Sono passati quasi ottanta anni da quando un visionario Mitridate guardò ai confini del suo giovane regno e decise di realizzare il suo sogno di far risorgere l'antico impero persiano.
Ottanta anni di guerre contro innumerevoli nemici hanno esteso questi confini dall'Epiro, sull'Adriatico, ad occidente, fino ai territori interni della Siria ad oriente, da Fanagoria, nel Bosforo cimmero a nord, sulle coste settentrionali del Mar Nero, a Pelusio a sud, alla foce del Nilo.
Ed è la continua e rapida assimilazione del fu impero macedone che sta contribuendo alla rinata e vertiginosa nuova espansione.
![]() |
| La segreta speranza che dal guscio esca qualcosa di più attraente di un mollusco è molto antica. |
Anche Fanagoria, come tante altre città che costellano il Mediterraneo ed il Mar Nero, fu fondata dai greci, in questo caso specifico per sfuggire dagli eserciti e dalla ingombrante sovranità di Ciro il Grande.
La eressero sulla penisola di Taman, che separa assieme a quella della Crimea, il mar d'Azov dal Mar Nero.
A noi interessa perché nella storia ufficiale fu l'ultima conquista di un Mitridate VI Eupatore ormai alla canna del gas, difatti durante la terza guerra mitridatica la città si schierò con i romani e dopo aver resistito all'assedio di Farnace si rivoltò contro il suo conquistatore che di lì a poco si suicidò.
Roma si mostrò benevola e la città prosperò fino all'improvviso e devastante arrivo degli Unni.
Come italiani possiamo consolarci sapendo che nel medioevo i Genovesi, molto attivi nell'area del Mar Nero, edificarono sopra le sue rovine l'avamposto di Matrega.
Costantinopoli, da parte sua, si ritrovò veneziani e genovesi un po' dappertutto, subì dai primi anche una crociata e di fatto le flotte italiane avevano il quasi totale monopolio dei commerci e del trasporto marittimo occidentale.
![]() |
| Una stele di Dario rinvenuta nell'area dove profetizza l'arrivo dei leghisti. |
Si avvicina il momento nel quale tutto questo combattere sarà ritenuto superfluo e stanco ma ora sono i giorni delle conquiste eccezionali, delle battaglie audaci e di una generale attività bellica senza precedenti nella storia del Ponto.
Facciamo due conti.
Ichthysades ha condotto due eserciti numerosi in Grecia e da lì ha cominciato a strappare regioni su regioni ai macedoni, Taxmaspada a sud gestisce la frontiera con l'Egitto con il suo, da Antiochia sta per partirne un altro diretto per mare ad Alessandria, da Trebisonda ce n'è un altro in partenza per Fanagoria, a nord, ad Armavira e Kutaisi sostano ancora i due grossi eserciti che difendono le nuove conquiste orientali e sulle coste di Bisanzio sono arrivati gli uomini che vendicheranno i loro compagni ed il capitano Akkades.
Mai l'impero è stato così in fermento su tutti i fronti, spingendo su ognuno con tutta la forza del suo apparato militare.
L'ultima fatica, in ordine cronologico, è stata la presa di Sardica, terra dei barbari traci che si dimostrano, senza stupire nessuno, poco avvezzi alla sottomissione.
La città è in rivolta e le numerose truppe pontiche hanno il loro bel daffare per spegnere gli incendi e tenere a freno la popolazione.
![]() |
| E vorrei ben vedere, guardate che soggetti. |
Francamente la scarsa propensione a collaborare di questi popoli, gente che in guerra pensa bene di mettersi un elmo ed un paio di schinieri, rimanendo poi a petto nudo e schifando apertamente l'uso di uno scudo, oltre a far capire perché i macedoni ne facessero un uso così massiccio in guerra, fa riconsiderare lo spostarsi ulteriormente a nord, per il momento, proprio per non lasciarsi una vulnerabilità alle spalle.
Ciò non turba però i piani di conquista della vicina ed orientale Anfipoli su cui marcia spedito un piccolo drappello di militari con i giusti mezzi al seguito.
![]() |
| Le difese cittadine macedoni si fanno via via più scarne. |
Il lungo impegno militare, le numerose sconfitte e la perdita di così tanti territori sono evidenti nella povertà dei reparti lasciati indietro a difendere le città, vulnerabilità che ho sfruttato pienamente dividendo le forze in terra greca per minacciare e catturare più obiettivi come quest'ultimo.
Ormai la procedura per città come Anfipoli è pratica standard: crea un singolo varco nelle mura con gli onagri e muoviti con calma nella piazza centrale dove i pochi difensori si sono trincerati, aggira gli stolti e reclama il bottino.
I cittadini vengono spietatamente trucidati, in un rigurgito delle vecchie tradizioni guerriere, soprattutto per mandare un messaggio inequivocabile ai rivoltosi della vicina Sardica.
Mentre Anfipoli cade e il sangue dei suoi abitanti viene versato un giovanissimo generale di nome Megabyzus, omonimo dell'imperatore, ad appena diciassette anni conduce le sue forze contro un'impreparata Bisanzio e la cinge sotto assedio, imprigionando i suoi centosettanta difensori all'interno delle mura e facendo ritirare le forze che sostavano nei pressi della città.
Sempre in contemporanea, dal porto di Trebisonda partiva Strophesades con i suoi uomini per attraversare il Mar Nero a nord e giungere a Fanagoria, dopo che una missione diplomatica nella quale si richiedeva la cessazione delle ostilità e la consegna dell'urbe, minacciando un attacco in caso di diniego, era fallita.
Orfani di trattative diplomatiche pregresse di alcun genere erano invece gli uomini radunati ed armati nel porto di Antiochia pronti a partire verso sud con meta Alessandria d'Egitto, rimasta a soffrire ed impoverirsi sotto il dominio goffo dei Tolomei, mentre Taxmaspada, a sua volta, era pronto a dirigersi, allo sbarco delle truppe, sulla vicinissima Pelusio.
![]() |
| Nessuna speranza. |
La caduta di Bisanzio e la cacciata sempre più stringente dei macedoni dai lidi del Mar Nero è, tristemente, una questione puramente statistica, dato l'esiguo numero di ostili e la soverchiante superiorità degli assalitori.
L'unica nota stonata è il rivelarsi dell'unità mercenaria tracia, inizialmente destinata a sopportare i dardi nemici in vece delle truppe scelte pontiche, incapace di operare uno scavo sotto le mura, rendendoli più inutili di una truppa di arcieri a cavallo di cammello in una gara di rutto libero (che sarebbe vinta a mani basse dalle cavalcature).
La ricca città, libera dal giogo macedone e dall'embargo commerciale impostole, può ora rifiorire, sebbene dovrà fare a meno di alcuni membri della comunità destinati ad oliare la macchina produttiva imperiale (leggi schiavi).
I movimenti di truppe pontiche nell'area mettono in allarme uno dei pochi contingenti militari macedoni di ragguardevoli proporzioni che comincia a spostarsi ad est, proprio dove non lo vogliamo, pertanto dalla sua roccaforte di Ambracia un ormai non più giovanissimo Ichthysades prende armi, bagagli ed onagri e percorre l'Epiro nella sua interezza per mettere pressione sulla città di Epidamno, oggi Durazzo, col segreto intento di dirottare qui i macedoni e sconfiggerli in campo aperto.
Questi ultimi però non abboccano e si arroccano invece in Tracia, lasciando Epidamno alle mire del conquistatore pontico.
![]() |
| E lui ci va giù pesante. |
Dopo un insistente bombardamento che fa strage di palizzate, edifici periferici e guardie a cavallo del generale incautamente in sosta sulla via maestra, falangiti e spadaccini cardaci fanno irruzione e si occupano di rimuovere gli ultimi ostacoli sulla loro strada per l'agorà.
![]() |
| La rimozione forzata è per tempi più civilizzati. |
![]() |
| Agorà ora un po' più ampia. |
Per gli ultimi difensori c'è poco da fare, schiacciati tra le macerie della casa del governatore (ops!), i dardi delle guardie del generale, le picche dei falangiti e dalle falci di un gruppo di esagitati a petto nudo con un secchio in testa.
L'ennesima conquista in terra di Grecia dell'imbattibile condottiero e futuro erede al trono del Ponto fa germogliare una nuova idea un tantino megalomaniaca, che va ad aggiungersi alle altre.
![]() |
| "Per una qualche ragione crede gli spetti la Grecia" disse parlando del generale che se l'è conquistata quasi tutta. |
La città, più preoccupata a riaprire i commerci e ricostruire gli edifici danneggiati si dimostra collaborativa fin da subito e si salva pertanto dal doveroso saccheggio, completando il cerchio filosofico del ferro e della piuma.
![]() |
| Senti a Mario, Sardica. |
Strophesades, da parte sua, appena sbarcato sulla penisola di Taman si prepara a dar dimostrazione di meritare l'onere che gli ha assegnato l'imperatore e ordina di aprire immediatamente il fuoco sulle mura della città che ha preferito non arrendersi per porre fine al conflitto.
![]() |
| Sarà che siamo nel Bosforo Cimmero ma questi menano. |
La durissima resistenza che i nemici oppongono già dalla prossimità delle mura riduce più di un reparto pontico a pochi sopravvissuti ma il loro sacrificio permette l'accesso alle fortificazioni esterne ed all'interno della città, dove attendono ispapisti e falangiti d'elite che renderanno laboriosa la conquista definitiva di Fanagoria.
![]() |
| O Fanagoria, vittima della tua vanagloria, la pace hai rifiutato ed il tuo destino hai segnato. |
Con un nuovo bottino ricco di schiavi e materiali preziosi, Strophesades non può semplicemente tornare a Trebisonda perché, aggiudicandosi questa penisola, il Ponto pone il suo controllo sullo stretto che collega i territori germanici al Vicino Oriente, da perfezionare con la presa della Crimea e rafforza quello già ottenuto sull'Ellesponto.
![]() |
| Uè, armeni, che è questa novità? |
Gli ultimi successi nelle espansioni territoriali coincidono con una sospetta attività armena presso Armavira, un loro vecchio possedimento. È una spia quella presso la città? E cosa ci fa un loro esercito nel nostro territorio? Cosa vogliono quegli altri al confine?
Ma che veramente ci stanno a provare?
In ricordo dei bei vecchi tempi, quando non erano inutili ed aiutarono il prode Farnace, gli risparmio il trattamento riservato agli indipendentisti greci che non sapevano come comportarsi davanti ai confini e mi limito a far assassinare la spia e inviare dei rinforzi in città, così, per chiarire bene il concetto.
A sud invece, due contingenti egizi si mettono in moto, uno, il più numeroso, si ferma al confine, l'altro, un'accozzaglia di reparti più o meno sguarniti raggruppati senza troppa cura, passa oltre Gerusalemme.
![]() |
| Notare le navi blu a sinistra. |
Con la sorpresa pasquale ancora nella stiva della flotta di Antiochia, Taxmaspada, da oggi soprannominato il vecchio a causa di omonimo più giovane alla ribalta nello scacchiere mediorientale, forza i tempi e decide di ingaggiare le truppe tolemaiche più prossime e pericolose, creandosi un vantaggio per la presa di Pelusio.
![]() |
| Dopo tanto, una battaglia campale! |
La formazione avversaria si presenta bene grazie ai quattro reparti di cleruchi falangiti accompagnati da un buon numero di arcieri e lanciatori vari di proiettili, di cui diversi anche a cavallo ed addirittura un paio di onagri.
Onde renderli prontamente inefficaci, la linea pontica viene fatta avanzare velocemente ed i due fronti si impegnano in una mischia molto presto, lasciando alle truppe leggere il compito di dissuadere gli arcieri dal rimanere troppo vicini allo scontro.
![]() |
| L'armata multicolore. |
Sempre prontamente la linea tolemaica si rompe in un fuggi fuggi generale lasciando poche truppe isolate alle prese con gli inseguitori.
Dei quasi milletrecento uomini rimangono meno di quattrocento che si rifugiano nei dintorni di Pelusio dove decide di seguirli Taxmaspada il vecchio, convinto di sfruttare il successo per indebolire le difese cittadine.
![]() |
| E gli onagri li lasciate dove sono. |
Queste ultime non si fanno pregare ed al comando del rampollo Teramides Alexandros escono dalla città per portare soccorso al praticamente spacciato capitano Achorides.
L'esito della battaglia rimane però a senso unico, quando la fanteria pesante egiziana non riesce a contenere i soldati pontici che si scagliano sui reparti ora più esposti, decretando la fine dei due eserciti.
![]() |
| e del signor quarantasei. |
I pochi sopravvissuti rinculano quindi all'interno delle mura cittadine dove Taxmaspada li chiude in un assedio senza via d'uscita.
A questo punto entra in scena il giovane Taxmaspada, attuale sovrano di Gerusalemme, Damasco e Sidone che, raccolti quanti uomini possibile si era messo in rotta di intercettazione con l'invasore penetrato in Giudea ma questi, alla notizia della sconfitta del principino si era affrettato a tornare sui suoi passi.
Non potendosi lasciare scappare un'occasione così ghiotta per mettersi in mostra e non volendo lasciare il suo illustre omonimo con un'altra gatta da pelare, decide di penetrare in Egitto ed inseguire i fuggitivi.
![]() |
| Se non vuoi rischiare truppe, assolda mercenari, dice il saggio. |
Con un'audace azione diversiva dei carri con lame, destinati ad intercettare e ritardare i rinforzi in arrivo da Menfi, Taxmaspada può sbaragliare il disordinato assortimento di uomini egizi e schiacciare le poche unità arrivate dalla capitale tolomea.
![]() |
| - Dite al faraone che vi manda Taxmaspada il giovane! Il giovane capito? Non vi confondete! |
L'ennesimo sangue blu dei Tolomei, con le pive nel sacco, cerca riparo nei pressi di Pelusio e con l'accesso alla città negato dall'assedio in corso e con gli uomini al seguito decimati dallo scontro, cade vittima dell'assassino mandato sulle sue tracce, portando la quota nobili caduti in questa guerra a quarantasette e segnando un nuovo record per quanto concerne i trapassati di una classe politica che ha deciso l'inizio di un conflitto.
Finalmente libero da altri scocciatori, Taxmaspada il vecchio può finalmente portare a termine il suo compito e mettere un bel segno di spunta sulla casella Pelusio sulla sua tavoletta di creta.
Un egiziano morente, con sdegno, lo apostrofa come barbaro per ignorare l'uso del ben più nobile papiro.
Il generale, con ciglio severo, gli fa notare che avrebbe allora bisogno di un liquido dal colore quantomai scuro per vergare qualcosa sulla superficie assorbente del papiro.
L'egizio, sanguinando copiosamente, considera le sue opzioni e tace.
![]() |
| L'immigrazione secondo un sacco di gente. |
![]() |
| La globalizzazione secondo le stesse persone. |
Dopo aver trascritto un resoconto dettagliatissimo della battaglia su diversi rotoli di pergamena, Taxmaspada decide di punire le persone di cui sopra mandandole a far da immigrati in giro per l'impero, perché non c'è miglior insegnante dell'esperienza.
Torniamo ora sulle sponde del Mar Nero dove un'altra trattativa diplomatica si è sfortunatamente arenata in un altro nulla di fatto.
I macedoni non cedono, forse perché sono degli idioti, pertanto Strophesades, pacificata Fanagoria, attraversa lo stretto e sbarca anche a Panticapea, sua città gemella e dopo aver ricavato un pratico accesso nelle mura a suon di macigni in parabola discendente, ingaggia nelle vie cittadine uno scontro impari con un audace generale macedone convinto di passare oltre 100 opliti compatti.
![]() |
| Speranza di riuscita non pervenuta. |
![]() |
| Oh, ma 'ndò vanno questi? |
Cade così in mano del Ponto anche Panticapea, lasciando uno sparuto gruppetto di regioni ai macedoni, alcune anche problematiche, con la speranza di renderli più ricettivi alle proposte di pace in futuro, un futuro nel quale ci si aspetta che facciano da cuscinetto tra l'impero del Ponto ed i territori dei germani.

























