sabato 19 aprile 2025

Il re del sollazzo - Bloodborne

Con solo dieci anni di ritardo!

Pigro.
 

Mettere Bloodborne sul podio del re del sollazzo richiede davvero poco sforzo, eppure ci sono un paio di cosette che non ho ben digerito di questa molto apprezzata piccola rivoluzione della serie Dark Souls.

Se non ricordo male parte della critica dell'epoca faceva un gran discorrere della (guarda caso la novità) difficoltà del gioco per via della maggiore aggressività dei nemici, il loro numero e la mancanza, molto ben sbandierata, della possibilità di ripararsi dietro uno scudo.

Tant'è vero che un patetico succedaneo lo si trova verso l'inizio e nella descrizione si dice chiaramente che affidarcisi troppo porta a una mancanza di intraprendenza e reattività.

Dopo essermi gingillato col titolo nella sua interezza (e mancando per dabbenaggine il finalone segreto) ed essermi insediato tra il francamente minuscolo 11% dei giocatori che hanno completato anche l'Hunters' Nightmare DLC, decretando quindi che 90 acquirenti su 100 del gioco avran visto in effetti ben poco, posso anche dire di averne un tantinello appreso le regole fondamentali.

 

A però

Col cuore saldo del giocatore che ha appena dimostrato la sua credibilità, passo ora quindi a distruggermela dicendo che la difficoltà di Bloodborne, a mio avviso, è oltremodo artificiosa e un po' bugiardella. All'inizio anche io son rimasto spiazzato dalla notevole mobilità e rapidità dei movimenti nemici, in particolare dei primi due boss, Gascoigne e la Cleric Beast. Essendo però già abituato da innumerevoli partite a Dark Souls 1 & 2 a fare il saltimbanco attorno ai nemici senza affidarmi alla parata ho notato ben presto che la cosiddetta difficoltà di questi incontri era tutta appannaggio dell'enorme mole di danni causati da un singolo colpo affondato con successo e di conseguenza, dai miseri punti vita disponibili.

Mi spiego meglio, una volta che, a gioco ormai ben inoltrato, avevo il personaggio con le caratteristiche aumentate in base alle mie preferenze, la maggior parte dei boss, salvo pochissime eccezioni (Lady Maria, Ludwig e quel bastardone di Paarl) sono stati risolti a volte anche solo al primo tentativo.

Sono diventato improvvisamente bravissimo a schivare? No, ho portato i miei punti vita a 1.300 e passa, lasciato la stamina a 15 e pompato, di pari passo alla costituzione, l'abilità principale della mia arma preferita, il bastone/frusta iniziale (e più di qualcosina a bloodtinge per la mia fida pistola).

Avere finalmente un numero decente di punti ferita mi ha permesso di poter commettere un errore o due (ma anche tre) durante le sfide e poter continuare senza dover ricominciare daccapo. È stato incredibile quanto tanta difficoltà di molti boss sia evaporata una volta che potevo incassare più di due schiaffoni.

Anche questo vecchio cialtrone ha richiesto solo 2 prove.

A riprova che ho ragione, il fatto che fin da subito vengano messe a disposizione del giocatore ben 20 fiaschette per ripristinare i punti vita. Venti. Contro la singola Estus flask di un Dark Souls. È palese che gli sviluppatori siano ben consapevoli che la costituzione del personaggio è un pilastro della giocabilità del titolo. Le fiaschette di sangue si trovano in abbondanza e si possono comprare liberamente. Segno che se ne prevede un utilizzo intenso. Pensate che una singola fiaschetta costa meno di un proiettile e diverse migliaia di blood echoes in meno di un coltello da lancio. Penso che in tutta la mia esperienza ne abbia bruciate almeno un migliaio. Ecco quindi che una volta in grado di reggere al colpo improvviso di un boss riottoso o agli effetti deleteri di una schivata tardiva, ci sia la possibilità di giocare quei secondi in più che permettono di imparare ed incamerare il ritmo giusto da applicare allo scontro, senza l'interruzione della prova e relativa pausa di ritorno nell'arena.

Spero di essermi spiegato chiaramente. Bloddborne è quindi un gioco di fatto facile? No, affatto. È difficile come tanti lo decantano? Sì ma per il motivo sbagliato. Gran parte della difficoltà è racchiusa nella mole di danno degli attacchi nemici e nella lentezza con la quale si può compensare investendo punti nella costituzione.

A complicare il tutto non ci sono armature da indossare e per buona parte del gioco avrete abiti (spesso favolosi) con una media di difesa di 90 agli attacchi fisici e un paio di rune, acquisibili solo ad un certo punto, per alzare la resistenza del 3% e siamo sempre lì, all'inizio ne verrete svantaggiati visto che ovviamente il 3% di 100 è meno importante del 3% di 250.

Sì, cambiavo abito continuamente.

Una volta quindi reso i boss meno spaventosi, ripeto, dandomi la possibilità di reggere più di 10 secondi e quindi poter impararne tempi e movimenti, a conti fatti il nocciolo della sfida si è trasferito alle aree esplorative che precedono le arene, con punte di vera cattiveria nei vari Nightmare e nella Forsaken(o forgotten?) Forest.

Un altro appunto poco lusinghiero è anche il fatto che si possa venir trasferiti in due aree ben al di là della propria preparazione che solo dopo ripetute bastonate sui denti si rivelano destinate a futuri peregrinaggi con migliore equipaggiamento. Questo è il caso della Bestia Paarl su cui mi sono infranto le speranze e l'ingresso in paradiso perché cocciutamente, senza altre strade visibili al momento, credevo fosse il boss che mi precludesse la prosecuzione del gioco, indovinate la mestizia nello scoprire solo dopo che conduceva semplicemente ad una scorciatoia... Ma nel frattempo ho perso tempo ad affrontare un boss destinato a livelli superiori semplicemente perché il gioco mi ci ha portato troppo presto.

Questo non era però un re del sollazzo, destinato a tesserne le lodi? Bhé sì ma di gente che stravede per Bloodborne (senza averlo finito, a giudicare dalle percentuali legate ai trofei) ce n'è davvero tanta. Io stesso credo sia il titolo per eccellenza da avere se hai una PS4, perché a parte queste critiche ho molto apprezzato il giocarci.

Stiamo parlando di un soulslike di grandissima atmosfera (forse la migliore), grandissima direzione artistica, con una puntina di horror che non guasta, le solite interpretazioni criptiche e spledidamente inglesi degli npc, un mondo interconnesso di buona qualità, una grande giocabilità e gli attacchi critici legati ad un colpo di pistola sparato al momento giusto (che danno sempre grande soddisfazione).

Aggiungo che ho giocato esclusivamente in modalità offline visto il mio rifiuto categorico di pagare anche la Sony per poter accedere all'online, visto che pago già il mio provider ma credo che la comunità online del gioco sia tuttora viva, visto che in dieci anni non si è mai palesata una riedizione del gioco (che su PC rigiocherei molto volentieri).

Vi lascio col video della mia vittoria su Ludwig, che esemplifica con chiarezza i punti che ho espresso sulla difficoltà, uno scontro ben eseguito, avvincente ma non privo di errori da parte mia (perché pretendere una perfetta esecuzione non è un accettabile livello di difficoltà).


 

giovedì 27 marzo 2025

Filling the gaps: Gabriel Knight

Tanti anni or sono ero già un giocatore molto attivo ma neanche l'abuso della pirateria poteva permettermi di mettere le mani su tutto quanto fosse interessante o di grido e pertanto, nel corso del tempo, ho accumulato una lista di titoli che, dato il loro pedigree o status ormai conclamato di cult, mi sono lasciato alle spalle conservando però la curiosità di provarli, prima o poi.

 

Ci sono diversi giochi che riassaporo abitualmente, per piacere, affetto o nostalgia e ce ne sono altri che, seppure con 30 anni sul groppone, sono ancora una novità.

È proprio il caso di una delle serie Sierra più note e forse di migliore qualità, quella di Gabriel Knight, scrittore ed investigatore dell'occulto. La prima avventura, edita nel lontanissimo 1993, quando le avventure grafiche regnavano sovrane, ha atteso il 2024 prima che la installassi e cominciassi a scoprirla come si conviene (e comprata in un bundle dei sempre benedetti Gog.com nel 2012!). Conoscevo già la fama e la qualità dei prodotti Sierra ma all'epoca ero tutto preso da Lucasarts e anche dopo l'acquisto di un 486 gran parte dei loro titoli non passarono per il mio hard disk.

 


Sebbene ad una prima, distratta, occhiata possa sembrare familiare abbastanza da non rimbalzarmi brutalmente, basta giocarlo per un po' per capire che Gabriel Knight: Sins of the Fathers opera su un binario meno rassicurante e più intricato di quanto fossi abituato a sperimentare. Una maggiore attenzione al realismo, dialoghi ben strutturati e ricchi, enigmi più vicini all'investigazione che a semplici sbalzi logici ed una trama che, non mancando comunque di un certo umorismo, vira decisa verso il maturo.

Questo non impedisce al protagonista, Gabriel, di avere alcune di quelle doti alquanto caustiche tipiche dei suoi colleghi più o meno illustri del settore che forse aiutano a rendere meno tetro quello che in effetti è un thriller con tinte soprannaturali. Nel cast dei personaggi ne figurano due che poi, nei titoli seguenti, avranno un ruolo più compiuto come comprimari e finanche co-protagonisti.

Il mistero è tetro ed intrigante, la sua soluzione non è questione di poco (con qualche piccolo aiuto mi ci sono volute più di 14 ore) e a completamento dell'esperienza sono davvero contento di aver riempito la lacuna.

 


Gabriel Knight 2: The beast within arriva nel 1995 e segue subito il trend del momento, sfondi e personaggi ripresi dal vivo ed animazioni e filmati nella nuova sontuosa veste del Full Motion Video! Possiamo finalmente ammirare Gabriel chinarsi per raccogliere qualcosa, aprire la portiera dell'auto con la chiave, infilarsi il cappotto prima di uscire e prodursi in tutta una serie di animazioni una più realistica dell'altra e solo talvolta lunghe qualche frame di troppo. Proprio quello che all'epoca sembrava il pezzo forte, la veste grafica così realistica è quella che soffre di più per i 30 anni passati, con una risoluzione oggi bassissima, con pochi colori e un audio non proprio cristallino.

Per poter giocare adeguatamente ho dovuto trafficare un po' per avere dei sottotitoli, non previsti nel gioco originale ma risolto questo inghippo e non facendo il prezioso per la resa visiva mi sono tuffato anche qui in un'avventura ancora una volta votata al thriller e con quelle velleità da film che all'epoca i giochi cercavano di non limitarsi a scimmiottare. Va dato atto alla creatrice della serie, Jane Jensen,  di essere riuscita a tirarne fuori una buona approssimazione.

Tra le novità del secondo capitolo, una co-protagonista che si vede promossa da damigella in pericolo a validissimo supporto per il suo capo, un approfondimento dell'aspetto investigativo relativo alla ricerca di informazioni (poi sviluppato ampiamente nel terzo episodio) e un'idea forse più felice sulla carta che non da utilizzare effettivamente, quella del registratore a doppia cassetta (roba paleo-tecnologica per i giovani d'oggi) che è protagonista di alcuni degli enigmi meno entusiasmanti, sebbene se ne intraveda il potenziale.

 


Completato proprio ieri, a soli 26 anni dalla sua pubblicazione, Gabriel Knight 3: the blood of the sacred, the blood of the damned è il terzo e ad oggi ultimo capitolo di questa interessante saga che si è evoluta ad ogni passo per giungere, nel 1999, ad un completo 3D, con camera libera di muoversi ovunque (e a mio avviso con dei comandi davvero ben congeniati per quella che rimane un'avventura grafica da gestire col mouse), personaggi dotati di rudimentali espressioni facciali, enigmi che sono stati studiati per essere fruiti in un ambiente tridimensionale (ogni oggetto d'interesse ha una sua inquadratura personale che più di una volta si rivelerà utilissima) e un buon doppiaggio.

L'investigazione si svolgerà tutta nei dintorni di un paesino francese e determinante sarà seguire gli spostamenti dei vari sospetti ed operarsi per averne impronte digitali o conversazioni da carpire con destrezza. Come accennato prima qui la parte di ricerca di informazioni, tutta ad appannaggio di Grace, è sviluppata al suo meglio con un motore di ricerca dedicato e la possibilità di analizzare i vari file che si immetteranno nel computer, permettendo traduzioni, studi su mappe o immagini e altro.

La storia e gli enigmi rimangono interessanti e spesso molto logici, visto che l'anima investigativa di thriller si può dire qui pienamente sviluppata. Dei tre titoli, è con questo che mi sono sentito più vicino al ruolo di un investigatore ficcanaso. Qualche magagna per poterlo fruire adeguatamente (nel mio caso ho risolto rozzamente lanciandolo in modalità windows Vista compatibile) ma per farlo girare fluidamente e senza sbavature dovrete pasticciare un po' di più con i file.

Nota di colore, per due titoli su tre il protagonista ha la voce donatagli da questo bel tomo qui:

Tim Curry!