercito imponente accompagnato da elefanti che i romani non avevano mai visto e che consideravano dei grossi cani e sebbene sia riuscito a batterli in due diverse occasioni, non riuscì a costringerli alla pace.
Quindo decise di spostarsi in Sicilia per aiutare le città greche del posto contro i cartaginesi, raccolse notevoli successi ma alla fine abbandonò l'isola per tornare a Taranto e sconfitto definitivamente dai romani, forti di nuove strategie da opporre ai pachidermi ed ai suoi uomini, tornò in patria e si dedicò ad altri scontri che non si rivelarono mai decisivi in positivo per il suo regno.
Oggi il suo nome viene usato per identificare vittorie che portano meno benefici di quanto sperato, spesso gravate da parecchi effetti negativi.
Dopo di lui l'Epiro non si riprese mai più e insieme all'Illiria fece da atrio all'ingresso dei romani in territorio greco.

E i romani percorrevano con piacere le sue strade.

Le ultime vicende hanno visto gli eserciti del Ponto molto attivi in aree distanti del suo impero, sul Mar Nero hanno respinto la minaccia di una flotta macedone arrabattata per interrompere l'embargo e tentare di far passare un nutrito numero di soldati dal continente, ad oriente sono state spazzate vie le armate che minacciavano Kutaisi e la cui scomparsa espone alla nostra offensiva l'ultimo territorio armeno in mano ai macedoni, a sud, con la ripresa delle attività egizie, Taxmaspada ha il suo bel daffare mentre ad Antiochia e a Tarso si prepara una forza d'invasione da infliggere ad Alessandria mentre nelle conquiste occidentali continua l'opera di assoggettamento della Grecia e rimangono due forze di considerevoli dimensioni appena fuori dalle città di Thermon e Pella, con un altro contingente meno numeroso a difesa di Bisanzio.

Partiamo dall'erede macedone.
Antistene da Thebai è arroccato nella città di Armavir che ha strappato alcuni anni fa agli armeni e che le recenti vicissitudini che hanno piagato la sua forza di occupazione hanno reso una preda sia per il Ponto che per gli armeni stessi che stanno facendo confluire delle truppe nell'area.


Non potendosi far soffiare un bottino tanto ghiotto, un principe macedone ed una ricca città, il capitano Ariobarzanes cinge d'assedio le mura e batte sul tempo i concorrenti armeni. Opterà per l'abbandono delle scale in favore delle torri nonostante un sabotaggio efficace faccia trovare il portone d'ingresso aperto.

La strategia si rivelerà costosa in termini di caduti perché la durissima resistenza che le truppe d'urto galate si troveranno ad affrontare sugli spalti sarà esacerbata dall'intervento di un distaccamento di rinforzo macedone che spazzerà via la cavalleria di supporto e costringerà alcuni reparti a ritardare la scalata delle mura.

Dopo lunghissimi scontri che hanno lasciato il grosso dell'esercito ancora fuori del perimetro della città, gli stremati spadaccini galati riescono a guadagnare quel tanto si spazio acciocché alcuni reparti leggeri possano scendere nelle strade e cominciare ad inceppare il meccanismo difensivo.


Solo a quel punto, con gli incursori ora al controllo del portale, dopo averne allontanato i difensori, faranno il loro ingresso in città, con meta la piazza centrale, le falangi di scudi bronzei determinate a prendere la testa del principe. Hanno poco tempo perché i loro compagni stanno ancora combattendo duramente sulle mura per evitare che ospiti indesiderati giungano alle spalle.


Antistene è al comando di quanti sono rimasti con lui al centro ed è ostinato ad opporre una strenua resistenza, consapevole che il nemico, per spingersi tanto avanti, ha sacrificato già molto ed è in affanno per l'impeto e a corto di tempo prezioso. Con l'elmo dei colori nazionali è ben distinguibile nell'immagine.

Ariobarzanes però non può mollare proprio ora, non con la responsabilità di tutti quei morti sotto il suo comando e gravato dal dubbio che avrebbe dovuto forzare il portale molto prima e lasciare i difensori delle mura a rincorrerlo verso la piazza, dove avrebbe fatto trovare loro pochi uomini sufficienti a tenerli bloccati.

Il principe macedone infine cade vittima delle lance del nemico e la sua uccisione pone fine all'ardore combattivo dei difensori di Armavir. L'esito della battaglia è a favore del Ponto ma il bilancio è impietoso. Quasi 700 morti sono a testamento dell'impazienza del capitano o della forza degli uomini di Antistene?
Con tutto il sangue versato in questo giorno e considerando il fatto che la maggioranza della popolazione è locale e pertanto armena, non viene messa in atto altra misura che la semplice occupazione della città di Armavir, ad oggi la provincia più orientale del nuovamente in espansione impero.
Stavolta non vengono neanche intrapresi contatti diplomatici con il re d'Armenia circa eventuali rivendicazioni dell'area e l'idea di Megabyzus è di tenere per sé la provincia.
Di tutt'altra opinione è però la forza macedone in arrivo dal nord, accorsa troppo in ritardo per trarre in salvo il defunto principe o forse semplicemente di invasione.
Diretta senza troppi complimenti a Kutaisi viene intercettata dalle forze di stanza a Trebisonda, per lasciare agli uomini di Ariobarzanes e di Ardumanish il tempo necessario a tirare un po' il fiato.






L'esercito macedone è senza dubbio numeroso ma la sua timidezza permette ai pontici di posizionarsi in vantaggio su di esso e guadagnare la parte superiore del rilievo da cui poi abbattersi senza tanti complimenti sui soldati con le tuniche nere.
Il terreno è anche propizio all'utilizzo della relativamente nuova cavalleria pesante dei catafratti che colpendo al fianco i nemici ne accelera indubbiamente la resa.
Con la caduta di Armavir e del suo contingente militare e questa nuova sconfitta macedone, sommata a quella precedentemente inflitta da Ardumanish in Colchide, possiamo dire con relativa sicurezza che al momento il fronte orientale è tranquillo.

Un mare di azzurro contro l'oro barocco di Tru... di Tolomeo.

Se fino a questo momento siete confusi riguardo a quale tra le precedenti possa qualificarsi come una vittoria di Pirro è perché ancora non ne ho riportata alcuna.
Appena a sud di Gerusalemme, meta preferita dagli irrispettosi vicini egiziani, un temibile reparto di guardie reali tolemaiche, i Basilikon Agema, accompagnati da due reparti di mercenari nubiani, non possono essere intercettati dagli uomini di Taxmaspada e pertanto ricade sugli sparabara di servizio in città tentare di fermare, con la loro mera superiorità numerica, questi tenaci nemici.
Ora vorrei ricordarvi che le guardie reali sono quanto di meglio produca in ambito militare il nemico mentre i fantaccini azzurri sono belli da vedere ma composti da cittadini più o meno volenterosi.
I 1.200 uomini meglio vestiti d'oriente tentano quindi di dividere i tre reparti nemici per poterli annichilire uno alla volta, riversando sui sopravvissuti quanti abbiano già svolto il loro compito.
C'è solo un piccolo problema però.
Quando gli arcieri nubiani hanno già abbandonato il campo e i portatori d'ascia loro compagni sono ormai in fuga, i caduti pontici sono moltissimi, colpa principalmente delle guardie del basilisco che hanno spezzato uomini e spirito combattivo di azzurro vestito e praticamente con la sola imposizione dello sguardo mandato in fuga quanti rimasti.

Here comes a new challenger!

Mentre i neanche trecento sopravvissuti, dei milleduecento partiti giovani e forti e forse un tantino di troppe belle speranze, rientrano sconfitti a Gerusalemme, due reparti di galati appena giunti da Ancira si occupano di finire il lavoro incompiuto e porre l'alloro del vincitore di Pirro sul capo dei nemici.
Di questa rara sconfitta non è però giunta voce a Thermon, dove Ichthysades decide di rompere gli indugi ed attaccare direttamente la vicina città di Ambracia, capitale dell'Epiro e sede di un nutrito gruppo di resistenza macedone.


Ichthysades mette subito a frutto gli onagri nel punto delle mura più prossimo alla via maestra da seguire per l'agorà e si preoccupa anche di demolire una torre troppo vicina, i cui proiettili di ballista, nell'attrito per l'ingresso in città, potrebbero mietere troppe vittime.

Con due gruppi di incursione pronti manda avanti una falange di opliti, accompagnati da provvidenziali truppe di supporto, contro i temibili falangiti corazzati nemici che si riveleranno un ostacolo impietoso sulla via di ingresso provvidenziale.

Dopo una lunghissima battaglia sulla breccia, con i macedoni fermamente intenzionati a tenere, finalmente si riescono a insinuare altri uomini con i quali aumentare la pressione sugli avversari. L'idea è di liberare il passo e spingersi fino all'imbocco della via maestra per presidiarlo onde dividere le truppe a difesa delle mura da quelle all'interno della città.

L'operazione è laboriosa ma alla fine paga e con l'ingresso ormai nostro è questione di poco per muovere la forza d'urto proprio dove la volevo e permettere l'ingresso della seconda formazione offensiva che può quindi tranquillamente dirigersi nell'agorà.

Pertanto, mentre il grosso dei macedoni scende precipitosamente dalle mura per raccogliersi in strada e forzare il blocco pontico, un piccolo drappello di soldati ha la strada spianata per il cortile del tempio e di lì alla piazza centrale.

Con entrambi gli schieramenti con le forze divise ogni nuovo scontro è fonte di preoccupazione anche se la battaglia localizzata nell'agorà è spietatamente a favore degli invasori, grazie anche al fatto che il grosso dei macedoni è bloccato in periferia.

Proprio lì infatti gli scontri più duri proseguono e per evitare di subire perdite eccessive, difficilmente recuperabili così lontani da casa, intervengono altri uomini lasciati fuori in attesa. Con la vittoria già in tasca rimango col fiato sospeso a contenere le ultime sacche di resistenza.

Ambracia viene conquistata al tramonto e la sconfitta dei macedoni lascia la strada aperta per continuare l'offensiva lungo la costa se non fosse che, carta alla mano, siamo a due passi dalla Taranto romana.

Un sogno per un altro giorno.

Con un altro pezzo di Macedonia in tasca, il profumo dell'Italia nelle narici e un esercito in meno per le mani, l'attenzione dell'imperatore torna a meridione dove degli esploratori hanno segnalato la presenza dell'erede del faraone, il principe Olophyxos è infatti alla guida di un discreto numero di soldati appena fuori dalla frontiera.
L'ordine per Taxmaspada di prendere armi e bagagli, lasciare la fortezza e corrergli incontro giunge con un semplice click per me ma un ben più erculeo uso di piccioni viaggiatori, stazioni di posta e tempo per lui.

Si fanno trovare arroccati sull'unico
montarozzo di tutto il deserto.

Suggestivo luogo di sepoltura per
l'ennesimo sfortunato principe.

Il piccolo drappello è stato necessario per evitare che i nemici
rinculassero pavidamente in patria.

Nel peggior episodio di sfruttamento a fini bellici di un'altura di importanza strategica di tutto l'oriente, cade il generale ed erede al trono egizio Mr. quarantaquattro, sepolto sotto alla torre / obelisco che adorna il sito.
Per la cronaca ai suoi piedi giace anche l'esimio quarantacinque, giunto a portare gli onori al defunto in piena battaglia.

Secondo tentativo a Bisanzio.

Le forze in campo stavolta sono alla pari.

L'asticella oscilla ora per noi ora per loro.

Purtroppo gli ispapisti tornano alla carica.

126 uomini che non torneranno a casa.

Eliminando tolomei il tempo vola ed è già ora di pensare a Bisanzio, col secondo tentativo di invasione, consapevole del fatto di star tirando un po' troppo la corda con questa manovra improvvisata.
Con le truppe leggere già allontanate dalla città dalle superiori forze messe in campo dal generale macedone Philotas, siamo tornati alla carica una volta intervenuti i rinforzi di spadaccini e lancieri cardaci accompagnati da opliti a dar man forte.
Purtroppo le truppe macedoni sono forti di un reparto di cavalleria pesante, falangiti corazzati e mercenari ispapisti.
Si creano subito tre aree di scontro e per quanto il fronte sinistro sembri mio e mi permetta di convogliare le truppe in eccesso in supporto di quelle sofferenti al centro, alla fine dal fronte destro si liberano gli ispapisti, il meglio del meglio che i greci hanno a disposizione quando si parla di opliti e nonostante il capitano pontico Akkades riesca a uscire vittorioso anche sul fronte centrale, i pochi uomini che gli restano non possono reggere alla preparazione militare nemica e in un sorprendente risultato il Ponto subisce una clamorosa sconfitta e la perdita di ben milleventidue uomini.
I macedoni potrebbero quindi cantare vittoria non fosse che sulle coste meridionali è già sbarcato un grande e ben equipaggiato esercito inviato dalla capitale pontica come sostituto ai caduti della campagna greca e qui invece dirottati in vista dei successi ottenuti da Ichthysades in Epiro.
Inoltre l'esercito macedone in marcia su Pella si è diretto invece a Durazzo a seguito della caduta di Ambracia, forse per timore di un'avanzata ulteriore di Ichthysades  lungo la costa, mirando alle ricchezze dell'Adriatico.
Pertanto proprio da Pella vengono inviate due diverse squadre, relativamente contenute, in direzione est per la vicina Anfipoli, in Macedonia centrale e a nord verso Sardica (oggi la città di Sofia in Bulgaria), in terra tracia.


Sardica si rivela l'obiettivo più vicino e l'allontanamento del grande contingente macedone, forse ormai l'unico nell'area, lascia la città alla mercé di poche truppe ben selezionate.

Una volta abbattuta una sezione delle mura, un distaccamento di lancieri può accedere e percorrerne gli spalti per espugnare le torri difensive lungo il tragitto che i loro compagni in falange dovranno attraversare per incontrare i difensori al centro.

I due reparti quindi, uno di semplici falangiti e l'altro di scudi bronzei, entrambi già testimoni di battaglie e ancora in attesa si truppe fresche, attraversano senza fretta le vie cittadine in direzione della piazza.

Raggiunti da una via secondaria anche dai lancieri, opereranno una manovra a tenaglia su di un gruppo mentre l'altro verrà preso alle spalle dai nuovi arrivati.

Il sospetto baluginio degli ultimi sopravvissuti tra i difensori non si rivela essere l'accensione di un'aura combattiva da super sayan quanto piuttosto un effetto ottico dozzinale. Purtroppo per loro.

Con due sconfitte inaspettate alla cintura, figlie più che altro di fretta ed ingordigia, avremo dato nuovo impulso allo sforzo bellico nemico o la nostra pronta reazione rivelatole per semplici vittorie di Pirro?
Da nuovi proprietari dell'Epiro e altre due provincie possiamo arrogarci l'esperienza di dire che la seconda è la considerazione corretta.